
Mentre in Sardegna spunta un simbolo unico, nella città natale di Luigi Di Maio l'alleanza con i dem va alla prova delle comunali. E il ministro degli Esteri torna a dettare legge.«È la somma che fa il totale» diceva Totò. La massima del principe Antonio De Curtis verrà messa alla prova a Pomigliano d'Arco, provincia di Napoli, città natale di Luigi Di Maio, ex roccaforte rossa ormai da 10 anni governata dal centrodestra. Alle comunali del prossimo 20 e 21 settembre, infatti, Pd e M5s si presenteranno insieme: la notte scorsa ha portato consiglio ai dirigenti dei due azionisti di maggioranza del governo di Giuseppe Conte, che hanno siglato un accordo elettorale destinato a catturare l'attenzione dei media e degli addetti ai lavori nazionali. Pd e e M5s uniti nella lotta, dunque, a sostegno del candidato a sindaco Gianluca Del Mastro, docente universitario che ha accettato di mettersi alla guida di questa strana alleanza con i simboli dei due partiti affiancati sulla scheda che fino ad ora (faccia pure gli scongiuri, il prof) era stata sperimentata soltanto alle regionali in Umbria, con risultati tragici. In Sardegna, invece, alle elezioni suppletive del collegio 3 Nord che si terranno il 20 e 21 settembre, debutterà per la prima volta un simbolo unico per grillini e dem: il candidato Lorenzo Corda si presenterà con un simbolo che racchiude due «baffi», uno rosso e uno color senape. Ma torniamo a Pomigliano. «Sono emozionato e onorato», scrive Del Mastro su Facebook, «nel comunicarvi che il nuovo laboratorio politico, nato a Pomigliano tra M5s, Pd e liste civiche, mi ha scelto come candidato sindaco della città. La coalizione ha puntato alla ricerca di una figura civica e ho accettato con determinazione, per il forte sentimento che mi lega da sempre alla mia città». Del Mastro è professore associato di Papirologia presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli (abilitato a professore ordinario), professore supplente di Paleografia presso l'Università Federico II di Napoli e presidente della Fondazione ente ville vesuviane, nominato dal ministero dei beni Culturali. Si occupa di papiri letterari e documentari greci e latini provenienti dagli scavi egiziani ed ercolanesi e di altre testimonianze della scrittura antica comprese in un arco cronologico che va dal IV secolo a.C. al XIV secolo. La sua candidatura è stata ufficializzata subito dopo la dolorosa rinuncia di Dario De Falco, già candidato a sindaco sconfitto alle elezioni nel 2015 dall'avversario di centrodestra Lello Russo. De Falco, fedelissimo di Di Maio (entrò nel M5s prima ancora del ministro degli Esteri), attualmente è consigliere per gli affari istituzionali del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Non aveva mai voluto incarichi politici, De Falco, perché il suo sogno era diventare sindaco di Pomigliano: niente da fare, il suo nome è stato sacrificato sull'altare di questa intesa Pd-M5s che adesso i giallorossi tenteranno di replicare anche in un paio di regioni chiamate al voto: Marche e Puglia.Il risultato delle prossime regionali inciderà sulla tenuta dell'esecutivo: si parte da un 4-2 per il centrosinistra (che governa attualmente Campania, Puglia, Marche e Toscana) sul centrodestra (che ora ha la guida di Veneto e Liguria). Queste ultime due regioni sono considerate «blindate» per il centrodestra con Luca Zaia e Giovanni Toti, nonostante l'accordo Pd-M5s in Liguria con la candidatura di Ferruccio Sansa; in Campania, Vincenzo De Luca (consideriamolo di centrosinistra, anche se lo sceriffo non è per nulla allineato al Pd nazionale, che ha tentato in tutti i modi di farlo fuori, in combutta col M5s, prima dell'emergenza Covid) è favoritissimo. In Toscana la partita è aperta (con la sinistra leggermente favorita, ma la leghista Susanna Ceccardi è in rimonta). Nelle Marche e in Puglia i sondaggi indicano un netto vantaggio dei due candidati di centrodestra (Francesco Acquaroli e Raffaele Fitto, entrambi di Fratelli d'Italia) sui candidati di sinistra, Maurizio Mangialardi e il presidente uscente Michele Emiliano. «Abbiamo ancora 24 ore al massimo», dice a Repubblica Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e dirigente del Pd, rivolgendosi a Di Maio, «bisogna chiudere l'accordo. Le Marche rappresentano un laboratorio. L'accordo con i il M5s qui avrebbe un valore superiore a quello raggiunto in Liguria, dove i renziani corrono da soli. Nelle Marche avremmo tutta la compagine di governo a sostegno di un unico candidato. Di Maio e Zingaretti lavorano per raggiungere l'intesa. Credo che a resistere siano i parlamentari grillini eletti nelle Marche», aggiunge Ricci, «ma legati a Di Maio e Crimi. È l'ex capo politico, oltre che il reggente del movimento, ad avere in mano il pallino». A leggere le parole di Ricci, e a sentire diversi big del M5s, Di Maio è tutt'altro che un ex capo politico: ormai ha ripreso in tutto e per tutto la guida del M5s, dopo che anche i suoi più acerrimi avversari interni hanno capito che in fondo Giggino è l'unico in grado di tenere a bada le mille correnti interne in cui si è frantumato il movimento. Non solo: la ritrovata intesa tra Di Maio e Zingaretti, e la loro volontà di saldare l'alleanza Pd-M5s (prospettiva che fino a poche settimane fa veniva osteggiata dal ministro degli Esteri) faranno inevitabilmente ammosciare il ciuffo di Giuseppe Conte. Fino ad ora, il premier di emergenza ha potuto contare sul fatto di essere l'unico in grado di tenere insieme i due partiti, ma ora la sua (molto presunta) «terzietà» non è più indispensabile. Se poi anche la Puglia, sua regione di origine, dovesse essere conquistata dal centrodestra, le cose per Giuseppi si metterebbero molto male.
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






