Dopo l’invasione dell’Ucraina, le banche centrali hanno iniziato a comprare il metallo giallo. Ora, per lo sblocco di 185 miliardi di asset di Mosca congelati, per Jefferies si crea un precedente che mette il turbo all’accumulo di «preziosi», che toccano i record.
L’oro e l’argento ci parlano da sempre. Sono metalli, preziosi. Sembra che siano lì a brillare e basta. In realtà indicano la strada a tutti gli investitori. Non a caso il mercato del metallo giallo è il più grande al mondo, più di Wall Street. Circa 30mila miliardi di dollari. Però è soprattutto la “plata” a essere un’autentica cartina di tornasole geopolitico-finanziaria.
L’argento è ai massimi storici a oltre 60 dollari l’oncia superando i fasti del 1979 o del 2011. Oltre 45 anni fa l’inflazione fuori controllo, la crisi degli ostaggi in Iran e l’invasione sovietica dell’Afghanistan spinsero il prezzo dell’oro a triplicare, mentre l’argento salì addirittura di sette volte. Dopo quel picco, entrambi i metalli entrarono in una lunga fase di declino, interrotta solo dalla sequenza di crisi finanziarie iniziata con il crollo del mercato immobiliare statunitense nel 2007, proseguita con il fallimento di Lehman Brothers nel 2008 e culminata nella crisi del debito europeo tra il 2010 e il 2012. In quel periodo l’oro raddoppiò, mentre l’argento quasi quadruplicò.
A differenza dei grandi rally del passato, l’ultimo anno non è stato caratterizzato da eventi catastrofici paragonabili. E allora perché un rally dei «preziosi»? Parte della spiegazione risiede nelle preoccupazioni degli investitori per una possibile pressione politica sulla Federal Reserve, che potrebbe tradursi in inflazione più elevata con tassi più bassi, uno scenario tradizionalmente favorevole ai metalli preziosi. Un’altra parte deriva dagli acquisti di oro da parte delle banche centrali, impegnate a ridurre la dipendenza dal dollaro. Oggi il metallo giallo rappresenta circa il 20% delle riserve ufficiali globali, superando l’euro (16%). Il congelamento delle riserve russe dopo l’invasione dell’Ucraina ha incrinato la fiducia nel dollaro come valuta di riserva, rafforzando l’attrattiva dell’oro e, per effetto di contagio, anche dell’argento.
Lo sblocco di 185 miliardi di euro di asset russi congelati sta già producendo effetti profondi sull’architettura finanziaria globale e sulla gestione delle riserve da parte delle banche centrali. Secondo Jefferies, il dibattito sulla possibile monetizzazione di queste riserve rappresenta un precedente di portata storica e costituisce uno dei principali motori dell’accelerazione degli acquisti di oro da parte delle banche centrali, iniziata nel 2022.
Il problema è innanzitutto di fiducia. Per i mercati globali il segnale è già stato colto. Il congelamento delle riserve russe nel 2022 è stato il “trigger” - lo stimolo - che ha spinto molti Paesi, soprattutto al di fuori del G7, a interrogarsi sulla sicurezza delle proprie attività denominate in valute occidentali. La risposta è stata un accumulo senza precedenti di oro. I dati del World Gold Council mostrano che tra il terzo trimestre del 2022 e il secondo del 2025 le banche centrali hanno acquistato 3.394 tonnellate di metallo prezioso, con tre anni consecutivi oltre la soglia delle 1.000 tonnellate.
Questo movimento strutturale si è intrecciato con altri fattori macroeconomici che hanno sostenuto una spettacolare corsa dell’oro. Tra il 2024 e il 2025 i prezzi sono raddoppiati, spinti dagli acquisti ufficiali, dai tagli dei tassi della Federal Reserve, da un dollaro più debole, dai dubbi sull’indipendenza della banca centrale statunitense e dal ritorno massiccio degli investitori negli Etf.
Altro fattore scatenante di oro e argento è il debito. Quello globale sfiora ormai la soglia dei 346mila miliardi di dollari, segnala l’Institute of International Finance (IIF), che nel suo ultimo rapporto evidenzia come, a fine settembre, l’indebitamento complessivo abbia raggiunto i 345,7 trilioni, pari a circa il 310% del Pil mondiale. Secondo l’IIF, «la maggior parte dell’aumento complessivo è arrivato dai mercati sviluppati, dove l’ammontare del debito ha segnato un un rapido aumento quest’anno».
