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Parole Testarde | Dostoevskij contro il green pass

La prima puntata di «Parole testarde» scomoda un monumento, I demoni di Dostoevskij. Come nelle prossime tappe, andrà alla (ri)scoperta di uno o più testi - presi dalla letteratura, dalla canzone, dai discorsi, dai cartoni animati - che hanno conservato con testardaggine un giudizio chiaro, e dato con anticipo, sulla realtà presente. Si comincia con il capolavoro russo: la storia e il peso sono tali da sconsigliare qualunque discorso generale. La puntata si limita a un frammento, molto utile per illuminare gli anni del Covid, delle restrizioni e dello strano rapporto che la politica e la scienza hanno detto di aver stretto per il nostro bene. Nel brano lo studente Satov, uno dei protagonisti del terribile racconto, è a tu per tu con Stavrogin, il grande nichilista dei Demoni. Satov gli rinfaccia una vecchia lezione sulla «semiscienza» (il termine originale è polunauka, e polu significa «mezzo»: un’importante traduzione inglese usa l’espressione «mezze verità della scienza»). Questa semiscienza «il flagello più terribile dell’umanità, peggiore della peste, della fame e della guerra», un «despota come fino ad oggi non ce n’erano ancora stati mai», con «i suoi sacerdoti e i suoi schiavi, dinanzi al quale tutti si sono inchinati», e «dinanzi al quale trema e a cui indulge vergognosamente la scienza stessa». Ecco che, quasi 150 anni prima dello sconvolgente biennio della pandemia, ci appaiono tra le pagine i volti delle virostar, dei tecnici e dei ministri che dicevano loro cosa fare per avere l’ok della «scienza». O della semiscienza e dei suoi demoni.

Dal Golfo di Guinea alla Somalia è tornata la minaccia dei pirati
Getty Images
  • Gli attacchi a navi e petroliere sono sempre meno occasionali. E i criminali ora si spingono fino a 700 miglia dalla terraferma, come in passato. Gli Stati della regione non riescono a garantire la sicurezza dei commerci.
  • L’esperto di intelligence Stefano Ràkos: «La Marina indiana mantiene ancora una presenza nell’area, però difende soprattutto i connazionali».

Lo speciale contiene due articoli.

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(Ansa/Arma dei Carabinieri)

Misure per 21 persone, bottino da due milioni e mezzo. Ai domiciliari anche una 96enne.

I carabinieri del Comando provinciale di Milano hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa dal Gip di Milano, a carico, fra gli altri, di 21 persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.

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Caputo, l’ex trader di Wall Street è l’uomo chiave del nuovo corso
Luis «Toto» Caputo (Getty Images)
Dopo una lunga carriera nelle banche d’affari, l’attuale ministro dell’Economia ha il compito di rilanciare il Paese. La ricetta: disciplina di bilancio e moneta forte. Contando sull’aiuto finanziario degli Stati Uniti.

La rivoluzione di Javier Milei passa per i corridoi dell’alta finanza. Il vero fulcro del «nuovo» corso argentino risiede nel ministero dell’Economia, dove l’ex trader di Wall Street, Luis «Toto» Caputo, sta dirigendo l’orchestra della terapia shock. Soprannominato il «Lionel Messi della finanza» dai suoi ex colleghi (di solito questi paragoni non portano benissimo), Caputo è affiancato da una squadra che condivide il suo pedigree, un gruppo di ex dirigenti di Jp Morgan e di altre sale trading globali.

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Milei, rivoluzione a metà. Ha abbattuto l’inflazione ma i disoccupati aumentano
Javier Milei (Ansa)
Lo scorso ottobre il presidente ha ottenuto i voti delle periferie più povere. Ora vuole trasformare l’Argentina in una potenza mineraria. Però i consumi interni languono.

Javier Milei, il presidente argentino che sguaina la motosega per disboscare la foresta della spesa pubblica, potrebbe assomigliare ad una di quelle figure tra il leggendario e il picaresco descritte così amabilmente da Osvaldo Soriano nei suoi racconti. Per molti, in Italia, il Sudamerica resta una terra sospesa tra sogno e realtà, tra Garcia Marquez e Isabel Allende, tra Borges e Amado. Milei però non compare dalle nebbie della fantasia, ma è l’espressione più clamorosa della stanchezza popolare verso un modello fallito. L’Argentina, nazione tanto legata all’Italia, è diventata il laboratorio liberale dove si combatte la battaglia contro l’idea stessa di Stato. È una lotta ideologica, certo, non disgiunta però dalla lotta politica contingente, mirata, questa, alla sottrazione ai peronisti delle posizioni conquistate in decenni di gestione del potere.

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