2022-01-03
Claudio Borghi: «Draghi punta al Colle? Brutto segno»
Il leghista: «Se vuole modificare il Patto di stabilità può farlo soltanto da Palazzo Chigi, la fretta di traslocare mi sembra incomprensibile. Si sarà illuso per il tripudio dei giornalisti alla conferenza stampa di fine anno».«Pensava che il Paese fosse rappresentato dai giornalisti. Il tripudio con cui è stata salutata la sua conferenza stampa di fine anno può averlo illuso». A più di 24 ore dal commiato di Sergio Mattarella, il deputato leghista Claudio Borghi non si sottrae dal commentare le elezioni del presidente della Repubblica prossime venture. Partendo dalla conferenza stampa di Mario Draghi. Già presidente della commissione Bilancio e strenuo oppositore della politica pandemica del governo di cui fa parte la Lega, Borghi ci racconta quello che potrebbe avvenire a gennaio quando Camera, Senato e rappresentanti regionali si riuniranno in seduta comune per eleggere il nuovo inquilino del Quirinale. «In politica ho imparato che non basta avere le idee più brillanti. Devi anche essere esperto. Ecco: Silvio Berlusconi lo è. Dunque è percepito come pericoloso dal Pd».La cui strategia sembrerebbe puntare su Draghi al Quirinale.«Possibile, ma non credo fosse l’idea iniziale. L’esperienza ti porta a ragionare come nel passato. Giocavano con lo schema Napolitano, ovvero la palude. Lo stallo. Speravano nel Mattarella bis».Compatti su Berlusconi quindi. Ma Matteo Salvini non ha un piano B?«In tanti sottovalutano Salvini, sono convinto che abbia in testa tutte le opzioni».Draghi potrebbe dimettersi da premier? Forzando la mano ai grandi elettori che così si troverebbero già di fronte alla prospettiva di un governo dimissionario?«No, potrebbe farlo ricevendo il reincarico formale come atto di cortesia una volta eletto un presidente della Repubblica che non sia lui ovviamente. Non prima».Come immagina le prossime elezioni? Raffinate strategie per controllare i voti? A ogni gruppo indicazioni diverse su cosa scrivere? Solo il cognome? Nome e cognome? O viceversa? Magari inserendo il titolo dottore? Per scovare così i franchi tiratori?«Tristissimo film già visto con il tentativo di eleggere Franco Marini. Toccherebbe a chi presiede la seduta porre un freno. Magari leggendo solo il cognome. O invitando le forze politiche a desistere da queste tattiche. Nel mio piccolo come presidente della commissione Bilancio l’ho fatto. Se toccasse alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati mi sentirei ragionevolmente tutelato. Ma se non erro la seduta comune la presiede Roberto Fico. Quindi vabbè».Con il M5s abbiamo notato prove tecniche di intesa con la Lega nell’ultimo cdm. È possibile un accordo per il Quirinale?«Si sono semplicemente stufati di fare sciocchezze e compiacere il Pd pur di non votare anticipatamente. E più la prospettiva del voto anticipato scompare grazie allo scorrere del tempo più mi aspetto isolati gesti di buon senso. Ormai ho perso il conto di tutte le promesse che si sono dovuti rimangiare. A partire dal voto sulle modifiche al trattato del Mes».A proposito del Mes, quando arriverà la ratifica in Parlamento?«Non mi aspetto che venga approvata. E di sicuro non a breve. Non fosse altro perché il Parlamento ha già tante cose da fare. Il calendario è pieno. La commissione Bilancio deve occuparsi del Milleproroghe e quella Finanze della delega fiscale. E con il nuovo inquilino al Quirinale sarà tutto un altro film».Perché?«Il presidente ha poteri molto ampi. A partire dalla nomina di un terzo dei componenti della Corte costituzionale. Sebbene negli ultimi 20 anni il centrodestra si sia a più riprese affermato vincitore nelle elezioni, tutte le aspirazioni di governo e di cambiamento del Paese sono state frustrate proprio a partire dal Quirinale. Solo se abiti sul Colle sei intoccabile. Non certo se stai a Palazzo Chigi. O al Viminale. Ne sa qualcosa Salvini che da ministro deve rispondere dell’accusa di sequestro di persona».Il centrodestra ritroverà compattezza solo sul Colle?«In realtà arriverà un momento chiarificatore e purificatore. Le elezioni. Ma sarà importante arrivarci con un nuovo inquilino al Quirinale. È un momento di svolta o se vogliamo un’opportunità, ecco».Nel frattempo il governo continua a inventarsi una restrizione al giorno. Non si fa in tempo a misurare l’impatto dell’ultima misura che si profila una nuova cabina di regia con misure ancor più dure.