2018-06-10
Redditometro e studi di settore, Di Maio promette di abolire ciò che è già stato abolito
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In settimana, il ministro del Lavoro ha annunciato la cancellazione dei temuti strumenti fiscali, compreso lo spesometro. Peccato che di alcuni sia già stata decisa la sostituzione e altri siano inattivi da tempo. Invece, sull'inversione dell'onore dell'Iva (split payment) la battaglia è giusta e serve per ridare liquidità alle aziende.«Via spesometro, redditometro, split payment e studi di settore». Queste le parole del ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, Luigi di Maio, pronunciate all'assemblea di Confcommercio giovedì. Di Maio ha specificato come «non credo in strumenti come spesometro, redditometro, studi di settore, split payment». «Serve l'abolizione», ha detto il ministro, «di tutti questi strumenti. Incrociamo le banche dati delle Pa (pubbliche amministrazioni, ndr) e invertiamo l'onere della prova». Affermazioni che lasciano un po' perplessi, se si pensa che quasi tutti gli strumenti nominati dal ministro, o non esistono più o hanno già i giorni contati.Per quanto riguarda lo spesometro, però, è già prevista la sua abolizione a partire dal 1° gennaio 2019, quando verrà sostituito dalla fatturazione elettronica. Cosa avrà voluto dunque dire Di Maio? In un'intervista a ItaliaOggi, Carla Ruocco, capogruppo del Movimento 5 stelle alla camera ha specificato come «la nostra intenzione è di abolirlo (spesometro) prima di gennaio e accelerare il processo che porterà alla fatturazione elettronica». La fatturazione elettronica è sempre stata però sotto la lente d'ingrandimento dei professionisti che più volte hanno chiesto un'introduzione graduale dello strumento, per rendere agevole ai contribuenti l'adozione della nuova fatturazione. Non è semplice quello che si chiede, soprattutto alle piccole e medie imprese, che rappresentano la quasi totalità dell'aziende in Italia. Introdurre un nuovo sistema di fatturazione richiede, infatti, tempo e nuove conoscenze. Per questo i professionisti spingono per l'adozione di un sistema ibrido i primi mesi. In questo periodo «di prova» dovranno coesistere il nuovo e il vecchio e accompagnare le realtà più in difficoltà verso l'adozione graduale della fatturazione elettronica. Un anticipo sulla scaletta di marcia della fatturazione elettronica potrebbe dunque rivelarsi disastroso.Altro strumento da eliminare, stando alle parole di Di Maio, è il redditometro. Il redditometro di fatto è già uno strumento inattivo. È infatti poco, se non per niente usato dall'Agenzia delle entrate. Ufficialmente dunque esiste, ma nella pratica si è già autoeliminato. Per quanto riguarda invece lo split payment la questione si complica. È certo che la modalità di pagamento dell'Iva finisca per penalizzare le aziende italiane già prive di liquidità. E sarebbe dunque urgente intervenire in questa direzione. L'abolizione dello strumento potrebbe però risultare abbastanza complicata, dato che dallo split dipende una quota rilevante delle entrate. Inoltre, è ancora in sospeso la questione a Bruxelles. A gennaio 2018, infatti, le associazioni del settore delle costruzioni avevano presentato un ricorso alla Commissione europea proprio sullo split payment perché secondo la loro tesi questo strumento danneggerebbe le attività finanziarie delle società. La questione resta dunque ancora aperta. L'unica certezza è che il precedente ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, aveva ottenuto una proroga dello strumento a partire dal 1° luglio 2017 fino al 31 dicembre 2020. Questo governo potrebbe intervenire a metà cammino per far scadere prima l'applicazione dello split payment.Per quanto riguarda gli studi di settore, Di Maio può stare tranquillo dato che sono già stati sostituiti dagli Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale) circa un anno fa. Gli Isa sono nati proprio per favorire l'emersione spontanea del reddito imponibile e rafforzare la collaborazione tra amministrazione finanziaria e i contribuenti. C'è da sottolineare che le questioni fiscali, su cui Di Maio si è esposto, sono di competenza del ministro dell'Economia e delle finanze. Quindi forse, per non cadere più in errore, il ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, la prossima volta, potrebbe chiedere un consulto al suo collega.