2019-12-15
I soldi di Open per far viaggiare Renzi con aerei privati di lusso
Aeroplani, hotel di categoria, ristoranti e perfino mobili Ikea: le carte di credito dell'ente guidato da Alberto Bianchi hanno coperto spese per il Rottamatore e i suoi sodali, che molto spesso hanno optato per soluzioni di lusso.L'ex senatore Aldo Di Biagio elaborò il testo: «Mi rode il c...». Toto: «Nessun favore chiesto».Lo speciale contiene due articoli. È cosa nota che tra i più affezionati lettori della Verità ci siano i componenti del Giglio magico. Ma la perquisizione all'avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della fondazione Open indagato per finanziamento illecito, lo ha certificato. Gli investigatori della Finanza a settembre - nella prima delle due visite nello studio del legale - in un fascicolo di colore rosso hanno trovato una cartellina denominata «volo privato MR per accettazione fondazione Open» e insieme un articolo della Verità del 13 giugno 2018 intitolato: «Negli Usa con jet privato di lusso, chi paga 150.000 euro per Renzi?». All'epoca, in beata solitudine, stavamo facendo le pulci alle spese pazze di Renzi: proprio in quei giorni scoprimmo che aveva acquistato una villa da 1,3 milioni di euro nonostante avesse sventolato in tv - appena cinque mesi prima - un saldo del conto corrente di circa 15.000 euro. Nei giorni scorsi abbiamo scoperto che quella dimora, che si trova nella Beverly Hills di Firenze, era stata acquistata grazie al generoso prestito dell'imprenditore Riccardo Maestrelli, il quale aveva anticipato 700.000 euro al politico che lo aveva inserito nel Cda di Cassa depositi e prestiti immobiliare. I denari sono stati fatti prima transitare sul conto dell'anziana madre, così da non dare troppo nell'occhio. Ma ci eravamo interessati anche alla storia dell'aereo. Scoprimmo che l'ex premier il 5 giugno 2018 era volato in America su un volo privato con due guardie del corpo e il segretario particolare Benedetto Zacchiroli, per poter parlare (143 secondi) dal palco dell'anfiteatro del cimitero militare di Arlington in occasione della commemorazione per il cinquantenario della morte di Bob Kennedy. Ad accogliere il Rottamatore all'arrivo furono Joe Kennedy, pronipote di Robert, e Bill Clinton. Calcolammo che quel discorso era costato ai generosi ospiti più di 1.000 euro al secondo, considerando anche le spese di vitto e alloggio della combriccola. Renzi per andare a Washington era infatti salito su un Dassault Falcon 900 bianco, messo a disposizione dalla «Leader» di Ciampino, compagnia esclusiva di «Luxury airtaxi». L'azienda offre catering di chef stellati, limousine e altri lussi a chi viaggia con loro. L'aereo, «un trireattore lungo raggio», ha una grande cabina passeggeri divisa in due aree: «Questo permette un alto livello di comfort e privacy per i passeggeri a bordo sia durante il giorno che di notte. Il divano letto a disposizione nella cabina dei passeggeri è progettato per fornire il massimo comfort durante i voli a lungo raggio effettuati di notte». Ovviamente il prezzo di tanto agio è per tasche capienti. Come dimostravano i nostri conti: «Cliccando sul sito Privatefly, il costo stimato per quattro passeggeri, con andata sempre il martedì (per esempio il 19 giugno) e ritorno il giovedì (21 giugno) parte da 85.000 euro. Ma si tratta di un'offerta base. La cifra reale (salvo sconti) per la traversata oceanica, secondo un esperto contattato dalla Verità, con una compagnia di livello come la Leader si aggirerebbe intorno ai 150.000 euro, considerando le ore di volo e la sosta di tutto l'equipaggio». Adesso gli investigatori hanno probabilmente in mano la fattura col prezzo versato, sino a oggi mai ufficializzato. Un anno e mezzo fa scrivemmo: «Resta la domanda: chi paga e perché i viaggi di Renzi in giro per il mondo, dal Qatar alla Cina, dal Kazakistan a Washington?». Oggi scopriamo che Renzi per farsi ammirare dai suoi ospiti americani mentre scende da un jet privato ha fatto pagare la traversata ai generosi finanziatori di Open, probabilmente all'oscuro dello spreco di denari dell'ente per gli sfarzi del senatore semplice. Del resto più di un mecenate ha dichiarato a verbale di aver finanziato il nostro a propria insaputa. L'assistente personale