2020-06-13
C’è un’altra segnalazione all’antiriciclaggio per le donazioni al Bullo
Gianfranco Librandi (Ansa)
Riflettori puntati sui versamenti dell'onorevole Gianfranco Librandi nelle casseforti di comitati e fondazioni della galassia renziana. Al vaglio anche contanti e presunti conti svizzeri. Il deputato di Italia viva Gianfranco Librandi è diventato famoso per gli 800.000 euro sborsati dalla sua Telecomunicazioni Italia Srl (società attiva nella produzione e commercializzazione di sistemi elettronici per l'illuminazione) a favore della fondazione Open di Matteo Renzi. Una donazione che anticipò la candidatura di Librandi con il Pd, dopo il suo sbarco in Parlamento al seguito di Mario Monti. Nel luglio dello scorso anno lo stesso parlamentare si segnalò anche per le ripetute minacce che avrebbe rivolto ai finanzieri che si erano presentati nella sua azienda per un accertamento. I militari nelle loro relazioni di servizio riportarono le frasi che il parlamentare avrebbe pronunciato: «Sono un onorevole, un intoccabile», «siete morti», e ancora «io lavoro, non come voi che non fate un cazzo dalla mattina alla sera. Pago le tasse e quindi anche il vostro stipendio», «lei sarà un leghista di m…». Librandi ha negato di aver pronunciato quelle parole e ha annunciato querela.Ma da allora le segnalazioni dei responsabili antiriciclaggio della sua banca all'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia sono continuate. Una delle ultime risale 31 gennaio 2020 e torna sul tema dei finanziamenti a Renzi. Vi si legge: «Desta sospetto inoltre il versamento di un assegno bancario da parte dello stesso Librandi apparentemente a titolo di giroconto con successivi utilizzi della somma mediante bonifici quali erogazioni liberali ai comitati di azione civile del partito di riferimento». Il giroconto era da 60.000 euro: 25.000 euro sono stati donati alla Leopolda 9 (il 10 ottobre 2019) e altri 3.000, suddivisi in quattro tranche (tra settembre e novembre 2019), sono stati inviati ai comitati di azione civile (oggi la cassaforte di Italia viva). Però questi sono solo gli ultimi bonifici di Librandi al suo leader. Dalle carte dell'inchiesta su Open emerge che la Tcl di Librandi ha versato alla fondazione tra il 4 dicembre 2017 e il 9 gennaio 2018, cioè prima di essere rieletto in Parlamento con il Pd, ben 800.000 euro (400.000 come Tcl elettromeccanica e 400.000 come Tcl telecomunicazioni Italia Srl). Ma a questo denaro, di cui si era già parlato l'anno scorso, bisogna aggiungere altri 100.000 euro versati il 4 e l'11 luglio 2018 attraverso la Tlc telecomunicazioni. Quindi Librandi, dopo la sua elezione, ha trasferito nelle casse di Renzi ulteriori 128.000 euro (considerando anche le erogazioni alla Leopolda e ai comitati di azione civile). Tra settembre e novembre 2019 il deputato renziano ha effettuato anche tre bonifici per 66.000 euro complessivi come acconto per una casa nel centro di Saronno, città natale del politico. Il risk manager antiriciclaggio della banca ha annotato: «Il cliente comunicava di avere in Svizzera una “cifra importante" e che al momento aveva firmato un compromesso per l'acquisto di una casa in centro a Saronno del valore di oltre un milione […] Dal colloquio (con Librandi, ndr) emergeva la possibile volontà del cliente al rientro di capitali dalla Svizzera al fine della copertura finanziaria di un importante operazione immobiliare in corso». Anche se il deputato non avrebbe specificato in modo inequivocabile che i fondi utilizzati per il rogito sarebbero arrivati da Oltralpe. Fonti investigative hanno appurato che, in ogni caso, Librandi non avrebbe compilato «il quadro Rw della dichiarazione dei redditi concernete il monitoraggio degli investimenti e delle attività finanziarie all'estero». A riscontro dell'ipotesi dell'esistenza di un conto svizzero, nei documenti dell'antiriciclaggio è stato evidenziato che Librandi nel giugno del 2018 avrebbe disposto un bonifico da 50.000 euro indirizzato a una filiale della svizzera Ubs con la causale «giroconto», come se il rapporto elvetico fosse a lui riconducibile. Secondo la segnalazione inviata a Roma Librandi non avrebbe fornito spiegazioni e documentazione sull'operazione e i motivi di sospetto sarebbero stati rafforzati dalle indagini della Guardia di finanza di Olgiate Comasco sul deputato. Infine gli occhiuti controllori della banca sarebbero stati allarmati da una serie costante di prelevamenti di contanti eseguiti con due carte di debito aziendali intestate a Librandi. I ritiri sarebbero avvenuti sempre con le medesime modalità: due prelievi per volta da 2.000 euro ciascuno da un bancomat di Saronno. In questo modo da inizio gennaio 2018 a fine marzo 2019 sarebbero stati ritirati 151.000 euro attraverso 76 operazioni. Librandi avrebbe riferito che i prelievi sarebbero stati effettuati «per far fronte a ordinari pagamenti aziendali». Ieri il parlamentare, contattato dalla Verità, ha risposto, mostrando una buona dose di sportività, alle nostre domande. «I finanziamenti a Renzi? Basta che siano stati fatti in modo regolare». Quindi ha negato di avere soldi all'estero: «Non so di cosa stia parlando, non ho mai fatto riferimento a conti svizzeri con nessuno perché non ne ho». E i 150.000 euro in contanti ritirati al bancomat? «È una cosa dell'anno scorso. Abbiamo in azienda la Guardia di finanza che sta chiarendo tutte queste cose, chieda a loro. Nella mia società pensiamo di aver fatto tutto in modo regolare, se abbiamo commesso degli errori i militari delle Fiamme gialle ce li segnaleranno. È un anno che li abbiamo in sede e non hanno ancora terminato i controlli perché nel frattempo è arrivato il coronavirus». Ha querelato i finanzieri che lo hanno accusato di averli minacciati? «No, non l'ho fatto». Resta solo da attendere che terminino gli accertamenti.