2025-03-30
Confindustria: «Per salvarci dai dazi compriamo armamenti americani»
Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini (Imagoeconomica)
Emanuele Orsini: «Non possiamo perdere gli Usa come partner. Serve un negoziato unico».Dal congresso di Azione arriva l’invocazione di Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, per un’Europa unita nel difendere i propri interessi. La sua visione sull’importanza di trattare con gli Stati Uniti su fronti cruciali offre la riflessione dell’industria per fermare la guerra dei dazi.Il presidente Orsini ha messo in evidenza un dato che non può passare inosservato: l’Europa dipende in modo significativo dagli Stati Uniti nel settore della difesa. Un partner strategico. «L’80% delle armi che acquistiamo proviene dagli Usa», ha affermato, sottolineando l’importanza di questa relazione per la sicurezza del continente. Il rischio di vedere venire meno «l’ombrello» di protezione americana, ha osservato, impone una riflessione seria sul futuro militare dell’Europa. La soluzione, secondo il presidente di Confindustria, passa attraverso un negoziato serio e strutturato con Washington, che deve affrontare il delicato equilibrio tra sicurezza e interessi economici. Uno snodo fondamentale per il futuro del Paese.«L’Italia», ricorda, «con esportazioni di 67 miliardi di euro e un saldo commerciale positivo di 42 miliardi», si trova di fronte a una realtà difficile da ignorare: «Perdere un partner come gli Stati Uniti sarebbe un danno enorme». Altrettanto per l’Europa nel suo complesso che vanta un saldo positivo della bilancia commerciale di 156 miliardi «Se anche calcoliamo i 103/104 miliardi incassati annualmente dalle Big tech per i servizi che vendono nella Ue» (da Google ad Amazon, passando per Facebook) resta comunque un attivo per l’Europa di 52 miliardi». Insomma, spiega Orsini, gli Stati Uniti sono un cliente che l’Europa non può permettersi di farsi scappare.La sua proposta di portare avanti la negoziazione a livello europeo è quindi un appello alla responsabilità e all’unità. «Non possiamo permetterci che ogni Paese faccia il proprio negoziato», ha affermato con decisione, facendo leva sull’importanza di un’Europa solidale per affrontare la guerra commerciale che si sta manifestando con sempre maggiore intensità. Il rischio, ha avvertito, è che una frammentazione interna indebolisca ulteriormente la posizione dell’Unione europea nei confronti delle grandi potenze economiche.Le sue parole non sono solo un’analisi, ma un invito a una riflessione pragmatica sul ruolo dell’Europa nel sistema internazionale. Se è vero che la Germania ha già messo in campo investimenti colossali, superiori ai 400 miliardi, per rafforzare la propria difesa, non è altrettanto vero che l'Europa possa risolvere da sola, dall’oggi al domani, una questione tanto complessa. La dipendenza dalla tecnologia e dai sistemi di difesa statunitensi è evidente e la transizione verso una piena autonomia difensiva appare ancora lontana. Purtroppo la strada è ancora lunga. Per esempio l’accordo fra Leonardo e Rheinmetall per la costruzione di un nuovo carro armato potrebbe essere un problema. Si tratta infatti di un progetto che riguarda solo due Paesi, se non addirittura uno soltanto considerato che, alla fine a comprarlo potrebbe essere solamente l’esercito italiano impegnato a sostituire i vecchi Ariete. Viceversa servirebbe uno standard comune che coinvolgesse l’intera Unione per evitare la frammentazione dell’offerta se non addirittura la concorrenza tra i vari Paesi.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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