2022-12-23
«In Italia scarseggiano medicine e blister»
Marcello Cattani (Imagoeconomica)
Marcello Cattani, presidente di Farmindustria: «Dipendiamo dall’estero, non c’è mai stata una linea per essere indipendenti. E mancano pure gli imballaggi come carta e alluminio».Inizialmente si diceva che la scarsa reperibilità di farmaci, come antidolorifici e antinfiammatori, fosse dovuta al trattamento domiciliare dei sintomi da Covid, ma in realtà, se si scava più a fondo, la situazione è molto più complessa. Non solo per il conflitto in Ucraina e tutte le tensioni geopolitiche che si stanno sviluppando, ma anche per colpa dell’attuale contesto globalizzato e interconnesso che ci porta sempre più a dipendere dagli altri. Anche per quanto riguarda i farmaci.A mancare, ora, non sono solo antinfiammatori, antidolorifici e antibiotici; mancano anche diuretici, antidepressivi, antipertensivi. La Verità ne ha parlato con il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani.Presidente, l’ultimo report l’Aifa stima in quasi 3.200 i farmaci carenti. Come mai? «Un 50% di questa carenza riguarda farmaci cessati nella produzione e sostituti da altri e l’altro 50% è dovuto alla mancanza di principi attivi. Le cause di tutto questo sono sostanzialmente due: da una parte, l’incremento anomalo della domanda, scatenato dal Covid e dall’influenza stagionale; dall’altra, la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, a partire dai principi attivi, che per l’Europa provengono per il 75% da Cina e India».Sta dicendo che anche nei farmaci dipendiamo dagli altri Paesi? «Esattamente. Noi siamo un grande produttore, ma dipendiamo da questi due Paesi per i principi attivi. In più, noi paghiamo questi “ingredienti” in dollari e, in questo momento, il cambio euro-dollaro è sfavorevole. Oltre a scontare gli effetti dell’inflazione e quelli dell’incremento dell’energia che stanno mettendo sotto stress la filiera».Perché il nostro Paese non è in grado di rendersi indipendente? «Perché non è mai stata incentivata una strategia governativa che consentisse di renderci autonomi».La Francia sta cercando di rendersi indipendente.«Sì, e con grandissimi investimenti governativi. Hanno messo a punto un piano decennale con un investimento di circa 7 miliardi e mezzo di euro per potenziare la ricerca dei farmaci e tutta la filiera».Perfino gli Emirati Arabi.«Sì. Anzi, qui, nei prossimi dieci anni, siamo abbastanza certi che vedremo la nascita di un grande hub di filiera del settore farmaceutico. Dalla loro parte hanno grossi capitali».Quindi, dipenderemo ancora da loro.«L’obiettivo era rafforzare l’Europa, ma abbiamo bisogno di investimenti».Di quanti soldi stiamo parlando? «Diversi miliardi di euro e, soprattutto, di regole nuove che incentivino in maniera veloce l’innovazione, il sostegno alla ricerca e l’accesso ai nuovi farmaci. Chiediamo che non vi siano interventi che vadano a tagliare i prezzi, pena il rischio chiusura delle aziende».Cioè? «I prezzi vengono tagliati quando scadono i contratti con l’Aifa e i produttori si vedono continue rinegoziazioni. Ma a fronte degli aumenti dei costi di tutti i fattori produttivi, dobbiamo far sì che le aziende possano produrre. Chiediamo al governo una strategia per localizzare la produzione in Italia».Oltre ai principi attivi, mancano anche gli imballaggi.«Sì, mancano carta, cartone, alluminio. La reperibilità degli imballaggi è difficoltosa, ma non solo in Italia».Quindi potremmo incorrere nel paradosso per cui abbiamo il farmaco ma non il contenitore? «Esattamente. Sta già accadendo».
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