2025-04-24
Sant’Egidio lavora per la continuità: «Cina e sinodalità? Non si cambia»
Andrea Ricciardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, riceve l'eucaristia dal cardinale Matteo Zuppi (Ansa)
Il fondatore Andrea Riccardi, amato dal Pd e noto filocinese, punta su Matteo Zuppi (e José Tolentino de Mendonça).È un curioso iperattivismo mediatico quello di cui è protagonista Andrea Riccardi da circa 72 ore. Lunedì sera il fondatore della Comunità di Sant’Egidio era ospite a Porta a Porta, mentre martedì si trovava a Otto e Mezzo. Ieri ha pubblicato un articolo sul Corriere della Sera e un altro suo intervento è stato annunciato su Famiglia Cristiana, in uscita oggi. Insomma, Riccardi è ovunque a parlare di Francesco. D’altronde, l’organizzazione da lui creata deve molto al Pontefice argentino, che ha conferito incarichi importanti a vari suoi esponenti. Nel 2019, Bergoglio diede la berretta cardinalizia a Matteo Zuppi, per metterlo tre anni dopo a capo della Cei. Non solo. Riccardi è sempre stato un deciso fautore della politica estera dell’ultimo pontificato, con particolare riferimento al controverso accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi: accordo di cui Riccardi è un noto estimatore. Non è d’altronde un mistero che, insieme alla Compagnia di Gesù, la Comunità di Sant’Egidio sia favorevole alla distensione tra la Santa Sede e la Repubblica popolare. Un esponente della comunità stessa come il professor Agostino Giovagnoli è un fautore dell’avvicinamento a Pechino e fa anche parte del comitato scientifico dell’Istituto Confucio dell’università Cattolica. È stato inoltre tra i curatori del volume L’accordo tra Santa Sede e Cina, alla cui presentazione, nel settembre 2019, parteciparono sia Riccardi che Romano Prodi. Riccardi e Prodi hanno d’altronde preso parte, da relatori, a varie conferenze insieme. Sarà un caso, ma l’ex premier è tra i principali sostenitori di un avvicinamento Italia-Cina.Ma non è tutto. Prodi non è infatti l’unico collegamento che Riccardi ha con il mondo del centrosinistra. A gennaio 2022, Goffredo Bettini lanciò l’idea di candidare il fondatore di Sant’Egidio al Colle. Anche qui sarà un caso, ma Bettini è storicamente un sostenitore dell’alleanza giallorossa: quella convergenza tra Pd e M5s che, quando governò nell’esecutivo Conte II, avvicinò notevolmente Roma a Pechino. Del resto, Pietro Parolin non è stato l’unico a tenere i rapporti con la Cina durante il pontificato di Francesco. «Credo che la Cina sia una promessa e una speranza per la Chiesa. La collaborazione si può fare e per i conflitti certamente. In questo momento, il cardinale Zuppi si muove in questo senso e ha rapporti anche con la Cina», dichiarò lo stesso Francesco a settembre 2024.Insomma, a pensar male si potrebbe ritenere che l’iperattivismo mediatico di Riccardi sia finalizzato a «spingere» un proprio candidato al prossimo conclave. Il primo pensiero è che punti a promuovere Zuppi, sebbene a Otto e Mezzo sia sembrato quasi escludere un italiano. Strategia per non bruciare l’arcivescovo di Bologna? Chissà. A fine marzo, il vaticanista Sandro Magister suggeriva comunque che il vero candidato di Riccardi possa in realtà essere il cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça, che Francesco ha nominato prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione nel 2022. Come che sia, il fondatore di Sant’Egidio ha spiegato la sua linea sul prossimo Pontefice proprio a Otto e Mezzo. «Io credo che sarà un Papa che non potrà rinnegare i processi messi in campo da Francesco. Non si torna indietro», ha dichiarato. Tradotto: si esclude un ritorno a visioni più vicine ai pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.La domanda è: quella di Riccardi è un’analisi o un auspicio? Probabilmente è più un auspicio. Il punto in definitiva è questo: lo stile di governo molto accentratore del Papa defunto non è piaciuto a molti nella Chiesa. E questo è un discorso che va al di là delle stantie categorizzazioni tra conservatori e progressisti. Il problema è stato di metodo, ancor prima che di obiettivi. D’altronde, anche sulla questione degli obiettivi, molti porporati non hanno apprezzato alcune ambiguità che sono state espresse in questi anni. Non si può quindi escludere che il conclave produca un moto di reazione. E che, a farne le spese, possano essere proprio i gruppi favoriti da Francesco nel corso del suo pontificato. Di questo Riccardi è pienamente consapevole. E non ne è affatto felice.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)