2024-11-02
Gli ex commissari di Condotte chiedono un compenso da 34 milioni
Il modello del Ponte sullo Stretto di Messina (Imagoeconomica)
Il ministero delle Imprese però si oppone alla maxi parcella e li accusa di «scarsa diligenza» per la vendita a prezzo di saldo della partecipazione in Eurolink: la società è fondamentale per realizzare il Ponte di Messina.Accusati di «scarsa diligenza» dal ministro delle Imprese Adolfo Urso e liquidati dal Mimit con circa 3 milioni e mezzo di euro ciascuno. Eppure agli ex tre commissari straordinari di Condotte, ex colosso nazionale delle costruzioni, quel maxi compenso non basta. Chiedono un compenso totale di 34 milioni di euro. La storia che dà inizio allo scontro sull’amministrazione straordinaria di Condotte inizia nell’agosto 2018, quando l’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio incarica Giovanni Bruno, Matteo Uggetti e Gianluca Piredda quali commissari straordinari di Condotte d’acqua spa. Con nuovi decreti nel 2019 si autorizzano programmi di cessione del ramo core di Condotte che comprendeva i lotti «Algeria», «Opere civili e infrastrutture» e «Concessioni». Nell’estate del 2022, dopo una procedura di evidenza pubblica e una valutazione economica, la cessionaria individuata è Imprecim, oggi Tiberiade holding spa controllata dall’immobiliarista romano Valter Mainetti. In quel momento il lotto non comprendeva la quota del 15% in Eurolink, la società che dovrà costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. Nel 2022 infatti non era previsto che quel ponte si facesse e come naturale che fosse Eurolink non era evidentemente appetibile per nessuno. Si arriva al febbraio 2023, il governo è cambiato, il Ponte da promessa elettorale entra nel programma di governo e il 16 marzo il cdm approva il decreto legge. Passano appena 24 ore e i commissari chiedono alla direzione del ministero l’autorizzazione all’ampliamento della cessione anche alla partecipazione in Eurolink. Il direttore generale Antonio Bartoloni, dopo aver ottenuto il parere positivo del comitato di sorveglianza in data 27 marzo, avrebbe autorizzato l’operazione il 29 marzo, a quanto ci risulta, senza passare per l’ufficio del ministro Urso. È il 30 marzo e i lotti del ramo core e la partecipazione del 15% in Eurolink vengono venduti, o forse bisognerebbe dire svenduti, alla cifra di soli 14 milioni di euro. Il valore degli asset era calcolato infatti su una perizia del 2021 che evidentemente non poteva essere più attuale dal momento che Eurolink diventava improvvisamente la società in predicato di partecipare alla costruzione dell’opera pubblica più ambiziosa mai realizzata in Italia. Un’operazione che al mercato non piace, tanto che Webuild nel giugno 2023 presenta ricorso al Tar del Lazio per l’annullamento dell’autorizzazione alla cessione della partecipazione in Eurolink in quanto effettuata senza gara. La gara c’era stata, ma prima dell’ampliamento e solo per i lotti, anche se una legge varata dall’ex ministro Romano Prodi prevede che non si possa vendere senza avviso pubblico e senza valutazione economica. Requisiti entrambi mancanti. Insomma, come dicevamo quest’affare al mercato non piace così come non piace al ministro Urso che avvia un approfondimento sul tema da cui si evidenziano criticità su due punti: la congruità del prezzo di vendita della partecipazione; e l’avvenuta estensione della vendita alla medesima partecipazione senza che ciò fosse preceduto da una gara. Anche la tempistica dell’operazione fa sorgere dei sospetti tanto che il ministro decide di chiedere dei chiarimenti ai commissari, ritenuti poi non idonei a risolvere le criticità evidenziate. Si arriva all’8 gennaio 2024. Il ministero chiede ai commissari di rinnovare la perizia di valutazione del prezzo. Si individua un singolo professionista, nonostante il ministero spingesse per affidare la perizia a una società di consulenza. Il professor Roberto Mazzei si vede formalizzare l’incarico nel marzo 2024 ma a giugno la nuova perizia ancora non era stata depositata e il ministero invia un sollecito. La perizia arriva finalmente il 18 giugno: si stima un valore della partecipazione in un range compreso tra un importo positivo di 4,5 milioni di euro e un importo negativo di 5,2 milioni. La stima che già in apparenza non pare congrua viene fatta valutare dal dottor Luca Annibaletti, esperto della struttura interministeriale per le crisi di impresa che rivaluta il valore della partecipazione tra 43,15 milioni e 14,24 milioni. Passano pochi giorni e con istanze del 4 luglio 2024 i commissari chiedono una liquidazione di compensi di circa 11 milioni di euro ciascuno, per un totale di 33.987.000 di euro, al lordo di quanto ricevuto, che rispettivamente ammonta, dopo l’ultima liquidazione dello scorso ottobre, a 3.743.531,05 euro per Bruno e Uggetti e 3.374.321,90 euro per Piredda. Dopo tutto ciò che era successo con la cessione di Condotte, il ministero decide di avviare il procedimento di revoca dei commissari. Non fa in tempo perché il 26 luglio il Tribunale di Roma, ritenendo il programma realizzato, dichiara cessato l’esercizio d’impresa. I commissari decadono da soli dunque, al contrario di quanto scritto da altre testate. Il Mimit nomina un nuovo collegio commissariale formato da Francesco Paolo Bello, Michele Onorato e Alfonso di Carlo. La cosa non piace agli ex commissari tanto che Bruno e Piredda propongono un ricorso dinanzi al Tar attualmente pendente e non arrivato a sentenza come invece scritto dal Domani. La stessa testata ha poi rivelato un aspetto inquietante della vicenda. Alcuni stralci delle riunioni tra gli ex commissari di Condotte, il ministro e i vertici del ministero sono stati pubblicati dal quotidiano rendendo evidente che le stesse sarebbero state registrate di nascosto.La questione è lontana dall’essere risolta. Nel frattempo i legali del ministero valutano l’ipotesi di fare denuncia verso ignoti per le presunte riunioni registrate. Per quanto riguarda l’enorme compenso da 34 milioni richiesto dai commissari il Mimit non cede: con i 3 milioni e mezzo ciascuno si ritiene saldato quanto dovuto.
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