2022-03-14
Colpita una base vicino alla Polonia. Ucciso un giornalista americano
Distrutto dai russi un campo militare a Yavorovsky, usato anche dalla Nato. Fuoco sui cronisti, muore lo statunitense Brent Renaud: ormai il fronte è ovunque e nessuna categoria può più dirsi al sicuro.da KievIl 13 marzo 2022 potrebbe essere ricordata come una delle date più importanti della guerra in Ucraina. Uno spartiacque, l’inizio di una escalation senza possibilità di ritorno.La prima brutta notizia arriva in mattinata e informa che il campo militare di addestramento di Yavorovsky, quasi al confine con la Polonia e classificata come centro di addestramento dalla Nato, è stato colpito da una trentina di missili. Nel centro internazionale per il mantenimento della pace e la sicurezza (un nome quasi beffardo) vicino a Yavoriv sono rimaste uccise almeno 35 persone, tra cui molti istruttori stranieri. Si contano anche 134 feriti. Un attacco portato a 20 chilometri da un Paese della Nato potrebbe significare che la Russia non ha paura di scatenare una reazione degli Alleati o che anzi stia cercando un incidente. E che il clima si sia fatto particolarmente pesante è confermato dall’altra notizia di giornata, questa volta proveniente da Irpin, fronte bellico ormai noto alle cronache internazionali alla periferia di Kiev.Si tratta dell’uccisione del freelance Brent Renaud, 50 anni compiuti lo scorso ottobre. Videomaker originario del Tennessee, insieme con il fratello Craig aveva vinto molti premi per i documentari e i servizi realizzati in zone di guerra. Aveva lavorato per il New York Times e quando è morto aveva al collo un pass del quotidiano statunitense. «Aveva un nostro vecchio badge, ma non era lì per noi. Siamo addolorati» hanno specificato dalla redazione. Viaggiava con il fotografo Juan Arredondo, che è stato ricoverato in ospedale, ferito ma vivo: «Avevamo passato un ponte a Irpin, volevamo filmare la fuga dei rifugiati, abbiamo trovato un’auto che si è offerta di portarci al secondo ponte, abbiamo passato un check point e poi hanno iniziato a sparare all’auto. Siamo scesi, lui era dietro di me, è stato colpito al collo, ci siamo divisi, è rimasto a terra», ha detto a una collega che ha raccolto la sua testimonianza in ospedale.Brent è morto, altri stanno rischiando in prima linea.Da oggi (ieri per chi legge, ndr) la guerra è diventata ufficialmente pericolosissima anche per i giornalisti. Anche per noi che da giorni stiamo documentando che cosa stia accadendo a Irpin il fronte a est di Kiev.Ormai non si capisce più dove siano i russi.Ci rendiamo conto subito girando nelle strade di questo paese e diretti verso la prima linea che i combattimenti si sentono da vari lati della città, da più punti.Gli spari si sentono di continuo e vicini, molti palazzi sono stati trafitti da colpi di mortaio nella notte. Per le strade vagano soprattutto i cani. Anche le poche persone rimaste girano in cerca di cibo nei negozi sventrati o di sigarette che chiedono a chiunque incontrano, che siano volontari militari o reporter come noi.Oggi è anche il giorno dove non si sa più dove guardare, non c’è più un fronte chiaro come negli altri giorni, non c’è più una strada che segni una linea di demarcazione tra pericolo e ragionevole sicurezza.Chi spara sui giornalisti? Tutta la stampa internazionale è certa che siano i russi. Ma sino a ieri qui a Irpin i cronisti hanno girato tranquilli per le strade. Sono cambiati gli ordini? Oppure si tratta di soldati fuori controllo? Quando sentiamo sibilare un proiettile sopra le nostre teste incrociamo dei civili. Eravamo noi i bersagli o loro? Alcuni colleghi a un check point sono stati fermati dai russi. Non hanno subito violenze. I militari hanno controllato i loro documenti. Poi hanno sparato su una macchina fotografica. Evidentemente non hanno voglia che la guerra venga documentata.Sappiamo che a Irpin ci sono piccoli gruppi di russi nascosti, che ci sono cecchini e abbiamo anche la sensazione che alcuni di loro siano in abiti civili: incrociamo ragazzi molto giovani con sacchetti bianchi in mano dalle espressioni tranquille.Però qui sino a ieri erano rimasti solo vecchi e ubriaconi, i ragazzi oggi ci insospettiscono.Anche i militari ucraini non si vedono più tanto, troppo impegnati a sparare ai confini di Irpin. Così cerchiamo copertura tra i palazzi e andiamo verso la prima linea, ma camminando tra le stradine, non più sul viale principale. Svoltata una strada c’è un parchetto con i giochi per i bambini, qui sono caduti un paio di colpi di mortaio, c’è una palestra distrutta ancora in fiamme.Sopra le nostre teste gracchiare di cornacchie. Intorno ululati di cane.Ci si sposta passando da un albero all’altro. Incontriamo altri giornalisti. Ci guardiamo senza parlare. Veniamo da posti lontanissimi, ognuno con la sua storia. Oggi siamo, però, qui, dietro agli stessi tronchi. Oggi sappiamo che i bersagli possiamo essere anche noi. Poco distante c’è una forte esplosione.Proseguendo vediamo da lontano qualcosa su una panchina.Ci avviciniamo: la donna stava seduta sulla panchina, beveva una bottiglia di vino, era sicuramente una di quelle persone che non volevano lasciare il Paese. E morta così, con le schegge del colpo di mortaio che le hanno reciso la giugulare e le sono penetrate in molte parti del corpo. Si è accasciata sulla borsa e così l’abbiamo trovata.Cerchiamo di portarci sul fronte, ma i continui spari ci fanno cambiare percorso in continuazione.Quando ci fermiamo per discutere sul da farsi sentiamo il sibilo inconfondibile del tiro di un cecchino sopra le nostre teste. Ci manca e ci mettiamo nuovamente al riparo tra gli alberi. Il colpo è partito da una zona che pensavamo tranquilla e qui abbiamo la riprova di come non sia chiaro dove siano i russi, non c’è più una linea del fronte certa.Decidiamo di tornare velocemente verso il ponte e dopo poco sentiamo colpi di arma da fuoco, li chiamiamo close range quando si tratta di fucili e mitragliatori e ci diciamo che deve essere successo qualcosa perché lì in quel punto non avevamo mai sentito nulla di particolare.Solo dopo un’ora, un’ora e mezza, alcuni colleghi ci informano dell’accaduto: il collega Renaud morto e Arredondo è rimasto ferito.Intorno al ponte sono caduti due colpi di mortaio, sappiamo che ci riproveranno e decidiamo insieme con altri colleghi di allontanarci il più possibile.Si sente il sibilo di un altro attacco di mortaio, ci nascondiamo tutti dietro ai jersey, poi in una buca lungo la strada, poi nel bosco sentendo le bombe sempre più vicine.Ce la caviamo e dopo un po’ di confusione riusciamo ad allontanarci.La domenica di Irpin è finita con una certezza: ora si spara su tutto ciò che si muove.
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