2025-04-24
Auto, porti e produzione energetica. Continua la marcia di Pechino sull’Ue
Automobili Byd pronte per l'export (Getty Images)
Mentre Byd «ruba» i migliori manager a Stellantis per conquistare i mercati di Germania e Spagna, Huawei sigla un’intesa in Italia sulle batterie. Intanto va avanti la manovra asiatica sugli scali pugliesi.Mentre Washington e Pechino fanno prove di disgelo commerciale, la Cina guarda avanti e continua imperterrita nella sua lunga e costante opera di penetrazione nei gangli vitali dell’economia mondiale. L’Europa per mille motivi è uno dei bersagli preferiti e l’Italia tra gli obiettivi strategici più apprezzati. Si parte dal mercato dell’auto e si arriva fino all’energia, alla logistica e ai marchi storici. Iniziamo dalle quattro ruote. Byd, la regina delle vetture elettriche asiatiche, che negli ultimi mesi ha superato Tesla per vendite e ricavi complessivi ha messo la «conquista» del Vecchio continente in testa al suo piano di espansione. Il programma procede anche abbastanza spedito ma sembra che la casa fondata da Wang Chuanfu non sia soddisfatta dell’evoluzione. Si può fare di più. Il nuovo imperativo è accaparrarsi, senza badare a spese, i migliori dirigenti e manager del settore per poi espandersi tra i concessionari d’auto. E soprattutto puntare sulle ibride plug-in. La linea, secondo quanto riporta Reuters, l’ha dettata il consulente speciale di Byd per l’Europa, l’ex braccio destro di Marchionne ai tempi di Fca, Alfredo Altavilla. «Wang Chuanfu», ha sottolineato il manager, «ha subito recepito e trasmesso il messaggio agli ingegneri di Byd. Bisogna prima educare i clienti alla transizione ecologica». Insomma, anche se il core business della casa di Shenzhen è l’elettrico non bisogna incorrere nell’errore di molti competitor europei che, probabilmente anche per «accontentare» gli input di Bruxelles, si sono gettati anima corpo nel business dei veicoli a batteria subendo un tracollo delle vendite. I passi vanno fatti in modo graduale. Così come va portata avanti in modo graduale la campagna acquisti per accaparrarsi i migliori dirigenti del settore. La stessa Reuters ricorda come Maria Grazia Davino, Alessandro Grosso e Alberto De Aza siano stati «rubati» a Stellantis (promettendo loro aumenti di stipendi e prospettive di carriera) con l’obiettivo di guadagnare quote di mercato in Paesi chiave come Germania, Italia e Spagna. Del resto Byd ha urgenza di crescere in Europa. Le vendite in Cina sono arrivate a livelli record (aumentate di sette volte dal 2020) e vanno poste il prima possibile le condizioni per espandersi altrove. Ma se le mire di Byd - da ricordare che il primo sito europeo, in Ungheria, dovrebbe iniziare la produzione entro la fine dell’anno - non fanno più notizia, desta più attenzione il recente accordo tra Huawei (Huawei Digital Power) e la società piemontese Albasolar. Per almeno un paio di motivi. Il primo è che l’intesa, come evidenzia Il Sole 24 Ore, porterà alla costruzione del più grande impianto industriale a batteria d’Italia, un sistema di autoproduzione dell’energia destinata alle piccole e medie imprese. La seconda è la natura dell’accordo più tecnologica che commerciale. Insomma, un’intesa strategica con uno dei grandi nemici degli Stati Uniti. Il colosso cinese, leader nel settore delle telecomunicazioni e nota per la produzione di apparecchiature per reti, dispositivi mobili e soluzioni tecnologiche avanzate, che secondo le ultime amministrazioni Usa (non solo Trump ma anche Biden) con le sue infrastrutture avrebbe consentito al governo cinese di spiare o sabotare siti strategici in tutto il mondo. E poi ci sono i porti l’altra ossessione di Pechino. La Verità ha scritto a più riprese di quello che sta succedendo in Puglia e dei tentativi cinesi di mettere le mani su alcuni scali strategici del Mezzogiorno. Così come sembra che Pechino sia rimasta spiazzata dall’affare che ha coinvolto il fondo Usa Blackrock e l’armatore italiano Gianluigi Aponte nell’acquisto dalla cinese CK Hutchison della maggioranza dei porti su entrambi i lati del Canale di Panama. Operazione da 22,8 miliardi di dollari che porterà la famiglia Aponte a diventare uno dei maggiori operatori portuali del mondo, oltre che il secondo armatore globale (dopo Maersk). Ma non è questo che inquieta Xi Jinping quanto il fatto che dei porti strategici finiscano sotto la proprietà americana. Intanto, per non sbagliare, Pechino continua a fare incetta di marchi storici. L’ultimo è Bialetti, lo storico marchio di caffettiere passato al fondo Nuo, controllato dalla famiglia cinese Pao-Cheng. Questo per dire che dazi o non dazi, la Cina continua nella sua opera di penetrazione nell’economia del Vecchio continente e non solo. Senza che i vantaggi competitivi derivanti da anni di dumping su diritti e regole base della democrazia le vengano quasi mai messi nel conto.
Jose Mourinho (Getty Images)