2023-12-19
L’anatema del «Corriere della Chiesa». Chi critica i vescovi è contro la Carta
Matteo Maria Zuppi (Ansa)
Per i media Bergoglio condanna le speculazioni perché è un tiranno. Mentre quelli che osano raccontare dei denari a Casarini & C. violano il Concordato. Non attacca: la Costituzione garantisce la libertà di parola.Si può dire che il Papa è un tiranno? Sì, se il tribunale vaticano condanna monsignor Becciu per una brutta storia di centinaia di milioni spariti o sperperati in una speculazione finanziaria. Però, se si osa scrivere che i soldi della Chiesa sono finiti per finanziare Luca Casarini, non soltanto si commettono gravissimi reati, ma si violano anche le garanzie concordatarie. Boom. Sì, in questi giorni si leggono delle straordinarie contraddizioni sulla stampa italiana, che da un lato è impegnata nel difendere il Papa, la Cei e i vescovi, dalle notizie che trapelano dall’inchiesta di Ragusa a carico della ciurma di Mare Jonio, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E dall’altro invece, le medesime testate si sforzano di assolvere l’ex prefetto della Congregazione delle cause dei santi, per la scandalosa vicenda dell’acquisto di un immobile di lusso a Londra, arrivando fino al punto di accusare il Pontefice di essere un Papa re, un despota che amministra non soltanto la Parola di Dio, ma anche quella dei giudici, cambiando più volte la legge pur di incastrare l’imputato.Sì, c’è davvero molta incoerenza alla base del doppiopesismo con cui si commenta la sentenza del tribunale vaticano che ha condannato l’ex sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato a una pena di cinque anni e mezzo, e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per peculato. Dopo 86 udienze, una corte composta dall’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e da altri laici ha ritenuto monsignor Becciu colpevole, insieme a finanzieri e intermediari vari, di una truffa costata al Vaticano centinaia di milioni. E per la prima volta nella storia della Chiesa, che per altro annovera fior di scandali finanziari come il crac del Banco Ambrosiano, un alto prelato è stato condannato a una pena detentiva. Apriti cielo. Un cardinale che rischia di finire in gattabuia, ma non all’estero, come è già accaduto in conseguenza della giustizia terrena, bensì in Vaticano, per decisione del vicario di Cristo. Il quale, se processa un prelato in pubblico e per di più non in un amen, ma in due anni e mezzo di dibattimento, improvvisamente per i giornali diventa un dittatore. Lucetta Scaraffia si è incaricata sulla Stampa di pubblicare una contro requisitoria, non per assolvere Becciu, ma per accusare Bergoglio, il quale è gratificato di una serie di critiche, la più grave delle quali è quella di essere un autocrate, pronto a violare i principi dello stato di diritto. Sul Corriere invece, al Pontefice si dà direttamente del killer, ricorrendo alle parole del fratello del cardinale Becciu, quello del birrificio finanziato, secondo l’accusa, con i soldi dell’Obolo di San Pietro, il quale dice che il tribunale non se l’è sentita di sconfessare una decisione già presa dal Papa. Quindi Bergoglio può essere accusato di tutto, senza che nessuno trovi per lo meno singolare che si ignorino sia le ricostruzioni emerse durante il processo, sia le conclusioni a cui è giunta la corte di giustizia vaticana. È vero, i giudici di primo grado possono sbagliare e per questo esiste l’appello. Ma parlare già di Corte europea dei diritti dell’uomo, quasi che Becciu fosse un nuovo Navalny, sembra un po’ incredibile, soprattutto dopo che sono emerse le spese in borsette e viaggi di una delle protette del cardinale, una tipa che si spacciava per esperta di intelligence e invece era solo intelligente nell’uso della carta di credito. Però, se la giustizia vaticana può essere demolita perché si è occupata di inseguire dei truffatori, quando si parla di Luca Casarini, improvvisamente la legge viene usata per erigere una barriera attorno al piccolo Stato d’Oltretevere. Sempre il Corriere della Sera, quello che titola contro il Papa, ha infatti pubblicato un’originale tesi secondo cui svelare le magagne della Cei e delle diocesi che hanno finanziato l’ex capo dei disobbedienti sarebbe da considerarsi addirittura una «violazione delle garanzie concordatarie». Criticare i vescovi per come spendono i soldi dei fedeli, secondo la testata di via Solferino, sarebbe un grave vulnus. «La laicità costituzionale dice che questa strada non può essere percorsa», ha spiegato Alberto Melloni, per l’occasione trombettiere della Cei e del nuovo presidente della Consulta, «perché violare la libertà di una fede crea una fessura istituzionale non riparabile». Violare la libertà di fede? Fessura istituzionale non riparabile? Forse è più grave criticare una sentenza, emessa peraltro da un tribunale vaticano, cioè da uno Stato indipendente, per fatti avvenuti in danno delle finanze vaticane, che parlare di un’inchiesta italiana a carico di personaggi italiani, per reati che se sono stati commessi rientrano nella giurisdizione italiana? Intorno a quest’inchiesta gravitano vescovi, cardinali e molti soldi? Pazienza. Parlare di quattrini, distribuiti all’insaputa di tutti, soprattutto dei fedeli, a un’organizzazione che è sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non è una lesione della libertà di fede, semmai è rispetto di una libertà garantita dall’articolo 21 della Costituzione italiana. So che molti di quelli che se la prendono con il Papa dittatore per la condanna a Becciu la dittatura la vorrebbero imporre a noi, tappandoci la bocca e invocando - come fa il vescovo di Modena - presunti e inesistenti reati. Tuttavia, mi dispiace per loro, per noi non ci sono altarini che non possano essere scoperti, anche se ciò fa arrossire qualche porporato.
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