Più debito e più sfiducia sulle regole finanziarie portano alla fuga però dai titoli di Stato, come emerge dai rendimenti. Quelli dei bond pubblici globali a 10 anni e oltre sono balzati al 3,9%, il livello più alto dal 2009. I rendimenti obbligazionari mondiali (gli interessi che si pagano) sono ora 5,6 volte superiori al minimo registrato durante la pandemia del 2020. Trainano il rialzo le principali economie, tra cui Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Canada, Germania e Australia. Per dire, il rendimento dei titoli di Stato tedeschi a 30 anni è salito al 3,46%, il livello più alto da luglio 2011. Quando l’argento toccò un picco.
L'era del denaro a basso costo per i governi sembra finita. Vediamo come finisce questa corsa del «silver» e del «gold».
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E’ una di quelle ricette scomparse dai ristoranti insieme ai brasati, al polpettone, alla pasta e ceci, alla zuppa di verdura o di cipolle, alla stracciatella o alla zuppa pavese come il rognone in padella o le animelle fritte; fa parte di quel campionario di sapori tradizionali che non si capisce perché sia stato obliato però deve tornare di appetitosa attualità dopo il riconoscimento – vivaddio! – della cucina italiana quale patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco.
Il riconoscimento è dato alla tradizione gastronomica e lo sformato è l’emblema della nostra tradizione. Quello di cavolfiore poi è spettacolare: morbido, opimo, si presta a mille farciture e diventa piatto unico, perfetto piatto di mezzo, emblema della convivialità e della festa ed essendo il cavolfiore verdura d’inverno fa subito avvento!
Ingredienti – Un cavolfiore di 800 gr, 150 gr di prosciutto cotto, una scamorza bianca, 300 ml di latte, 120 gr di farina e 180 gr di Parmigiano Reggiano o Grana Padano grattugiati, 120 gr di burro di primo affioramento, 8 cucchiai di pangrattato, un uovo, noce moscata, sale e pepe qb.
Procedimento – Dividete il cavolfiore in tante cimette e lassatelo in abbondante acqua non salata. Scolatelo quando è morbido, ma non disfatto e mettetelo in un colino a perdere tutta l’acqua. Nel frattempo fate fondere ¾ del burro in un pentolino, quando si è sciolto aggiungete la farina e fate un roux (cioè fate assorbire sempre rigirando il burro dalla farina facendo in modo che si stacchi dalle pareti del pentolino). Ora aggiungete il latte tiepido e sempre girando con una frusta in modo che non si formino grumi aggiustate di sale, di pepe e di abbondante noce moscata. Appena vedete che la besciamella si addensa aggiungete ¾ del formaggio grattugiato e fuori fuoco sempre girando aggiungete l’uovo. Fate a dadolini la scamorza, fate a listarelle il prosciutto cotto e amalgamateli al cavolo lesso che avrete tritato abbastanza finemente, ora fate assorbire al composto la besciamella. Imburrate ben bene una teglia da forno, cospargetela di pangrattato e sistematevi pressandolo un po’ il composto di cavolfiore. Sistemate in superfice altro pangrattato e il formaggio rimasto e infornate a 180/190° per una ventina di minuti e poi passate al grill per altri cinque minuti e servite.
Come fa divertire i bambini – Date a loro il compito di amalgamare l’impasto.
Abbinamento – Noi abbiamo scelto un Sauvignon del Collio, vanno benissimo tutti i bianchi aromatici. Se volete optare per un rosso scegliete vini profumati e non marcatamente tannici: Cerasuolo di Vittoria, Pere e’ Palummo, Lacrima di Morro d’Alba, un esuberante Lambrusco o una Bonarda dell’ Oltrepò.
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Ansa
Truppe mandate per rafforzare il confine con Minsk. Odessa al buio dopo i raid russi.
La Germania si prepara a rafforzare il fianco orientale della Nato con un nuovo dispiegamento militare in Polonia. A partire da aprile 2026, soldati tedeschi prenderanno parte all’operazione polacca «Scudo Orientale», avviata nel maggio 2024 lungo il confine con la Bielorussia e con l’enclave russa di Kaliningrad. L’obiettivo è contribuire alla messa in sicurezza di una delle aree considerate più sensibili dell’Europa orientale. La notizia è stata riportata dal quotidiano Bild che cita fonti del ministero della Difesa di Berlino.