«La parola d’ordine è fallimento. Fin dall’inizio della pandemia lo schema è sempre lo stesso. Inventarsi ogni giorno una nuova tortura (dal lockdown al green pass per finire agli obblighi di vaccinazione sempre più espliciti) salvo scoprire che l’impatto sulla circolazione del virus è assolutamente ininfluente. E la cosa meravigliosa è che non devi praticamente rendere conto a nessuno di questo fallimento. Prendiamo l’esempio del green pass. Ne è stato approvato l’utilizzo in via estensiva sul luogo di lavoro nel momento in cui i contagi veleggiavano sui 2.000 al giorno. Oggi che siamo a 150.000 al giorno piuttosto che prendere atto del fallimento se ne invoca una dose maggiore. È comodo governare così. E solo dopo che i contagi avranno iniziato a diminuire si darà il merito a queste misure, salvo verificare che i contagi hanno ovunque le stesse dinamiche. Anche laddove non si sono minimamente sognati di entrare a gamba tesa sulla libertà delle persone. Discriminando e creando categorie di diritti più diritti di altri che possono essere sacrificati».Lei si è battuto in solitaria o quasi anche dentro al suo partito. Rimane un po’ di amarezza?«In solitaria non direi, in tanti la pensano come me. Questa faccenda avrebbe dovuto essere gestita dall’inizio come una questione etica e tutti i voti avrebbero dovuto essere fatti in libertà di coscienza, comunque Salvini è il primo a non amare gli obblighi».Ha mai avuto la tentazione di gettare la spugna? Magari lasciando il partito?«La spugna ho dovuto ahimè gettarla nel momento in cui in Parlamento mi sono trovato sconfitto anche in un voto a scrutinio segreto contro la prima versione del green pass con uno scarto che non lasciava adito a discussioni per un emendamento che avrebbe esentato i minorenni. Di fronte a tutto questo oltre a ribadire il tuo dissenso non è che puoi fare molto altro. Anche volendo trovare un gesto eclatante… Cosa faccio? Non posso dimettermi da un governo di cui non sono né ministro né sottosegretario! E non posso rimproverare niente al partito che non mi ha mai obbligato a nulla».Se il green pass è stato un fallimento ci vuole più green pass…«È esattamente lo stesso tipo di dibattito che viene alimentato da anni in economia. L’euro e l’austerità sono stati un fallimento? Ci vogliono più Europa e più austerità. In questo tipo di dibattito il piddino medio si trova a meraviglia. Non è quindi affatto sorprendente veder ripetere lo stesso schema».Fra Draghi e Giuseppe Conte almeno in economia troviamo delle differenze?«Direi di no al momento».Ci sono però le regole europee da scrivere.«Esiste un solo motivo per cui io personalmente mi sono ritrovato a digerire questa esperienza del governo Draghi. La modifica del Patto di stabilità. Sia chiaro, non mi facevo particolari illusioni sul fatto che saremmo riusciti a riscrivere queste regole. Ma se vi era una possibilità su 100, questo poteva accadere solo appoggiando il governo Draghi sperando che replicasse quanto era riuscito a fare in Bce ovvero mettere in minoranza la Germania».Che ora cerca l’asse con Parigi.«Appunto, la cosa di per sé ha senso. Molto meno se si pensa di farlo stando al Quirinale. Se Draghi ha qualche carta da giocare può farlo come premier agli Eurosummit, non certo dal Quirinale. Per questo trovo la fretta di traslocare nel migliore dei casi incomprensibile. Altrimenti non è un bel segnale».Qualcuno teme che Draghi da presidente della Repubblica possa ridimensionare il ruolo del premier. Del resto già da premier ha contribuito all’umiliazione del Parlamento nell’approvazione della manovra.«Ah qui dissento. Draghi non ha nessuna responsabilità. La manovra viene scritta dal governo ma il Parlamento ha modo, se vuole, di riscriverla, o quanto meno di rileggerla bene. Dipende tutto dalle Camere e questa assemblea ha deciso di farsi infliggere l’umiliazione».Come dovrebbe funzionare la dinamica parlamentare?«Le commissioni Bilancio di Camera o Senato devono esaminare la legge di bilancio con attenzione. Al presidente spetta il compito di garantire che questa discussione avvenga in maniera seria ammettendo o non ammettendo gli emendamenti. Camera o Senato approvano. Tutto viene trasferito all’altro ramo. Se vi sono modifiche, si torna in terza lettura alla Camera di partenza. Come nel 2018».Un esempio di esame serio degli emendamenti?«Da presidente della commissione Bilancio ho dovuto dire no a un emendamento presentato dal governo riguardante l’assunzione di due nuovi dipendenti all’Accademia della crusca. Cosa c’entra tutto questo con la legge di bilancio? Si dovrebbe discutere per macro aggregati, non su singoli micro interventi che ciascun parlamentare propone per il suo collegio. Non stiamo più parlando di milioni di euro. Ma di migliaia. Nemmeno più legge mancia, se mai mancetta».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)