
Nigeriano in cella per violenza esce per buona condotta. Abusa di una donna e va nel Cpr, il medico lo libera e lui sevizia la terza.L’arresto per la terza aggressione sessuale in sette anni ha permesso di ricostruire l’escalation del sex offender che da clandestino è riuscito a dribblare tutte le norme sull’immigrazione irregolare e a restare in Italia, anche grazie a un certificato medico della Asl, nonostante arresti e condanne.Ieri, mentre era già detenuto nel carcere di Velletri, gli è stata notificata un’altra ordinanza di custodia cautelare. Valentine Omwanta, 32 anni, nigeriano, da quando è approdato con un barcone a Lampedusa, il 29 ottobre 2015, ha conquistato tre accuse per violenza sessuale e due per rapina. E tra un’accusa e l’altra, trasferendosi di città in città, è sempre riuscito a infilarsi tra le larghe maglie legislative che l’hanno lasciato libero di continuare ad aggredire donne italiane. Sempre con lo stesso modus operandi. Dopo essersi allontanato da un centro d’accoglienza e mentre era in attesa del nulla osta da rifugiato, il 31 maggio 2016, ovvero sette mesi dopo lo sbarco, rapina, picchia e tenta di stuprare una donna a Valderice, in provincia di Trapani. L’aggredisce alle spalle e non le lascia scampo.Viene arrestato due mesi dopo (luglio 2016) e condannato nel 2017 a 7 anni e 1.800 euro di multa optando per il rito abbreviato e incassando quindi anche lo sconto di un terzo della pena. In carcere, a Siracusa, si comporta da detenuto modello e riesce quindi a uscire in anticipo dall’istituto di pena. Dalla notifica della sentenza definitiva riesce a ottenere 90 giorni di sconto per ogni anno di detenzione. E, sebbene sarebbe dovuto uscire nel luglio 2023, nel marzo 2022 è già fuori. All’uscita il questore emette un decreto di allontanamento entro 30 giorni dal territorio italiano. Lui se ne infischia. Straccia il decreto e si trasferisce a Roma. È irregolare, già condannato ed espulso, ma è libero di aggirarsi.Il 30 settembre 2022 ci ricasca. In via Massaia, quartiere romano della Garbatella, aggredisce alle spalle una donna che sta cercando di entrare nella sua auto. Le stringe la gola, la schiaccia contro il freno a mano e le frattura lo sterno. Una volta immobilizzata abusa di lei, la rapina e fugge. Dell’aggressore, in quel momento, si sa solo che è straniero, possente e molto scaltro. Il 28 novembre 2022, ovvero due mesi dopo, gli agenti del commissariato di San Basilio gli controllano i documenti. Risulta irregolare, pregiudicato, senza fissa dimora e colpito da provvedimento di espulsione non ottemperato. Il commissariato avvia la procedura di restrizione in un Cpr per la sua espulsione. E qui accade qualcosa di clamoroso. Sottoposto, come da prassi, a visita medica, l’Asl certifica che le sue condizioni psico-fisiche non sono compatibili con il trattenimento in una struttura come quella per i rimpatri e in un batter d’occhio è fuori.Il questore di Roma, però, il 29 novembre gli notifica un secondo ordine di lasciare il territorio nazionale. E Omwanta lo usa per un ricorso al giudice di pace nel quale sostiene di avere intenzione di reiterare la richiesta di protezione internazionale. Sa di non avere speranze, ma conosce i tempi di risposta della giustizia italiana e quello è un modo per prendere tempo. A quel punto si trasferisce di nuovo: lascia Roma per Anzio. Anche qui non ha una dimora e vive chiedendo l’elemosina davanti ai supermercati. Il 12 maggio 2023, sei mesi dopo il secondo decreto d’espulsione, la scena si ripete sempre nello stesso modo. In un luogo isolato e solitamente frequentato da spacciatori stranieri, all’ingresso della città, aggredisce alle spalle una diciottenne che stava rincasando, la trascina in un casolare abbandonato, la fa inginocchiare, la lega e la stupra. Poi scappa e fa perdere le sue tracce.Come dopo gli altri due casi di violenza cambia città e si sposta ad Aprilia. Due mesi dopo gli investigatori lo rintracciano e lo arrestano. Hanno il suo Dna e Omwanta non riesce a trovare un modo per farla franca. Davanti al gip confessa, sostenendo di non ricordare nulla perché era ubriaco: «Avevo bevuto tanto, birra, vino, whisky e non ricordo nulla di quella sera, ma sono dispiaciuto». L’arresto viene convalidato e finisce prima in carcere a Latina, poi a Velletri. Nel corso delle indagini, però, emergono tutte le analogie con lo stupro alla Garbatella e gli inquirenti si insospettiscono. La polizia scientifica compara il Dna e tutto sembra combaciare. Un’informativa della Squadra mobile ricostruisce dinamiche e spostamenti del nigeriano, ritenendo, in conclusione, attribuibile a lui anche l’aggressione alla Garbatella.La Procura, valutando gli indizi concordanti e precisi, chiede l’arresto e il gip firma l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per violenza sessuale aggravata e rapina. Ora Omwanta attende il suo interrogatorio di garanzia. Mentre la richiesta di protezione internazionale non è ancora definita. Ma, soprattutto, l’inespellibile Omwanta potrebbe restare ancora in Italia fino alla fine della detenzione cautelare e per tutta la durata dei processi. Un record.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






