2024-01-04
Batterie, costo del lavoro e sussidi: così la Cina domina le auto elettriche
Pechino sbaraglia la concorrenza europea e americana sui prezzi delle vetture a corrente con il monopolio delle materie prime. Inoltre pesano i ricchi contributi governativi e la paga oraria di un operaio a 3,7 dollari.Il sorpasso della casa automobilistica cinese Byd sulla statunitense Tesla nella vendita di auto elettriche non ha stupito più di tanto gli esperti del settore. Era una notizia annunciata. Anzi, per qualche analista è arrivata anche in ritardo sulle previsioni. D’altronde l’industria cinese opera in condizioni assolutamente vantaggiose, che non hanno eguali nel resto del mondo e che le autorità europee, al di là di annunci di facciata, continuano ad assecondare.L’ultimo rapporto di Jato Dynamics, EV price gap: A divide in the global automotive industry, fotografa le cause del divario nella transizione verso l’elettrico a favore delle case automobilistiche cinesi. Innanzitutto i prezzi competitivi. In circa nove anni il made in China è riuscito a invertire una tendenza nei listini che lo poneva in una situazione di svantaggio. Come ricostruisce il report, nel 2015 il prezzo medio delle auto elettriche in Cina era tra il 26% e il 37% superiore a quello dei nuovi veicoli circolanti in Europa e negli Stati Uniti. Poi, però, la curva si è invertita con una accelerazione che ha portato nella prima metà del 2023 a un prezzo medio delle auto alla spina in Cina di 31.165 euro contro i 66.864 euro dell’Europa e i 68.023 euro degli Stati Uniti. Il crollo dei listini è avvenuto tra il 2017 e il 2019, cioè quando in circa tre anni, il prezzo medio è passato da 50.000 a circa 30.000 euro mentre in Europa si era oltre i 60.000 euro per poi «scendere» a oltre 50.000 euro.Per l’auto elettrica più economica, in Europa, bisogna spendere tra i 20.000 e i 25.000 euro. Renault ha presentato la nuova Twingo elettrica che sarà proposta a un prezzo di partenza di poco inferiore ai 20.000 euro mentre la versione base della Citroen e-C3, in arrivo nel secondo trimestre dell’anno, costerà 23.900 euro. Tra le auto a minor prezzo in arrivo nel 2024 c’è anche la nuova Panda elettrica. La Tesla Model 2 da 25.000 dollari, si vedrà non prima del 2025.Ma queste, anche se più a buon mercato rispetto alle altre a batteria, sono pur sempre di gran lunga più costose di quelle a combustione di gamma popolare. Secondo il ceo di General Motors, Mary Barra, le elettriche non potranno diventare di massa, cioè con prezzi bassi, prima del 2030. Vendere ora a listini inferiori significherebbe, per le aziende costruttrici, rischiare il fallimento. Un’opinione condivisa dal ceo di Ford, Jim Farley, che, parlando con gli investitori, ha affermato che le vetture elettriche continueranno a essere più costose delle endotermiche per tutto il decennio. I costi di distribuzione potrebbero scendere con l’aumento delle vendite online. Ma non basta.La svolta è legata all’onere dei sistemi di accumulo. Finché le batterie saranno monopolio dei cinesi che ne determinano il prezzo, sarà difficile comprimere i listini. Pechino, inoltre, controlla gran parte delle attività estrattive dei minerali fondamentali per la produzione delle batterie, come il litio o il cobalto: secondo S&P, ha in mano il 70% delle miniere di cobalto del Congo, che ospita circa il 50% delle riserve di questa materia prima sul pianeta. L’Europa era a conoscenza del problema già prima dell’adozione delle politiche di transizione green eppure ha fissato scadenze ravvicinate per la decarbonizzazione e ha aperto alle auto cinesi. Un documento interno per i leader europei, preparato dalla presidenza spagnola dell’Unione europea a ottobre scorso, ha invocato «misure forti entro il 2030» per evitare la dipendenza dalla Cina. Al momento non si è visto nulla.Pechino procede a marce forzate. L’elettrica in Cina più economica costa l’8% in meno di quella endotermica più a buon mercato. I veicoli d’oltre Muraglia competono anche per qualità e potenza. Sono in grado di offrire motori con 200-300 cavalli a un prezzo medio di 30.500 euro. Inoltre, con 170 marchi, sono presenti in tutti i segmenti per soddisfare le diverse esigenze mentre le industrie europea, americana, giapponese e coreana sono più concentrate sulle vetture premium.Oltre al monopolio delle batterie e delle materie prime, il vantaggio è assicurato da altri due fattori irripetibili in Occidente: costo del lavoro molto basso e sussidi governativi generosi. A Pechino il salario minimo orario è di 3,7 dollari ed è il più alto in Cina. Non va dimenticata, poi, la politica di sostegno all’industria automobilistica. Con il New energy vehicle industry development plan che segue il Piano industriale per il periodo 2012-2020, Pechino punta ad avere entro il 2035 un forte posizionamento internazionale sulle nuove tecnologie dei veicoli elettrici.Non solo strategie ma anche finanziamenti: tra il 2016 e il 2022 sono state distribuite sovvenzioni per un totale di 57 miliardi di dollari. A fronte di questo Bruxelles urla alla luna. Il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato a settembre scorso l’avvio di un’indagine antidumping sulle auto cinesi ma prima del vertice di Pechino del 7 e 8 dicembre, aveva già cominciato a dire che durerà «almeno 13 mesi». Servirà a qualcosa? Non si sa. Intanto i cinesi corrono.
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)
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