dell'imprenditrice Maria Laura Garofalo, il cui gruppo è risultato tra gli sponsor della Fondazione, sentita dagli investigatori ha detto, infatti, di aver scoperto a chi fossero destinati i contributi solo al momento del bonifico. Ma c'è anche il produttore cinematografico Alessandro Di Paolo - che le cronache rosa indicano come fidanzato di Elisa Isoardi - autore di un versamento a Open nel 2016. Quando i finanzieri gli hanno chiesto il perché di quel contributo non ha trovato una spiegazione logica, ammettendo di aver versato senza farsi troppe domande. Per anni i donatori non hanno saputo più nulla dei loro soldi. Ora, grazie all'inchiesta della Procura di Firenze, scoprono che tra le spese addebitate sui conti di Open (e prima ancora di Big Bang) c'erano i rimborsi ai quali attingevano i consiglieri della fondazione, ma anche gli uomini macchina che la facevano funzionare. Gli elenchi dei rimborsi sono lunghi. Si va dalla carta di credito intestata a Marco Carrai, che nel solo 2012 ha strisciato al Starhotels Rosa Grand a Milano per 231 euro, al Principe di Savoia di Milano per 370 euro, allo Star hotel Rosa di Milano per 263 euro in un'occasione e 259 in un'altra. Ma anche le strisciate di Sara Biagiotti, una delle tre Renzi's angels, coordinatrici della campagna elettorale del Bullo per le primarie del Pd, poi finita a Sesto San Giovanni nel ruolo di sindaco, sono entrate nei faldoni dell'inchiesta. Con la carta numero 30611297, che le era stata affidata dalla fondazione, ha pagato due fatture Ikea, una da 1.460 euro, l'altra da 367,98, un conto hotel all'Excelsior di Bologna per 740 euro, un altro all'Hotel Giotto da 809 euro, cinque biglietti Trenitalia (322 euro) e cinque biglietti Alitalia (855 euro). E ancora: Hotel Giuan Alghero (280 euro), Star hotel Grand Milano (172 euro da moltiplicare per quattro soggiorni diversi), hotel Isolabella a Taormina (247 euro), hotel Bernini Roma (207 euro), Grande Jolly di Firenze (355). E ha anticipato «all'avvocato Boschi 679 euro», appuntando che erano «da rimborsare». Spese simili sono state riscontrate sugli estratti conto della carta in uso a Roberto Reggi, sindaco di Piacenza, poi sottosegretario all'Istruzione, su quella in uso a Eleonora Chierichetti, a Lorenza Bonaccorsi (per lei c'è anche una serata in osteria a Roma per la modica cifra di 225 euro), a Giuliano Da Empoli, e agli altri trascinatori di Big Bang. E poi, addebitate soprattutto sui conti di Open, ci sono le spese dei big. Tra le quali i finanzieri annotano quella per gli «altri costi inerenti Errani, Renzi, Mancini, Lotti». Totale: 380 euro. E quella pagata il 9 marzo 2013 per gli «allestimenti Matteo novembre 2012». Totale: 6.050 euro. Altra rendicontazione generica e per cifre significative, datata 30 dicembre 2013, è segnata con questa voce: «Girotondi da comitato per Matteo Renzi segretario, 72.000 euro». Lo stesso giorno parte dai conti di Open anche un «contributo a comitato Matteo Renzi Segretario Pd» da 54.700 euro. E, infine, dai faldoni saltano fuori le annotazioni abbraviate: «MR». Facile intuire che si tratta delle iniziali del fu Rottamatore. Gli investigatori le hanno trovate impresse su una cartellina bianca contenente i contratti per un'utenza mobile sim Ipod, su una cartellina azzurra con all'interno la corrispondenza del comitato per la candidatura di MR con tali dottori Fazzini e Spadoni. Ma, soprattutto, hanno trovato quelle iniziali sulla sottocartellina denominata «Volo privato MR» per Washington del giugno 2018: il noleggio dell'aereo taxi che portò il Bullo negli States. Tutto pagato dai finanziatori di Open.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-i-soldi-della-fondazione-open-renzi-volava-negli-usa-in-jet-privato-2641597235.