
Il campione si issa al numero due del mondo e continua a migliorare nel gioco, contemporaneamente la sua figura è travolta dal vizio italiano della santificazione: è un modello di rettitudine in tutto. Lo dicono gli stessi che lo insultarono al forfait in Davis. L’hanno visto a North Beach camminare sulle acque. È il destino mediatico di Jannik Sinner dopo la conquista di Miami, terza campagna napoleonica dell’anno (ricordatevi di Melbourne e Rotterdam), e in attesa di arare come si deve l’ostile terra rossa. È la dolce maledizione del fenomenale numero due del mondo già entrato, a 22 anni, nel paradiso della beatificazione collettiva, fra boati meritati dalle tribune e inevitabili eccessi narrativi. Più che alle imprese di un campione, sembra di assistere già al docufilm sul medesimo campione, passato in un inverno - secondo il granitico paradigma di Alberto Arbasino - da giovane promessa a venerabile maestro. Senza il rischio, per ora, di deragliare verso il limbo affollatissimo dei «soliti stronzi».In realtà, da maestro, stringendogli la mano nell’unica volta in cui ha raggiunto spontaneamente la rete, Sinner avrebbe dovuto passare al povero Grigor Dimitrov il foglietto con scritto il costo della lezione per il 6-3, 6-1. Invece da bravo ragazzo qual è gli ha sussurrato: «Scusami per oggi, Grigor». Ha interiorizzato l’angoscia ancestrale dell’avversario di 10 anni più vecchio, prima preso a pallate e poi consolato. Il bulgaro, annichilito, gli ha risposto: «Vederti in campo è bello ma non è bello giocarti contro». Tutto così meravigliosamente corretto da sembrare irreale. Eppure il mondo rosa costruito attorno a Sinner, con colonna sonora di La-La-Land, è davvero questo. E noi avvezzi ai calciatori che si insultano e simulano, alle pallavoliste che s’inventano vittime del razzismo, ai ciclisti che bevono di tutto, ai piloti che si tagliano la strada, a Fabio Fognini che spacca le racchette e a Valentino Rossi che non riesce a scendere dalla «moto-ricordo», ne usciamo come da un’antica pasticceria: sopraffatti dalla vaniglia.Ricapitolando. Mentre distrugge gli avversari come un bombardiere supersonico (gli altri sul sintetico e sul cemento sembrano tutti a elica) secondo la letteratura dominante Sinner: 1) ripara le giovani raccattapalle dalla pioggia con l’unico gesto dell’ombrello che conosce, 2) viene additato a esempio da Luciano Spalletti ai viziati-tatuati della Nazionale di football, 3) si accorge che sugli spalti c’è uno spettatore in agonia da sete sahariana e gli porge la borraccia salvifica, 4) palleggia con un ragazzo disabile, seduto su una sedia a rotelle come lui per confermare che la diversità è solo nei cuori di pietra, 5) a Miami respinge il bacio sulla guancia di Laura Pausini perché, commenta un giornale adorante, «per lui esiste solo la mamma».Paradigma di virtù e bellezza, di forza gentile e candido talento, il tenero Jannik è già un’entità mistica. Prima di lui solo Silvio Berlusconi per Emilio Fede; Enrico Berlinguer e Tonino Di Pietro per tutti gli altri giornalisti. Il suo incedere viene rappresentato dai media come una liturgia miracolistica: guardi un set e puoi evitare di andare a messa. Il carro del vincitore sembra un Jumbo jet. Ed è curioso notare - prenda appunti, se vuole, il nostro fuoriclasse - che si tratta della stessa tribù che all’inizio lo snobbava perché poco italiano, poi lo insultava perché si era rifiutato di giocare la Coppa Davis (che infine ha vinto praticamente da solo). E ancora oggi si tura il naso di nascosto per la faccenda della residenza a Montecarlo. In questo caso l’unico rimedio per non far scattare l’invidia sociale del grillino che è in ciascuno di noi, caro Jannik, è continuare a macinare palline vincenti. In caso contrario sarà un massacro.A questo proposito, con 21 milioni di guadagni Sinner è 26º assoluto e ha già scavalcato Ivan Lendl nella classifica dei più ricchi della storia. C’è chi stappa spumante persino per questo, ma è giusto ricordare che il ceco vinse otto tornei dello Slam negli anni in cui il premio massimo non era di 1,2 milioni come a Miami ma 10 volte meno. Invece uno dei dati più positivi del momento, oltre la Sinnermania da mandolino, è la crescita del movimento italiano: oggi gli azzurri nella top 100 sono otto. Ecco gli altri: Lorenzo Musetti (numero 24), Matteo Arnaldi (35), Lorenzo Sonego (61), Flavio Cobolli (63), Luciano Darderi (72), Luca Nardi (il castigatore di Djoker a Indian Wells, 76), Fabio Fognini (100).Al di là delle sviolinate cosmiche e a differenza di Matteo Berrettini, la forza di Sinner è quella della rinuncia alla mondanità. Dire no al festival di Sanremo, al docufilm di Netflix, alle comparsate notturne, costringere il gossip a fare doppio fallo è un vantaggio assoluto per salvarsi la vita. Nonostante questo la macchina della santificazione non conosce sosta. Mentre gli esperti di tennis già ipotizzano che durante l’inverno ha trasformato il passante di rovescio in quello di Bjorn Borg, i sociologi mediatici cominciano a interpretare le sue parole come si fa solo con un messia e con Zlatan Ibrahimovic. Dopo la sconfitta contro Carlos Alcaraz a Indian Wells, il nostro adorato squalo rosso (ultimo soprannome di una collezione tricologica) disse: «Nel tennis o vinci o impari». Subito un quotidiano pubblicò un editoriale nel quale spiegava il martirio in senso hegeliano: «Sinner è felice quando può migliorare sé stesso, sembra che non veda l’ora di tornare ad allenarsi perché quello è l’ambiente che lo fa stare meglio. E in un mondo che cerca scorciatoie, sceglie la strada della fatica». Un’autentica banalità. Tranne Ilie Nastase, i grandi sono passati tutti da lì. Meglio imparare vincendo, con l’obiettivo di provare a diventare numero uno del mondo scalzando Novak Djokovic già al Roland Garros a inizio giugno. Tutto questo per evitare che nell’immane clacque si apra una breccia. Per quel che ci riguarda, consigliamo Sinner di non fidarsi della melassa. E lo aspettiamo al primo gesto dell’ombrello. Ma quello autentico. E vivaddio liberatorio.
Ansa
Centinaia di tank israeliani pronti a invadere la Striscia. Paesi islamici coesi contro il raid ebraico in Qatar. Oggi Marco Rubio a Doha.
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Considerato un superfood, questo seme (e l’olio che se ne ricava) combatte trigliceridi, colesterolo e ipertensione. E in menopausa aiuta a contrastare l’osteoporosi. Accertatevi però di non essere allergici.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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