Secondo quanto riferito, i militari della Bundeswehr saranno impiegati principalmente in attività di ingegneria militare. Un portavoce del dicastero ha spiegato che il loro compito consisterà in «attività di ingegneria», che potrebbero includere «la costruzione di fortificazioni, lo scavo di trincee, la posa di filo spinato o la costruzione di barriere anticarro». Sempre secondo il ministero, il dispiegamento non richiederà però un mandato parlamentare, poiché «non vi è alcun pericolo immediato per i soldati legato a un conflitto militare».
Ma se il pericolo non c’è allora perché inviarli oltretutto senza passare dal Parlamento? Il rafforzamento delle difese lungo il confine orientale dell’Alleanza si inserisce in un contesto segnato dal protrarsi della guerra in Ucraina e dall’intensificarsi delle operazioni militari russe sul terreno. Secondo un rapporto analitico dell’intelligence britannica datato 13 dicembre, rilanciato da Rbc, le forze russe stanno tentando di avanzare nell’area di Siversk, nella regione di Donetsk, approfittando delle difficili condizioni meteorologiche. Londra smentisce però le dichiarazioni di Mosca sul controllo totale della città. Gli analisti ritengono che reparti russi siano riusciti a infiltrarsi nella zona centrale sfruttando la nebbia, mentre le Forze di difesa ucraine continuano a presidiare i quartieri occidentali, a conferma che i combattimenti sono ancora in corso anche se la città risulta ormai in gran parte perduta e per tentare di riconquistarla sarebbero necessarie nuove riserve. L’intelligence britannica sottolinea inoltre come Siversk rappresenti da tempo un obiettivo strategico per Mosca. Il controllo della città, spiegano gli analisti, consentirebbe alle forze russe di aprire un corridoio verso centri urbani più grandi e decisivi del Donetsk, come Sloviansk e Kramatorsk, che restano sotto il controllo ucraino. Il rapporto segnala inoltre una capacità limitata delle truppe ucraine di condurre operazioni di raid localizzate nella parte settentrionale di Pokrovsk e sottolinea come le forze russe continuino a subire perdite consistenti lungo l’intera linea del fronte. Secondo le stime di Londra, nel 2025 il numero complessivo di morti e feriti tra le fila russe potrebbe arrivare a circa 395.000 unità.
Sul piano umanitario ed energetico, l’Ucraina sta affrontando le conseguenze degli ultimi attacchi russi contro le infrastrutture elettriche. Dopo i bombardamenti notturni, oltre un milione di utenze sono rimaste senza corrente. Le squadre di emergenza hanno però già avviato gli interventi di ripristino. «Attualmente oltre un milione di utenze sono senza elettricità. Ma le squadre di riparazione, sia di UkrEnergo che degli operatori del sistema di distribuzione, hanno già avviato i lavori di riparazione per garantire la fornitura ai consumatori. Spero che oggi riusciremo a riparare la maggior parte di ciò che è stato interrotto durante la notte», ha dichiarato Vitaliy Zaychenko, presidente del cda dell’operatore pubblico della rete elettrica, citato dall’agenzia statale Ukrinform. Zaychenko ha aggiunto che le situazioni più critiche si registrano nelle regioni di Odessa, Mykolaiv e Kherson, confermando come il conflitto continui a colpire in modo diretto la popolazione civile e le infrastrutture essenziali del Paese.
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Donald Trump (Ansa)
La Casa Bianca sarebbe pronta a fornire a Zelensky garanzie di sicurezza sul modello della Nato. Soluzione proposta a più riprese dal premier, contrario all’invio di militari. Intanto Erdogan, preoccupato per gli attacchi nel Mar Nero, rientra nel risiko ucraino.
C’è il fumo e c’è la sostanza. Il fumo, o addirittura l’aria fritta, sono le truppe che Emmanuel Macron sostiene di voler mandare in Ucraina, per presidiarla. La sostanza è la proposta italiana: garanzie di sicurezza sul modello dell’articolo 5 del Trattato Nato.
Insomma, se di nuovo attaccato, in soccorso del Paese di Volodymyr Zelensky scenderebbero gli Stati membri dell’Alleanza. Probabilmente - come nel caso dell’organizzazione nordatlantica - non ci sarebbero automatismi e sarebbero necessarie prima delle consultazioni politiche. La Russia, però, sarebbe avvisata. E la novità è che anche gli Stati Uniti, benché recalcitranti a impegnarsi per Kiev e per il Vecchio continente, hanno accolto il lodo Meloni.
