2020-09-09
Chiacchiere sui soldi che verranno però il Tesoro dice no a 74 miliardi
Mentre si discute su come ripagheremo il debito generato dal Recovery fund e imperversa il dibattito sul Mes, il governo tira il freno sulla richiesta di 84 miliardi per i Btp a 20 anni, limitandosi a collocarne solamente dieci.«Come ripagheremo il debito generato» dal Recovery fund? Chiederemo agli Stati membri di ripagarlo attraverso il loro reddito nazionale lordo? O lo ripagheremo attraverso le risorse proprie Ue e la tassazione digitale e verde. Credo che il primo scenario sia un fallimento, mentre il secondo è lo scenario di successo, e lavoriamo intensamente per questo», ha detto ieri il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni, ad un dibattito al Brussels economic forum. «Siamo davanti a una nuova sfida: dovremo utilizzare al meglio i fondi del Recovery Fund che arriveranno dall'Ue», ha scritto su Facebook Luigi De Maio. Una raffica di interventi ha tenuto banco ieri sulla bozza delle «Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza» che saranno presentate oggi svelando gli obiettivi che il governo intende raggiungere con i 209 miliardi del Next Generation Eu. Vengono indicate sei missioni: ci sono anche rivoluzione verde, equità e salute. L'obiettivo è raddoppiare il ritmo di crescita e avere dieci punti in più di tasso di occupazione. Ma il vero problema, mentre si discute su Mes sì o Mes no e su come utilizzare le risorse, è sempre lo stesso: quando arriveranno i soldi? «Come da cronoprogramma della Commissione, il Recovery plan sarà presentato fra gennaio e aprile 2021 perché questo è il calendario stabilito dall'Europa per tutti i 27 Stati membri», ha precisato il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, assicurando che «non ci sono né ritardi né divisioni nel lavoro preparatorio dell'esecutivo. E che «le sfide indicate saranno alla base delle consultazioni informali di ogni Paese europeo con Bruxelles, che si apriranno il 15 ottobre». Nel frattempo, i senatori dem sono scesi in pressing invocando un confronto anche sulle linee di indirizzo, perché i dettagli non possono essere definiti solo dal governo. E il premier, Giuseppe Conte, da Beirut interviene invece sul Mes e promette che «se abbiamo progetti da realizzare e serviranno risorse lo valuteremo insieme in Parlamento».I tempi si dilatano e finora da spendere ci sono ancora solo chiacchiere, grandi proclami e dibattiti su Mes sì, Mes no. Ma vale davvero la pena litigare su soldi che arriveranno non si sa quando invece di guardare all'enorme patrimonio privato degli italiani? Non con una patrimoniale, ma sfruttando le aste dei titoli di Stato. Ieri il Tesoro ha collocato 10 miliardi di euro di Btp ventennali con scadenza 2041. La domanda ha però toccato livelli monstre superando gli 84 miliardi di euro. La forte richiesta, da quanto si apprende sul mercato, ha permesso di rivedere la guidance di prezzo che è stata abbassata prima da +12 a +9 e poi a +7 punti base rispetto al titolo con scadenza 3 gennaio 2040. A seguire il collocamento è un sindacato di banche di cui fa parte - unica italiana - anche Intesa Sanpaolo, il cui ad Carlo Messina ha più volte proposto una convergenza virtuosa tra debito pubblico e risparmio privato, visto come necessaria garanzia. «Quando si verificano le condizioni, il risparmio privato italiano manifesta interesse nei confronti del nostro debito pubblico, con l'effetto di stabilizzarlo ulteriormente e di migliorare le prospettive generali della nostra economia», aveva sottolineato il banchiere a fine maggio dopo che la sedicesima edizione del Btp Italia si era chiusa col botto, raccogliendo la cifra record di 22,3 miliardi. Eppure, nelle aste di titoli a medio-lungo termine previste per giovedì il Tesoro ha deciso di non offrire titoli con durata superiore a dieci anni. E nell'asta di ieri ha collocato «solo» 10 miliardi nonostante gli 84 della domanda. Segno che il debito italiano è assai ambito. Il Btp è stato collocato al prezzo di 99,765 corrispondente ad un rendimento lordo annuo all'emissione dell'1,822%, il più basso per una prima tranche mai emessa su questa scadenza. Non solo. Come ha ricordato La Verità lo scorso 24 agosto, il saldo di Tesoreria - cioè il saldo del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d'Italia con cui gestisce gli incassi e i pagamenti - è positivo per oltre 70 miliardi. Nei mesi del lockdown, tale saldo si è accresciuto di ben il 55%, essendo il 28 febbraio pari a 45 miliardi. Naturalmente, il saldo deve essere positivo, altrimenti si ricadrebbe nella monetizzazione del disavanzo, vietata per legge. Quello che rileva, tuttavia, è la sua entità oltre alla recente impennata. E il livello appare significativo. Significa che alla data del 3 luglio scorso cui si riferiscono i dati recentemente pubblicati dalla Bce, ci sono 70 miliardi che, per la parte eccedente il livello fisiologico, giacciono inutilizzati nel conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca centrale. Il livello del saldo è di 25 miliardi in più rispetto a fine febbraio, 56 in più rispetto a inizio anno, e 22,5 in più rispetto al 28 giugno del 2019. Mentre gli ultimi dati parlano di addirittura 98 miliardi, quasi il doppio rispetto all'inizio del lockdown. Certo, uno Stato - soprattutto se indebitato .ha bisogno di detenere disponibilità liquide. Ma una discreta parte di quel saldo poteva e potrebbe essere destinato a un uso più produttivo. Anche perché l'Italia paga un tasso negativo su quel deposito, anche se successivamente rimborsato dalla Banca d'Italia per il tramite della distribuzione dei suoi utili. Perché però il Tesoro continua a tenere il freno tirato?
Jose Mourinho (Getty Images)