
L’ex ministro è stato cooptato nel cda di De Nora, multinazionale specializzata in elettrochimica e leader nella nascente industria delle Hydrogen valley. Quelle che trovano cornice normativa nel decreto a sua firma.L’agenda di Roberto Cingolani sarà presto più fitta di appuntamenti. L’ex ministro della Transizione ecologica del governo Draghi è tornato a lavorare in Leonardo come responsabile dell’innovazione tecnologica del gruppo della Difesa. Ma ha anche accettato «a titolo gratuito» di fare da consulente al nuovo ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che accompagna anche in alcune trasferte in giro per l’Europa. Chissà, dunque, dove troverà il tempo per dedicarsi all’ultimo impegno preso lo scorso 2 febbraio quando il cda di Industrie De Nora lo ha nominato per cooptazione nel board sino alla prossima assemblea degli azionisti come membro indipendente e come nuovo componente del Comitato strategie. Nel comunicato diffuso la settimana scorsa il ceo, Paolo Dellachà, ha sottolineato che la «profonda conoscenza» di Cingolani del mondo «energy» e «il suo spirito di civil servant aiuteranno il gruppo ad essere ancora più protagonista nel percorso della transizione energetica». E nella stessa nota la società ha precisato che, «per quanto a sua conoscenza, alla data odierna Roberto Cingolani non detiene alcuna partecipazione nel capitale sociale di De Nora». Tutto a posto, quindi. L’indipendenza dell’ex ministro è garantita «sia ai sensi del Testo unico della finanza che dal Codice di corporate governance» e dal fatto che non è azionista. Dunque, tutto regolare. Ma in termini di opportunità - tra porte girevoli ed economia circolare degli incarichi - il rischio di conflitto di interessi è davvero scongiurato? La Industrie De Nora è una multinazionale italiana quotata su Euronext Milan, specializzata in elettrochimica e leader nella nascente industria dell’idrogeno verde. I numeri preliminari del 2022 mostrano una crescita a due cifre di ricavi ed ebitda rispetto al 2021 con un forte incremento per il portafoglio ordini (+ 44%) che sfiora gli 800 milioni di euro, sostenuto anche dagli ordini della divisione Transizione energetica. La De Nora è partecipata con una quota del 25% da Snam e proprio qualche settimana fa l’amministratore delegato di quest’ultima, Stefano Venier, aveva sottolineato il «ruolo come partner strategico» facendo intendere di non voler cedere per il momento il pacchetto. A settembre del 2021 la stessa Snam aveva firmato insieme a Edison un memorandum of understanding con Saipem e Alboran hydrogen, che già avevano sottoscritto un accordo di collaborazione per lo sviluppo congiunto della Puglia green hydrogen valley. «Il progetto ha l’obiettivo di contribuire ad accelerare la diffusione dell’idrogeno verde, uno dei principali protagonisti della strategia di decarbonizzazione europea, nel mix energetico nazionale in modo da raggiungere i target italiani ed europei al 2050 di neutralità climatica», era stato spiegato in quell’occasione aggiungendo che coinvolgerà i distretti tecnologici e produttivi pugliesi, il Politecnico di Bari, l’Università di Bari, di Foggia e del Salento. La Puglia green hydrogen valley si propone di realizzare tre impianti di produzione di idrogeno verde a Brindisi, Taranto e Cerignola (Foggia) per una capacità complessiva di 220 MW ed alimentati da una produzione fotovoltaica per una potenza totale di 380 MW. L’idrogeno prodotto sarà destinato all’industria anche attraverso l’iniezione del combustibile nella rete gas locale di Snam e potrà essere impiegato per la mobilità sostenibile. Lo scorso 2 gennaio la Regione Puglia ha pubblicato il bando Hydrogen valley, «grazie al quale le imprese possono presentare progetti per realizzare impianti di produzione di idrogeno rinnovabile in aree industriali dismesse», ha scritto su Facebook il presidente Michele Emiliano spiegando che le risorse disponibili sono pari a 40 milioni. Ma a fare la parte del leone nel business dell’idrogeno pugliese, sostengono i bene informati del settore, sarà la De Nora. Ed ecco che il cerchio si chiude. Il decreto bollinato a metà novembre 2022 che dà la cornice normativa alle cosiddette Hydrogen valley in Italia e fa compiere alla Puglia il passo verso la trasformazione delle aree industriali dismesse in luoghi di produzione di idrogeno verde porta la firma dell’ex ministro Cingolani. Che oggi è consulente del suo successore. E ora è anche nel cda della società che avrà un ruolo importante nello sviluppo del progetto da realizzare nella regione guidata a Emiliano. Di certo, Cingolani alla Puglia è affezionato. Pur essendo nato a Milano e ora genovese di adozione, ha passato l’infanzia a Bari, al seguito del papà docente di fisica all’Università. Lo stesso ateneo dove poi si è laureato in fisica negli anni Ottanta per poi prendere un Phd alla Scuola Normale superiore di Pisa. Nel 2000 era stato nominato professore ordinario di fisica sperimentale all’Università di Lecce e l’anno dopo aveva fondato e poi diretto il National nanotechnology laboratory (Nnl) dell’Infm sempre a Lecce. Che nel 2007 ha dato all’ex ministro anche la cittadinanza onoraria.
Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».






