2025-02-21
Cattodem in cortocircuito sulla tregua a Est
Seguendo il Papa, i piddini alla Tarquinio si sono opposti al conflitto, tanto da essere tacciati di putinismo. Però, ora che l’armistizio lo cerca il detestato neopresidente, borbottano. Sperando ancora di essere ascoltati dai progressisti che li hanno sempre umiliati.La misura dello spaesamento del cattolicesimo progressista ci è stata mirabilmente restituita dall’intervista che Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire ora esponente Pd, ha concesso al Foglio. Una conversazione da cui emerge una impressionante detonazione delle contraddizioni in cui quell’area politica da tempo si dibatte. Da un lato, il cattodem è tenuto a rimarcare che «Trump è sempre il peggio». Tuttavia è anche costretto ad ammettere che non serviva The Donald «per rendere evidente che ormai l’Alleanza atlantica è un morto che cammina», e che «l’Europa avrebbe dovuto marcare una propria fisionomia molto prima, anziché diventare una intendenza a seguito dei carri armati degli altri». Bel pasticcio: si dice che la Nato è da rottamare e che l’Ue non ha saputo cavare un ragno dal buco. Ma poi si deve affermare, come prontamente fa Tarquinio, che è giusto investire sulla Difesa comune europea anche spendendo di più per le armi, e si insiste sul fatto che «questa dovrebbe essere una legislatura europea costituente, in cui si rilancia l’integrazione: nella Difesa, ma anche dal punto di vista fiscale, economico e della transizione energetica». Vecchia storia: l’Ue fallisce dunque ci vuole più Ue. Su questo guazzabuglio ideologico si avventa il tifone Trump. Il presidente americano agli occhi dei cattolici progressisti è brutto e cattivo e decisamente troppo destrorso. È un impresentabile, un villain dei fumetti. È detestato perché ha dichiarato guerra all’immigrazione clandestina, cosa che risulta intollerabile alle anime belle e soprattutto a chi dell’accoglienza in senso lato ha fatto un business, tanto che i vescovi americani giungono a citarlo in giudizio sulla questione della caccia ai clandestini. Ma, guarda un po’, Trump è anche l’unico che stia davvero tentando di costruire una via di uscita concreta dal pantano ucraino. Pure Tarquinio riconosce che «quello che conta è come uscirne», dichiara. «Putin non ha vinto la guerra, ma ha sbranato l’Ucraina. Non si può continuare a proclamare che la vittoria finale su Mosca sia l’obiettivo». Che fare, dunque, dal momento che il Grande Satana Cotonato è anche il viatico per porre fine alle ostilità come Francesco chiede da tre anni? Giova ricordare che, per via delle loro uscite pacifiste, tanto il Papa quanto l’ex direttore di Avvenire (soprattutto il secondo) sono stati inseriti d’ufficio nel novero dei putiniani e sono stati lungamente sbeffeggiati dagli artiglieri da tinello in servizio permanente. La reazione della stampa cattolica di fronte al cumulo di paradossi sopraelencato è piuttosto avvilente. Si evince, palese, l’imbarazzo. Avvenire titola sullo «schiaffo all’Ucraina», ovviamente assestato da Trump. E affida ad Angelo Moretti la missione impossibile di commentare l’andamento delle trattative. Il risultato è piuttosto fragile. L’editoriale del giornale vescovile spiega che la «volontà di potenza» di Putin e la «non verità di Trump su Kiev» non possono garantire una pace sicura e perpetua. Ma nemmeno possono farlo Ursula von der Leyen e i leader europei che finora hanno spinto la guerra. Come se ne esce? Secondo Moretti, «solo i “non addetti ai lavori” hanno la possibilità di schierarsi per la pace perpetua: tocca ai cittadini europei e ucraini comuni mettersi in movimento insieme. [...] Non basta limitarsi a dire “no agli eserciti” e poi proseguire la nostra vita quotidiana con le priorità che avevamo prima che questa aggressione avesse corso. Si può invece dire: tacciano le armi, degli aggressori in primis, e facciamo avanzare i nostri corpi disarmati come “corpi civili di pace”». Certo, tutto bellissimo: si possono sicuramente organizzare mille manifestazioni per la pace in Europa e altrove. Peccato che finora la gran parte della sinistra, quella che solitamente scendeva in strada contro la guerra, abbia clamorosamente disertato. E peccato che, manifestazioni o meno, a decidere siano politici e capi di Stato, al netto di ogni idealismo e basandosi sui rapporti di potere. Anche Famiglia Cristiana si affida al velleitarismo e si infratta nell’ambiguità: invoca una «pace giusta e duratura non imposta dai più forti» e depreca il «bullismo di Trump». Ma siamo daccapo, perché il bullo in questione è anche il solo che - assieme a Putin - possa decidere per la sospensione del massacro. Il grande dilemma del cattolicesimo italiano di sinistra sta tutto qui. Cerca - almeno a parole - la pace ma è alleato con chi ha tifato guerra. Si vuole costituire come «alternativa moderata progressista» al populismo dei 5 stelle, ma i pentastellati sono gli unici che abbiano fornito una sponda sulla politica estera. Non vuole stare con Trump - anche per via della sua postura radicalmente anticinese non graditissima a Romano Prodi e soci - e intanto il presidente americano garantisce una svolta su tutte le battaglie che ai cattolici stanno più a cuore. Riducendo all’osso si potrebbe anche dire che i cattodem si ostinano a cercare spazio e ascolto presso coloro che costantemente li umiliano e ne frustrano le istanze. Prima o poi, qualcuno tra i tanti geniali strateghi d’area sempre pronti a pontificare potrebbe addirittura rendersene conto.
Ursula von der Leyen (Ansa)