
Il Viminale ordina la restituzione delle centinaia di migliaia di euro utilizzate dal Comune per scopi diversi da quelli previsti (seguendo i rilievi di Marco Minniti). Il ministro: «Chi sbaglia paga». Il sindaco Domenico Lucano piange dagli arresti: «Vogliono distruggerci».Sul modello Riace cala definitivamente il sipario. Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, che fa capo al Viminale, ha predisposto il trasferimento di tutti i migranti che si trovano ancora nello Sprar gestito dal Comune calabrese. Verranno spostati entro due mesi in altre strutture dove non siano state riscontrate irregolarità. Dopo l'arresto del sindaco, Domenico Lucano, arriva così un'altra tegola sul sistema d'accoglienza difeso a gran voce da tutta la sinistra. Sistema che non rispettava le leggi, con tanto di falsi matrimoni tra stranieri e italiani per fare ottenere la cittadinanza. Nelle 21 pagine della relazione ministeriale vengono contestate «palesi irregolarità»: si contestano il «mancato aggiornamento della banca dati gestita dal servizio centrale» e la «mancata corrispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contribuito e quelli effettivamente erogati». E prosegue il documento: «Anomalie riferite ai diversi immobili donati agli immigrati che non venivano registrati o messi in regola, solo in maniera tardiva», «mancata rendicontazione» e «quasi totale mancanza di inserimento lavorativo reale». L'ispezione iniziata nel 2016 e conclusasi a maggio del 2018, ha evidenziato anche l' «allegra» gestione del buono spesa, strumento finanziario inventato da Lucano per favorire gli acquisti degli immigrati. La procedura prevedeva che ogni commerciante incassasse l'equivalente in euro, esibendo la moneta battuta ad hoc dal Comune di Riace. Questo perché le somme destinate ai migranti come pocket money, che dovevano arrivare dallo Stato, non erano puntuali. Inoltre sono state individuate irregolarità anche nell'affidamento dei servizi. I sei enti incaricati dei progetti nel 2014, sarebbero stati individuati «senza nessuna procedura selettiva». Ma scelti dal sindaco stesso in maniera diretta. E sarebbero sprovvisti di una serie di atti necessari alla stipula dei contratti. Che quindi sono da considerarsi nulli.Riguardo ai buoni spesa le accuse degli ispettori sono precise: «Questa soluzione non consentirebbe l'accesso a molti negozi fuori dal paese di Riace, che vendono prodotti essenziali soprattutto per i bambini e sarebbe foriera di manipolazioni in sede di cambio-valuta». I migranti, in sostanza, avrebbero speso la «moneta riacese», solo nei locali «vicini all'entourage di Lucano».Adesso il Viminale ordina di trasferire i migranti in un'altra struttura entro 60 giorni e la restituzione dei soldi: si parla di centinaia di migliaia di euro, che sarebbero stati utilizzati dal Comune di Riace per scopi diversi da quelli per cui sarebbero stati finanziati.Il sindaco, agli arresti domiciliari dal 2 ottobre per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, si difende attaccando il governo: «Vogliono soltanto distruggerci. Nei nostri confronti è in atto ormai un vero e proprio tiro incrociato: i nostri legali, comunque, stanno già predisponendo un ricorso al Tar contro la decisione del Viminale». Reagisce anche Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell'Asgi, l'associazione studi giuridici sull'immigrazione che sta supportando Lucano: «Questa relazione rende evidente la mancanza di volontà di interlocuzione da parte del ministero. Quello che colpisce è la totale sproporzione fra il provvedimento e la realtà del progetto. Nel paese divenuto simbolo mondiale dell'accoglienza sembra quasi che i migranti siano stati abbandonati a sé stessi. Non si è compreso né lo spirito, né la specificità territoriale del progetto. In questo provvedimento Riace sparisce».Si aggiunge la voce del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio: «È una decisione assurda e ingiustificata. Mi auguro che dietro tale decisione non si celi l'obiettivo di cancellare una esperienza di accoglienza, estremamente positiva, il cui riconoscimento ed apprezzamento è largamente riconosciuto anche a livello internazionale. Chiedo al ministro dell'Interno di rivedere questa decisione». La replica di Matteo Salvini: «Chi sbaglia, paga. Non si possono tollerare irregolarità nell'uso di fondi pubblici, nemmeno se c'è la scusa di spenderli per gli immigrati».La verità storica racconta un'altra storia da quella propagandata dalla sinistra. La decisione viene da lontano e non è certo un'idea di Salvini: le irregolarità nella gestione del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati erano già state evidenziate nell'ispezione cominciata nel 2016. Quando al governo si trovava il Partito democratico. Non si tratta certo di una «vendetta» dell'esecutivo guidato da 5 stelle e Lega. La Prefettura di Reggio Calabria stessa aveva avviato accertamenti su come venissero spesi i fondi per il centro Spar. Risultò che non erano utilizzati come imposto dalla legge, che così non andava bene. Ed era stato avvertito l'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti. Che evidentemente ritenne non fosse il caso d'intervenire o non ebbe il tempo per farlo. Comunque il problema era stato sollevato anni prima che al Viminale salisse il vicepremier Matteo Salvini. E infatti le indagini successive hanno poi portato all'arresto del primo cittadino. Su cui piovono nuove accuse, pochi giorni prima dell'udienza di fronte al tribunale del Riesame che dovrà decidere la sua eventuale liberazione.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





