2018-10-29
Chi è don Biancalani il «nuovo Lucano» che irrita il vescovo (e spacca la sinistra)
Ama apparire e fare polemiche. La curia ormai insofferente. La Regione in soccorso per trovargli una sede. Ma è scontro. All'inizio di ottobre è partita una raccolta firme tra i residenti di Vicofaro, il quartiere poco fuori Pistoia dove Biancalani dà alloggio a quasi un centinaio di immigrati, ora ammassati in chiesa.Come vi abbiamo raccontato sabato sulla Verità, la Regione Toscana è corsa in soccorso di don Massimo Biancalani, il sacerdote pro migranti di Vicofaro (Pistoia), diventato famoso lo scorso anno per il post su Facebook con gli africani in piscina. Dopo l'ordinanza di sgombero dei locali in cui don Biancalani ospitava gli immigrati, emessa a inizio settembre dal Comune di Pistoia, il governatore Enrico Rossi, il direttore generale dell'azienda sanitaria Paolo Morello Marchese e lo stesso parroco di Vicofaro hanno siglato un protocollo d'intesa, in virtù del quale l'azienda Usl Toscana centro, su richiesta della Regione, destinerà «un immobile idoneo a svolgere le funzioni di centro di accoglienza per migranti, scegliendolo tra le sue proprietà non utilizzate a fini istituzionali». In cambio, don Biancalani si è impegnato «a corrispondere alla Asl un canone di affitto che verrà definito sulla base del progetto di accoglienza» che il suo centro migranti presenterà. Ormai il Partito democratico è diventato il campione indiscusso delle cause impopolari. Il crociato dell'invasione don Biancalani è un idolo della sinistra, ma la gente di Vicofaro, la curia di Pistoia e persino gli stessi dem che a Montecatini dovrebbero ricevere i suoi migranti, cominciano a non sopportarlo più.All'inizio di ottobre è partita una raccolta firme tra i residenti di Vicofaro, il quartiere poco fuori Pistoia dove Biancalani dà alloggio a quasi un centinaio di immigrati, ora ammassati in chiesa, come se il luogo dove si adora il Santissimo Sacramento potesse essere trasformato in un bivacco di fortuna. La petizione è stata sottoscritta da 190 residenti, che hanno invocato l'intervento del sindaco di Fratelli d'Italia Alessandro Tomasi (il primo di destra nella storia repubblicana a Pistoia), del vescovo Fausto Tardelli e del prefetto Emilia Zarrilli. Nel faldone di venti pagine i cittadini lamentavano il «profondo disagio creatosi nel quartiere dopo la realizzazione del centro di accoglienza». Anche perché, nel frattempo, la quiete pubblica è stata messa a repentaglio dalle «feste alcoliche» dei migranti. In un fine settimana di inizio ottobre, ad esempio, gli abitanti del quartiere se l'erano vista con gli schiamazzi dei profughi ubriachi fino a tarda notte, al punto che erano dovute intervenire le forze dell'ordine. «Per qualche ora abbiamo tollerato la musica ad alto volume e la confusione», avevano riferito i cittadini, «poi a causa dell'alcol sono iniziate le liti e le urla in piazza». Don Biancalani si era scusato, ma sempre scagionando i suoi ospiti: «È stata una mia ingenuità lasciare che si svolgesse quella festa». Non sono solamente i residenti, tuttavia, a mostrarsi insofferenti verso il sistema messo in piedi dal parroco di Vicofaro.La settimana scorsa, anche il vescovo Tardelli era intervenuto, dicendosi «profondamente amareggiato» per quanto stava accadendo a Vicofaro e sottolineando che, al netto della strumentalizzazione politica che tutte le parti in causa hanno attuato, «molto può fare don Massimo, molto dipende da lui». Fonti della Verità riferiscono che la curia non gradisce che don Biancalani abbia sottoposto il quartiere a una pressione mediatica insostenibile, trasformandolo in terreno di scontro tra fazioni politiche (non sono mancati neppure i presidi di Forza nuova) e turbandone la tranquillità. I migranti ospitati dal sacerdote, peraltro, non fanno parte di alcun programma ministeriale. Alcuni di loro sono veri e propri irregolari. Biancalani ha voluto estendere ben al di là delle possibilità anche fisiche dei locali parrocchiali la platea di rifugiati, generando una situazione esplosiva, con spiacevoli risvolti sull'ordine pubblico.il blitzA marzo era stato arrestato un nigeriano, ospite della struttura di don Biancalani, per spaccio di droga. Il prete si era giustificato spiegando che nonostante i precedenti del giovane, lui lo aveva ripreso in parrocchia «per carità cristiana», anche perché era «l'unico ragazzo cattolico» tra quelli presenti nel suo ricovero (altra notizia curiosa: una chiesa trasformata nel ricovero di immigrati di religione islamica). La settimana scorsa, circa una cinquantina tra agenti di polizia, carabinieri, vigili urbani, guardia di finanza, Asl e ispettorato del lavoro avevano fatto irruzione nella «pizzeria del migrante» allestita dal sacerdote, mentre era in corso una cena, senza rilevare però irregolarità. Questo blitz muscolare ha innescato piccate reazioni politiche, dalle proteste del pistoiese ex ministro dem Vannino Chiti («Sono stati violati diritti sanciti dalla Costituzione», ha lamentato), alle due interrogazioni, una del Pd toscano in Regione, l'altra del senatore di Leu, Francesco Laforgia, nei confronti del ministro dell'Interno Matteo Salvini. La sinistra da salotto, insomma, ha fatto quadrato intorno al contestatissimo parroco di Vicofaro, che dal canto suo ha tirato fuori la resistenza «nel nome del Vangelo». Eppure la posizione del sacerdote non è solidissima. Intanto, l'ordinanza comunale di sgombero di inizio settembre certificava l'inadeguatezza dei locali parrocchiali ad alloggiare così tante persone. Questi ospiti sarebbero stati dunque messi a lavorare nella «pizzeria del migrante» nonostante essa fosse situata in una struttura non a norma. Verificheremo se, come promesso, Biancalani completerà i lavori di adeguamento. Inoltre, ai residenti non va a genio questa attività di ristorazione improvvisata, dove chiunque poteva entrare, cenare e lasciare un'offerta libera. Le pizzerie del luogo hanno lamentato un calo di clientela: perché mai, il sabato sera, uno dovrebbe spendere denaro per margherita e birra se da don Biancalani può mangiare quasi gratis?La sinistra, quella che predica la legalità, ha scatenato un fuoco di fila politico contro il blitz delle forze dell'ordine. E ha mobilitato la Asl toscana per trovare una nuova struttura in cui sistemare i migranti, legandole per sempre le mani. Nel protocollo firmato venerdì scorso a Firenze, in Palazzo Strozzi, si legge infatti che l'azienda sanitaria si riserva, sì, il diritto di rientrare in possesso dell'immobile assegnato al sacerdote, ma pure che tale diritto «sarà subordinato alla preventiva e idonea sistemazione degli ospiti in un'altra struttura». Insomma, la rossa Toscana ha precettato la Asl per offrire a immigrati al di fuori dei programi di accoglienza ministeriali un alloggio vita natural durante. Un vero affare. Ma dove finiranno gli ospiti di don Biancalani?«non nel mio giardino»Secondo le indiscrezioni circolate sui media locali, la struttura della Asl insisterà sul territorio del Comune di Montecatini Terme. Tuttavia, pare che il governatore Rossi si sia mosso in maniera totalmente arbitraria, suscitando le proteste dello stesso Pd di Montecatini. Che in un comunicato, difatti, ha affermato di non sapere alcunché dell'accordo siglato a Firenze venerdì. Se Rossi ha deciso, lo ha fatto «senza aver perlomeno consultato il sindaco di Montecatini». Dunque il caso don Biancalani è destinato a creare divisioni anche dentro la compagine dem: perché un conto è l'ideologia, l'ostinata e incomprensibile apologia dell'invasione; un conto è l'amministrazione, lo stare a contatto con il malcontento della gente, che una truppa di immigrati irregolari, dediti all'alcol e magari allo spaccio, vicino a casa propria non la vuole affatto.La sensazione è che, come ha spiegato alla Verità l'ex consigliere regionale, oggi deputato di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, il sacerdote di Vicofaro sia soprattutto un «provocatore». Uno che ama stare sotto i riflettori e che per questo non si fa scrupolo di abbracciare cause controverse, dalla «pastorale Lgbt» che lanciò nel 2014, all'accoglienza di immigrati di ogni risma, anche irregolari, negli ultimi due anni. Il partito di Donzelli ha annunciato che vigilerà sulle misure che la Regione e la Asl assumeranno per garantire l'assistenza agli ospiti di Biancalani: «Vogliamo sapere chi pagherà la ristrutturazione dell'edificio che verrà destinato agli immigrati. Non è giusto che ci rimetta la collettività», ci ha riferito l'onorevole. «Don Biancalani pensa di essere un “buono" e che, in quanto tale, tutto gli sia consentito». E invece no. Anche lui, le regole, dovrà imparare a rispettarle.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)