
La lettera di Mario Draghi chiede nuovi interventi e cessioni. L'effetto è mettere in riga le altre banche e accelerare le nozze con Carige. Giancarlo Giorgetti: «Fra tre mesi saremo chiamati a fare delle scelte».Lo scorso venerdì la Bce guidata da Mario Draghi ha mandato una letterina ai vertici di Mps, l'istituto senese da oltre due anni di proprietà (quote di maggioranza) del Tesoro. In sostanza, secondo Francoforte occorre «migliorare la redditività, inferiore agli obiettivi» così come «la posizione patrimoniale». Quest'ultima, si legge nella nota, «indebolita dall'impossibilità di emettere la seconda tranche di obbligazioni Tier 2 entro la fine del 2018 e dagli impatti diretti e indiretti della dinamica dello spread, soprattutto considerando la significativa esposizione di Mps al debito sovrano italiano».Semplificando, la banca senese dovrebbe accelerare sulle rettifiche e sulla vendita delle sofferenze. Dovrebbero essere svalutati completamente entro il 2026 non solo i nuovi flussi di Npl (non performing loans), ma anche lo stock di crediti deteriorati in essere allo scorso marzo, «con un impatto complessivo potenziale che potrebbe oscillare - secondo le valutazioni di Equita sim e di banca Akros - tra gli 8,7 e gli 11 miliardi di euro. «La versione originale dell'Addendum Bce (che prevedeva la svalutazione dello stock di Npl entro sette anni) era stata superata da una versione più leggera proposta dalla Commissione Ue (che prevede la svalutazione solo dei nuovi flussi) ma - a quanto si può capire - la Bce può utilizzare un approccio differente caso per caso», ha sottolineato ieri mattina Mediobanca. «Riteniamo che il mercato dovrà valutare se questo approccio caso per caso sia qualcosa che si applica solo a Siena o anche ad altre banche in Italia o fuori dall'Italia». Il punto toccato dagli analisti di Mediobanca è infatti la parte cruciale del ragionamento. La Bce conosce Mps più di tutte le altre banche italiane: stupisce questa accelerazione. Così come stupisce il fatto che la capacità di creare redditività sia stata giudicata negativamente. Con un criterio che contiene una valutazione più «soggettiva» per via dell'Addendum. Da tempo il lavoro dei manager è tracciato e così l'andamento positivo del «fare banca». Al contrario, tale mossa spingerà Siena a dover prendere decisioni rapide e quasi tutte in una direzione: la fusione, magari proprio con Carige e forse poi con una terza banca straniera. Se prendiamo per buono il report di Mediobanca, datato settembre 2018, si capisce che a favore dell'unione tra le due banche c'è l'andamento dei titoli in Borsa, mentre l'ostacolo si chiama stock di Npl. Con la mossa della Bce, il motivo ostativo verrebbe meno e il nuovo coagulo vanterebbe pure una massa di crediti fiscali pari a due miliardi (eredità di Carige).Da un articolo (mai smentito) del Sole 24 Ore, anch'esso datato settembre 2018, si evinceva una strategia (firmata dall'ad Marco Morelli) di fusione ma con un player italiano in piena salute. A tal fine Morelli avrebbe dovuto comunque abbattere lo stock di Npl e poi ottenere una garanzia da Cdp per un subentro progressivo al posto del Tesoro. Per sbloccare tale progetto autonomo, la Bce avrebbe però dovuto concedere di rinegoziare i vincoli all'attività della banca. Con la lettera di venerdì scorso questa strada sembra impraticabile. Invece visti i prezzi dei titoli e il recente commissariamento di Carige sarà molto più semplice ascoltare le indicazioni di Francoforte. A sostenere la linea della Bce ci sono pure le dichiarazioni del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, l'unico leghista che parla al telefono con Mario Draghi. «Entro due o tre mesi saremo chiamati a fare delle scelte», ha detto il numero due del Carroccio, sulla destinazione futura della banca senese, visto che il governo si è impegnato con la Bce e l'Ue a procedere con una fusione entro giugno di quest'anno.Non solo. Giorgetti è stato il primo (ottobre scorso) a lanciare il pericolo spread. Aveva detto che, in caso di trend negativo il governo, sarebbe stato pronto alla ricapitalizzazione di banche in crisi. In molti l'uscita ha creato perplessità. Perché lanciare un allarme non richiesto? Il mese dopo il governo ha preparato la bozza del decreto Carige, testo che è rimasto nel cassetto fino al sette gennaio scorso. Nell'ultima settimana Giorgetti ha alzato i toni della discussione. Domenica ha detto espressamente che esiste un «problema Mps». Se si uniscono i puntini, si comincia a capire che a Francoforte piace la strada della fusione tra Genova e Siena. Quando Giorgetti parlò di spread in molti hanno pensato che potesse essere la causa, invece era l'alibi per avviare il «progetto fusioni». D'altronde Draghi lascerà a breve e forse prima vorrebbe chiudere il cerchio del sistema bancario italiano.
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