2025-06-10
«Chi dopo Parigi dubita di Sinner sta dicendo una vera frescaccia»
Adriano Panatta (Getty Images)
Il campione degli anni Settanta Adriano Panatta: «Jannik è stato perfetto, a fine match ha persino siglato un punto in più di Alcaraz, ma non era quello decisivo. Spalletti in panchina da licenziato? Un capolavoro mandarcelo».Nel giro di poche settimane lo sport ci ha regalato un paio di viaggi sulle montagne russe. Il calcio con la volata per lo scudetto e la finale di Champions League (strapersa dall’Inter), il tennis con il ritorno sui campi di Jannik Sinner, prima a Roma e poi a Parigi, e la doppia sfida con Carlos Alcaraz. Momento ideale per fare un bilancio su queste due discipline con Adriano Panatta, campione che nel 1976 regalò a se stesso e agli appassionati tutti un’annata indimenticabile, portando a casa tre trofei: Internazionali d’Italia, Roand Garros e Coppa Davis. Nonché tifoso della Roma.Visto il match tra Sinner e Carlos Alcaraz, mi verrebbe da dire che è proprio vero che «il tennis l’ha inventato il diavolo», come da titolo di un suo libro del 2019.«Che splendido incontro. A memoria mia, non ricordo una partita altrettanto intensa, così combattuta, così incerta tanto da arrivare fino al super tie-break, la finale più lunga a Parigi, uno spettacolo di tensione emotiva, di carica nervosa, con un tale dispendio di energia. Pure per i telespettatori, perchè alla fine, pur guardando il match dal divano di casa, mi sentivo stanco con loro».Ecco perchè il tennis è frutto dell’opera del Maligno.«Sì, perché per arrivare in Paradiso il percorso può risultare stressante, logorante, perfino abbrutente. Il tennis lo è più di qualsiasi altro sport, perché sa contro quanti avversari costringe a giocare?»Quanti?«Diceva Goran Ivanišević - lei, Piroso, non sa chi è, ma faccia finta di conoscerne la biografia...»Come, non so chi è? È stato fino a ieri nello staff tecnico di Novak Djokovic.«Ma prima ancora è stato un campione croato con un servizio micidiale, capace, solo nel 1996, di realizzare quasi 1.500 ace, numero 2 al mondo dietro Pete Sampras nel 1994, uno che in campo dava tutto. Lui sosteneva che i tuoi avversari sono cinque: il giudice di sedia, il pubblico, i raccatapalle, il campo e te stesso. E a chi gli domandava: e l’avversario, quello vero?, replicava: anche, ma lui è il meno».A proposito di pubblico, quello francese mi è parso sostanzialmente equilibrato, ma molto più reattivo rispetto a Alcaraz, che in più di un momento ha sollecitato il tifo, venendo accontentato.«Perché Alcaraz è un mediterraneo sanguigno, che risulta più “empatico” rispetto a un Sinner, che è un ragazzo eccezionale per l’aplomb, l’educazione e lo stile come persona, ma che è molto più “controllato”, ma non per questo meno apprezzato. Stiamo parlando di due fenomeni, che ieri hanno onorato al loro meglio il tennis e lo sport, mostrando rispetto per l’avversario perfino quando ci sono state palle su cui altri avrebbero discusso. Loro due no, pronti a riconoscere il punto dell’altro. Chapeau, come dicono i francesi».Peraltro anche nel tempio di uno Slam adesso impera la musica del dj set. Mancavano però i concertini sentiti a Malaga l’anno scorso per la Coppa Davis.«E come no. In Spagna c’erano trombette, maracas e tamburi. Avrei voluto prenderli tutti, accatastarli in un angolo e farne una pira».Con quel che costano gli strumenti.«Parlavo di quelli che li suonano». Ah, ecco. Una partita di calcio, quando dura tanto, non va oltre i 150 minuti: 120 minuti ai tempi supplementari, più altri 20-30 minuti se i rigori vanno per le lunghe. Ieri Alcaraz e Sinner si sono scambiati colpi per 5 ore e mezza, 329 minuti. Un’eternità.«Quando una finale supera le quattro ore di gioco, diventa imprevedibile. Sulla terra rossa, quello è il limite oltre il quale un incontro diventa una maratona, un braccio di ferro in cui tutto si gioca sul punto più o in meno, sul centimetro al di qua o al di là della linea, ha presente quello strepitoso monologo di Al Pacino allenatore di football americano in Ogni maledetta domenica di Oliver Stone? Quello in cui dice che alla fine la differenza tra vittoria e sconfitta è dato dalla somma dei centimetri guadagnati o persi, uno alla volta, sputando l’anima? E guardi che, se si vanno a guardare i numeri del match, Sinner ha addirittura fatto un punto in più dello spagnolo, 193 a 192. Ciò nonostante, gliene è mancato comunque uno, uno soltanto, quello decisivo, l’ultimo».Siccome noi italiani siamo bravissimi a innalzare sugli altari i nostri campioni, per poi abbatterli alla prima difficoltà, c’è già chi si chiede: ma il Sinner del dopo squalifica è ancora lo stesso?