Axios, citando fonti dell’amministrazione americana, ha scritto che la Casa Bianca sarebbe pronta a dare il suo assenso, sottoponendo comunque l’intesa al voto del Congresso. «Vogliamo offrire agli ucraini», ha dichiarato un funzionario Usa, «una garanzia di sicurezza che non sia un assegno in bianco da un lato, ma che sia sufficientemente solida dall’altro».
La definizione dello scenario postbellico sarebbe uno dei tre accordi da firmare separatamente: uno per la pace, uno per la sicurezza, uno per la ricostruzione. L’esponente dell’esecutivo statunitense considera positivo che, per la prima volta, la nazione aggredita abbia mostrato una visione per il dopoguerra. A dispetto dell’apparente stallo dei negoziati, peraltro, il collaboratore di Donald Trump ha riferito ad Axios che, negli Usa, l’apertura di Zelensky almeno a un referendum sullo status dei territori occupati viene considerata «un progresso». All’America sarebbe stato giurato che gli europei sosterrebbero il capo della resistenza, se decidesse di mandare in porto la consultazione.
Steve Witkoff e Jared Kushner si sarebbero confrontati su piano per creare una zona demilitarizzata a ridosso del fronte, insieme ai consiglieri per la sicurezza di Ucraina, Germania, Francia e Regno Unito. I passi avanti sarebbero stati tali da convincere Trump a spedire il genero e l’inviato speciale in Europa. Entrambi, in vista del vertice di domani, sono attesi oggi a Berlino per dei colloqui con rappresentanti ucraini e tedeschi. Domani, invece, i delegati di The Donald vedranno il cancelliere, Friedrich Merz, Macron e il premier britannico, Keir Starmer. Al summit parteciperanno anche altri leader Ue e Nato, tra cui Giorgia Meloni. Reduce, a questo punto, da un successo politico e diplomatico.
Un’accelerazione delle trattative potrebbe aiutarla a trarsi d’impaccio pure dalle difficoltà interne: i malumori della Lega per il decreto armi e l’intervento a gamba tesa del Colle sulla necessità di sostenere Kiev. La reprimenda di Sergio Mattarella poteva certo essere diretta contro il Carroccio, che infatti ieri ha risposto, con toni insolitamente duri, tramite Paolo Borchia: al capo dello Stato, ha lamentato l’eurodeputato, «piace far politica». A giudicare dai commenti di Matteo Salvini e Claudio Borghi, però, sembra improbabile una crisi della maggioranza. Ma la coincidenza davvero interessante è che l’inquilino del Quirinale ha pronunciato il suo discorso appena dopo il faccia a faccia tra Meloni e Zelensky, cui il nostro premier avrebbe fatto presente l’inevitabilità di «concessioni territoriali dolorose». Ieri è toccato ad Antonio Tajani smentire le presunte pressioni italiane affinché l’Ucraina accetti le condizioni del piano di Trump. «Sui territori», ha precisato il ministro degli Esteri, seguito a ruota da Guido Crosetto, «la decisione è solo degli ucraini». Fatto sta che, pure sull’utilizzo degli asset russi - una partita delicatissima, nella quale nemmeno la posizione della Germania è priva di ambiguità - Roma sta cercando di disinnescare le mine piazzate dalla Commissione europea, che sarebbero di intralcio alla pace.
Chi, intanto, si sta riaffacciando nella veste di mediatore è Recep Tayyip Erdogan. Teme che il Mar Nero, nel quale Ankara mantiene interessi vitali, diventi «un campo di battaglia», come ha detto ieri il Sultano. Non a caso, Kiev ha accusato Mosca di aver colpito un cargo turco che trasportava olio di girasole. Erdogan ha garantito che «la pace non è lontana» ed espresso apprezzamenti per l’iniziativa di The Donald. «Discuteremo il piano anche con il presidente degli Stati Uniti Trump, se possibile», ha annunciato. Con Vladimir Putin, ha aggiunto il presidente, «abbiamo parlato degli sforzi della Turchia per raggiungere la pace. Entrambi riteniamo positivo il tentativo di impostare un dialogo per porre fine al conflitto. Trump si è attivato e noi siamo al suo fianco, i nostri contatti con gli Usa sono continui».
Ieri, sono stati trasferiti in Ucraina quasi tutti i prigionieri liberati dalla Bielorussia in cambio dello stop alle sanzioni statunitensi, compresa l’oppositrice al regime Maria Kolesnikova. Pure questo è un piccolo segnale. Se ne attende qualcuno dall’Europa. Prima che la guerra diventi la sua tragica profezia che si autoavvera.
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