2020-11-24
Ci sono 300.000 infermieri pronti. «Utilizzateci per i tamponi di massa»
In Alto Adige monitorato il 60% degli abitanti in tre giorni. Il presidente del sindacato Nursing up: «Lasciando 150.000 dei nostri alle mansioni ospedaliere, resta un esercito da schierare». In 4 giorni più di 40 milioni di test Ci sono 300.000 infermieri pronti a fare i test rapidi, però il governo li snobba. Preferisce implorare i medici di famiglia, i veterinari, i farmacisti, con il risultato che stiamo perdendo tempo prezioso nella lotta al Covid. Perché se non isoliamo, mettendo in quarantena, l'altissimo numero di positivi, di asintomatici, combattiamo (...) una battaglia ridicola e ci limitiamo a cambiare di colore le nostre Regioni. Con conseguenze gravissime per la salute economica e mentale di tutti quanti. In due settimane, invece, addirittura in quattro giorni avremmo concluso lo screening dell'intera popolazione. Come è possibile ve lo spieghiamo subito. Lo scorso fine settimana, nella Provincia autonoma di Bolzano è stata effettuata una campagna di massa: in tre giorni, in 116 Comuni, 343.227 persone (oltre il 60% della popolazione) si sono sottoposte al test rapido. Positivi al coronavirus sono risultati 3.185 altoatesini. «Avrebbero potuto infettare altre 4.500 persone, che poi avrebbero potuto infettarne altre 6.750, così che in una settimana si sarebbe potuti arrivare a 95.000 nuovi contagi», ha dichiarato il governatore Arno Kompatscher. Per effettuare questi test sierologici, in Alto Adige sono stati impiegati ogni giorno «circa 3.200 persone tra operatori sanitari, personale amministrativo e organizzazioni di volontariato», fanno sapere dalla locale Azienda sanitaria. Tra medici e infermieri sono state impegnate 1.937 persone, altre 320 persone sono state messe a disposizione da Croce Bianca e Croce Rossa, la quota rimanente è stata coperta da vigili del fuoco volontari (650 circa) e personale amministrativo di comuni e Provincia. Ma fermiamoci al dato complessivo: 9.600 persone che in tre giorni hanno eseguito 343.227 tamponi. In Italia si ignora quanti operatori siano addetti ai test rapidi, sappiamo solo che al 22 novembre, da inizio pandemia sono stati effettuati 20.388.576 tamponi, su una popolazione di 60.244.639 individui, con una media giornaliera di 180.000 test. Di questo passo, bisognerà aspettare più di sette mesi per fare i tamponi ai rimanenti 39.856.063 italiani. Eppure Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing up, il principale sindacato degli infermieri italiani, avrebbe la soluzione: «Basta utilizzare il nostro personale. Su 450.000 infermieri tra pubblico e privato, lasciamone 150.000 negli ospedali a occuparsi solo delle urgenze e del Covid. Agli altri 300.000 chiediamo di effettuare una decina di tamponi al giorno. Prestazioni aggiuntive, extra lavoro e dietro ricompensa, da effettuarsi nei distretti sanitari senza cercare sistemazioni. In pochissimo tempo, un paio di settimane, avremmo lo screening dell'intera popolazione». De Palma sostiene di aver avanzato più volte la disponibilità di una categoria professionale «che per norma di legge è tenuta a fare tamponi negli ospedali, non si capisce perché non sul territorio, farmacie comprese. Siamo figure di riferimento per la popolazione». L'ultima volta, afferma, «l'abbiamo suggerito a Davide Caparini, presidente del comitato di settore Regioni sanità. Ci è stato detto che la proposta era “interessante" ma poi non è successo nulla». Il matematico Susi Tondini, esperta di statistica, interpellata dalla Verità ha concordato sulla straordinarietà del risultato ottenuto in Alto Adige «dove, con 3.200 addetti impegnati quotidianamente, si è arrivati in tre giornate a intercettare oltre il 60% della popolazione». Aggiunge: «Guardando i valori ufficiali a totale Italia di 20.388.576 tamponi e 12.225.850 casi testati - al netto delle ripetizioni sugli stessi soggetti - direi che il valore di quanto è stato effettuato in Alto Adige risiede non solo nell'incidenza percentuale dei casi testati rispetto al totale popolazione, ma anche nella concentrazione della misurazione in pochi giorni». Quanto all'ipotesi di impiegare 300.000 infermieri, per risolvere una volta per tutte la questione a chi tocchi fare i tamponi, la Tondini afferma che «anche operando solo il venerdì, il sabato e la domenica per non interferire con le attività lavorative, potremmo arrivare ad effettuare in tre giorni più di 32 milioni di test. In quattro giorni, oltre 40 milioni e avere, quindi, un quadro di grande chiarezza. Con la possibilità di arginare concretamente e in modo scientifico la propagazione del virus, agendo one to one sui singoli portatori della trasmissione». Certo, servirebbero le stesse capacità organizzative dimostrate dall'Alto Adige, lo stesso senso di collaborazione da parte dei cittadini e la stessa simultaneità di intervento che la Tondini ritiene «cruciale», ma perché non si concentrano le energie in questa direzione? I test rapidi acquistati da Domenico Arcuri (al netto della loro efficacia, problema non secondario ma affrontabile anch'esso) sono 10 milioni, per una spesa di 32,7 milioni di euro. Lo scorso ottobre, il commissario per l'emergenza assicurava: «Abbiamo oltre 100 milioni di test antigenici potenzialmente in posizione di essere acquisiti», riferendosi alle «39 imprese che hanno risposto alla richiesta di offerta». Dopo le spese assurde e inutili per i banchi a rotelle, la scorsa estate sarebbe stato meglio concentrarsi su gare per l'acquisto di test rapidi che consentono una diagnosi precoce e di isolare i positivi.