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="particle-1" data-post-id="2641597235" data-published-at="1757919772" data-use-pagination="False"> Il papà dell’emendamento non ci sta: «Non ho mai avuto rapporti col Pd» Il tono formale e distaccato cede al risentimento, a un certo punto. «Certo, mi roderebbe anche un po' il culo, insomma, se qualcuno avesse fatto cassa con una mia creatura». Lui è l'ex senatore Aldo Di Biagio, 55 anni tra qualche giorno, natali abruzzesi ma romano d'adozione. La «creatura» è l'emendamento su Strada dei parchi che i finanzieri hanno ritrovato in versione riveduta e corretta tra le carte dell'avvocato Alberto Bianchi, l'ex presidente della fondazione Open indagato per traffico d'influenze e finanziamento illecito ai partiti. Il legale fiorentino è stato consulente (superpagato) del gruppo Toto in una controversia con l'Anas che si è risolta - a favore dei Toto - solo grazie al provvedimento legislativo di Di Biagio. «Bianchi? Non lo conosco», giura al nostro giornale l'ex Pdl, ex Scelta civica, ex Area popolare e oggi simpatizzante del cespuglietto dell'ex ministro Beatrice Lorenzin. «Non so perché conservasse il mio documento». Alberto Bianchi custodiva nello studio perquisito dalla Finanza il 17 settembre scorso due copie dell'emendamento Di Biagio, che ha modificato «l'articolo 52 quinquies del dl 24 aprile 2017/50 convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017/96», si legge negli atti del procedimento. Sulla prima sono riconoscibili due grafie: una dello stesso avvocato toscano e un'altra sconosciuta che dice «Di Biagio riformulato». A questa frase fanno da cornice una sigla «Gr» e una data «10/7». Sulla seconda copia c'è invece un'annotazione «Toto/Anas (Strada parchi) da A. Toto 15/6/2017». Con questo provvedimento, varato dal governo Gentiloni, il gruppo Toto ottenne la sospensione del pagamento delle due rate della concessione autostradale per l'A24 e l'A25 da 55 milioni l'una in cambio di interventi urgenti sulla rete autostradale per la sicurezza antisismica. La somma complessiva di 111 milioni sarà poi versata all'Anas, come previsto dall'emendamento, in tre comode soluzioni da 34 milioni tra il 2028 e il 2030, cioè 15 anni dopo la loro naturale scadenza. I Toto però si difendono con l'Ansa: «Non abbiamo chiesto né ricevuto favori. La norma rispondeva all'obbligo da parte del governo di rispettare una sentenza del Tar del Lazio», che ordinò «di sanare una situazione di mancato finanziamento delle opere straordinarie di messa in sicurezza antisismica». Ritorniamo a Di Biagio: ha avuto «incoraggiamenti» dal Pd per presentare il documento? «No. A sostenere l'emendamento siamo stati Jonny Crosio, leghista, e io. Non conosco la famiglia Toto. Alla Camera con me c'era però Daniele Toto. Ho cercato di capire da lui quali erano le problematiche, ma ribadisco che l'emendamento è tutto mio». Daniele Toto è il nipote del capostipite Carlo ed è stato deputato del Pdl, poi proconsole finiano in Abruzzo con una breve parentesi nel Partito liberale. Ha fatto parte della pattuglia di 35 parlamentari di centrodestra che si schierarono per il sì al referendum del 2016. Proviamo a insistere con Di Biagio: sa se i lavori di messa in sicurezza sulla rete autostradale gestita dai Toto sono stati fatti? «Io penso di sì». Non riesce a spiegarsi com'è che il suo provvedimento sia finito agli atti dell'inchiesta su fondazione Open? «All'epoca l'ho girato a molti colleghi affinché ci fosse maggiore condivisione. Qualcuno poi potrebbe essersi appropriato del mio lavoro». Il sospetto degli inquirenti è che Bianchi, che ha ricevuto dai Toto parcelle per quasi 3 milioni di euro, una parte dei quali (400.000 euro) è finita sui conti correnti di Open e del Comitato per il sì al referendum, abbia sfruttato gli addentellati di quella gigantesca macchina di potere che era il renzismo delle origini per agevolare i suoi clienti. Di Biagio, che all'epoca era in maggioranza con il Pd, respinge pure l'ultimo assalto: «Mai avuto rapporti diretti coi dem. Il mio era un emendamento intelligente, ben fatto». A dire il vero, la relazione tecnica di accompagnamento sosteneva il contrario. «La sospensione del versamento dei corrispettivi annui relativi al 2015 e al 2016», si legge nel dossier di Palazzo Madama, «dovuti dal concessionario ad Anas e la posticipazione della loro corresponsione negli anni 2028, 2029 e 2030, sembra determinare una riduzione delle entrate di Anas» e quindi una possibile alterazione del bilancio dello Stato, sottoposto ai vincoli Ue. Da qui la richiesta dei tecnici di acquisire «il parere del governo». Che ovviamente fu positivo.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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