2022-08-06
La Cirinnà reclama i soldi del cane: «Erano in casa mia e mi spettano»
La senatrice del Pd rivendica i 24.000 euro scoperti l’estate scorsa in una cuccia nella residenza a Capalbio: «Farò beneficenza». Ma il giudice la delude: al denaro ha diritto pure chi lo trovò. E per ora resta sequestrato.E al cane chi ci pensa? Non avrebbe diritto lui, il pastore maremmano Orso, a quei 24.000 euro ritrovati nella sua cuccia, domiciliata nella parca residenza capalbiese dei coniugi piddini Monica Cirinnà ed Esterino Montino? E invece no, è la senatrice animalista del Pd a volerli indietro; ha presentato istanza per ottenere la restituzione della somma, ma il giudice l’ha respinta.È passato ormai un anno dal ritrovamento delle 48 banconote da 500 euro, legate con degli elastici e occultate tra tegole e assi di legno di una cuccia all’interno della villa di Capalbio della famiglia Cirinnà-Montino. Era stato il giallo-gossip dell’estate, condito dalle geremiadi di Cirinnà, che non si capacitava della «pesante gogna» scatenata contro di lei, dei meme sul cane con la cuccia imbottita di «viola» (il colore delle banconote da 500 euro) e delle vignette di Osho. «Quell’estate non sono più andata in spiaggia», e già son problemi di una certa rilevanza, «ho preso il sole in giardino fino a tutto agosto». Una sciagura insomma, anche perché la senatrice ha dovuto chiamare i carabinieri perché qualcuno le aveva citofonato mentre era «in costume e pareo»: la tragedia si consumava sotto il solleone mentre gli italiani, fortunati, il sole lo prendevano al mare, uno sopra l’altro. Lei invece si ritrovava nella tenuta agricola CapalBio Fattoria a farsi le lavatrici da sola perché abbandonata anche dalla servitù di nazionalità filippina, servitù «ingrata» perché la aveva lasciata nonostante fosse «in regola con tutti i contributi» (come noto, per i dem i diritti acquisiti sono in realtà gentili concessioni verso le quali bisogna mostrare gratitudine).Certo, rimaneva il giallo, quello della somma ritrovata e segnalata dal figlio della coppia, Fabio, insieme con l’operaio Fabio Rosati: secondo Cirinnà quei 24.000 euro erano forse stati raccolti per pagare una nuova partita di droga, dato che «vicino alla mia azienda c’è un bosco dove i carabinieri durante il lockdown hanno messo a segno una retata di spacciatori nordafricani», aveva dichiarato a Repubblica. I nordafricani, il lockdown di un anno prima, le «viola»: per fortuna la giustizia è stata veloce. Mentre gli altri cittadini «perbene», come si autodefiniva Cirinnà, restano appesi per decenni a processi per truffe di cui sono stati vittime perdendo tutti i loro averi, qui c’era da fare in fretta: ne andava della reputazione della senatrice democratica. In sette mesi la Procura di Grosseto ha chiesto l’archiviazione: «nessun reato» da parte della ditta Cirinnà-Montino che, anzi, è stata riconosciuta parte lesa della vicenda. Talmente lesa che oggi Cirinnà vuole che quei soldi le siano restituiti: «Erano nella mia proprietà, dunque sono miei», rivela Il Messaggero raccontando dell’improbabile pretesa della dem di avere indietro soldi non suoi. Il 4 maggio - scrive il quotidiano romano - l’avvocato della senatrice Pd, Giovanni Gori, ha chiesto al gip di «disporre la restituzione» del denaro rinvenuto all’interno della sua proprietà, facendo dunque opposizione alla richiesta di confisca avanzata dal pm. La richiesta è stata reiterata il 6 giugno. Ma se «restituire» sul dizionario equivale a «ridare, riconsegnare una cosa avuta in prestito, in consegna o in dono, o anche presa arbitrariamente», a quale di queste condizioni si riferisce precisamente l’avvocato di Monica Cirinnà nella sua istanza? E a quale titolo, giuridico ma anche solamente di buon gusto, Cirinnà richiede indietro soldi che non le appartengono? Nell’istanza, gli avvocati hanno fatto riferimento all’articolo 932 del Codice Civile, secondo il quale «il tesoro, inteso come qualunque cosa mobile di pregio di cui nessuno può provare d’essere proprietario, appartiene al proprietario del fondo in cui si trova». La richiesta di Cirinnà non può però essere accolta, perché «opera in questo caso la disciplina delle cose ritrovate». Come spiega il giudice nel provvedimento del 20 giugno, anche se si fosse trattato del ritrovamento di un tesoro, «esso spetta solo per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore: in questo caso, a Fabio Montino e all’operaio Fabio Rosati, per la quota di un quarto ciascuno». Quindi le banconote restano sotto sequestro. Ora il togato dovrà risolvere la questione della spartizione, anche perché - coup de théâtre - l’operaio in sede di udienza non ha rinunciato alla sua parte.Cirinnà non si dà pace: «Quei soldi mi servono per aiutare il Centro antiviolenza Olympia de Gouges, che da anni contrasta la violenza contro le donne nella zona di Grosseto». È questa, la dimensione antropologica, prima ancora che politica, dei dem: si fa beneficenza, ma con i soldi degli altri, che siano gli italiani o «i nordafricani», chissà. Forse perché a casa non ce ne sono: i «soli» 20.000 euro al mese di stipendio da parlamentare, oltre al compenso da sindaco di Fiumicino del marito Esterino Montino, evidentemente bastano appena a coprire le spese di ristrutturazione della cuccia di Orso. E magari una generosa beneficenza in campagna elettorale può sempre tornare utile.
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