«E chi la dice ‘sta frescaccia? I tuttologi dei social, gli esperti che passano dal discettare di medicina durante il Covid al disquisire di geopolitica sui drammatici scenari di guerra, dall’Ucraina alla Palestina? Se a domandarselo sono loro, direi che non c’è da preoccuparsi. E sa perché?»Prego.«Vorrei fosse chiaro che, al di là dell’umana delusione per la sconfitta di domenica, Sinner ha comunque realizzato un’impresa che ha dell’incredibile, perché alla finale è arrivato con appena una dozzina di partite dopo il suo rientro dai tre mesi di stop. Così come c’è stata l’epopea delle sfide tra Djokovic, Roger Federer e Rafa Nadal, adesso si è aperta l’era di Jannik e Carlito, i due diòscuri, i mitici figli di Zeus. Senza dimenticare che in Francia il nostro Lorenzo Musetti ha dimostrato di essere a pieno diritto nella top ten della classifica Atp, sul rosso uno dei primi quattro tennisti, e chissà come sarebbe finito il duello con Alcaraz se non lo avesse fermato l’infortunio. E' arrivato un po' stanco, dopo Montecarlo, Madrid e Roma, ma se l’è giocata, e nei primi due set ha mostrato di essere a un niente dall’avversario». Un mese fa, al Sole 24 Ore, lei ha detto: «Alcaraz non lo conosco personalmente. Da quanto visto fin qui non ha la costanza e il rendimento omogeneo di Sinner, che non ha i passaggi a vuoto dello spagnolo».«Sì, però la citi tutta, la frase. Perché aggiungevo: “Certo, se Alcaraz gioca al 100% diventa molto difficile batterlo, anche per Sinner. Ha più soluzioni di gioco ma Jannik in tutto quello che fa (che è tantissimo, attenzione) è talmente perfetto che Carlos, per batterlo, deve giocare oltre il normale”. Non mi pare di aver sbagliato di molto, ma è una magra consolazione. E comunque non mi faccia passare per grillo parlante, non mi si addice e non ci tengo. In questo Paese ce ne sono già troppi».Mentre seguivamo le notizie in arrivo da Parigi, è arrivata la bomba del licenziamento di Luciano Spalletti, così, su due piedi, annunciato da lui medesimo.«Sì, e ‘l modo ancor m’offende, come ha lasciato scritto il Sommo Poeta. Ma dico io: come si può gestire in modo tanto offensivo un passaggio del genere? Comunicando l’esonero all’interessato prima della conferenza stampa sulla partita della Nazionale contro la Moldavia (costringendo a dichiararlo lui stesso ai giornalisti per non dar luogo a una pantomima, rappresentare gli azzurri sapendo di non essere più il Ct), arrivando al capolavoro di mandarlo in panchina da licenziato. Non si poteva affrontare un passaggio così delicato con maggior rispetto per le persone e la loro storia?» Ora si attende di capire chi ne prenderà il posto: secondo la vox populi, si stenderebbe il tappeto rosso per Claudio Ranieri. In alternativa, si fa il nome di Stefano Pioli. Fino a dibattere sulla possibilità del doppio incarico, visto che Ranieri è senior advisor della proprietà della squadra giallorossa, i Friedkin.«Se devo stare a quello che sir Claudio ha detto e ripetuto, credo che vederlo a Coverciano sia un miraggio. Poi, per carità, tutto è sempre possibile, tanto più se ti chiamano a rappresentare l’Italia. Vada come vada, Ranieri saprà scegliere con quell’equilibrio e quella oculatezza, senza dimenticare la sua competenza (un allenatore italiano che vince la Premier League, con il Leicester poi, è già nella storia), che ne fanno quel professionista perbene che è».Ranieri ha caldeggiato l’arrivo di Gian Piero Gasperini sulla panchina della sua Roma, caro Panatta.«Mi pare una gran bella scelta. Dicono sia un po’ ruvido, ma sa qual è il luogo comune: tutte le persone di carattere hanno un cattivo carattere. E poi a me i cosiddetti, presunti “antipatici” stanno simpatici, che le devo dire? Li preferisco ai finti mansueti, quelli che sono amici di tutti, e quindi di nessuno. A Roma su tale simulacro, l’amicizia di facciata, c’è un’espressione scurrile che non ripeto per educazione, ma dà l’idea».A luglio lei compirà 75 primavere. L’anno prossimo saranno cinquant’anni dall’anno di grazia 1976. Come si sta preparando agli inevitabili festeggiamenti?«Per entrambe le circostanze, cercando di arrivarci vivo, e possibilmente in salute». Luciderà coppe, targhe e medaglie che conserva, immagino, sotto una teca di cristallo?«Solo l’idea di una vetrinetta con le reliquie, mi fa venire voglia di uscire a comprare una mazza da baseball per ridurla in frantumi. Mai piaciuto il culto della personalità, a cominciare dalla mia».Con Paolo Bertolucci è tornato a fare coppia in tv: su Sky raccontate gli eroi della racchetta.«Abbiamo cominciato con Bjorn Borg e continuato con i “pallettari”, quelli che da fondocampo hanno il solo obiettivo di buttare la palla oltre la rete. Magari porti a casa il risultato, ma sai la noia».
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.