2025-03-03
Caro Tavares, per i suoi demeriti meritava di più
Caro Carlos Tavares, caro ex amministratore delegato della ex Fiat, le scrivo questa cartolina per consolarla. Non riesco a capire, infatti, come non le abbiano dato quei 100 milioni di euro di liquidazione che erano stati annunciati dopo il suo addio a dicembre e che certamente meritava, avendo distrutto il settore auto del nostro Paese.Ora, dai bilanci dell’azienda emerge che lei avrebbe preso «solo» 52 milioni di euro (questo il calcolo dell’affidabile Gianni Dragoni sul Fatto Quotidiano). E non oso immaginare la sua delusione: ma come? Faccio a pezzi un’industria che era l’orgoglio italiano, lascio a casa migliaia di operai, uso la cassa integrazione come fosse marmellata sul pan carré, e non mi danno 100 milioni di euro? Ma allora cosa bisogna fare per averli? Mettere una bomba atomica sotto Mirafiori?Già le è toccato far la fame durante i suoi quattro anni in carica: appena 23 milioni di euro (63.000 euro al giorno) nel 2022 e 36 milioni di euro (quasi 100.000 euro al giorno) nel 2023. E adesso 52 milioni di euro per l’addio? Scherziamo? Immagino quanto sia doloroso. Anche perché i risultati della sua gestione sono evidenti: nell’ultimo anno la produzione di automobili della ex Fiat è scesa a 283.000 esemplari, come non accadeva dal 1956, prima del boom economico; le vendite sono diminuite del 12%, i ricavi del 17%, gli utili del 70%; gli operai in cassa integrazione sono aumentati al numero record di 20.000, in pratica uno su due. Per questi meriti acquisiti sul campo lei, caro Tavares, è stato accompagnato alla porta, ma siccome la gratitudine non è di questo mondo le hanno messo in tasca la metà dei 100 milioni annunciati. Come si permettono? Urge colletta per aumentare l’argent de poche. Magari chiediamo un contributo ai cassintegrati.Portoghese di Lisbona, 67 anni ad agosto, figlio di un’insegnante di francese e di un commercialista, dicono che lei si sia appassionato di auto frequentando l’autodromo dell’Estoril. Ha corso rally, ha una scuderia tutta sua, colleziona auto d’epoca e sostiene di saper riconoscere un modello dal rumore del motore e di saperlo pure aggiustare. Insomma, di auto sa proprio tutto, tranne che come si fa a produrle e venderle. È per questo che la pagavano così bene: per chiudere le fabbriche. Da quanto è nata Stellantis, sotto la sua guida, il personale è stato più che decimato: ha buttato fuori 15 lavoratori su 100, 1,5 su 10. Raccontano di quando arrivò a Grugliasco dove Sergio Marchionne aveva inaugurato lo stabilimento Maserati, fiore all’occhiello del rilancio dell’azienda. «A che serve?», si chiese. In effetti. La fabbrica è stata chiusa, lo stabilimento messo in vendita su Immobiliare.itMemorabile anche il suo intervento al Parlamento italiano, nell’ottobre scorso. Chiese sussidi dicendo: «Non sono per noi, sono per i cittadini». Sottinteso: sono per i cittadini che comprano le nostre auto. In quell’occasione si disse anche stupito per il «livore» degli operai. Ma come, deve aver pensato, io li lascio a casa e quelli non mi sono nemmeno grati? Si capisce: per lei rimanere a casa è una festa, intanto per il dettaglio di quei 52 milioni di euro che lei ha e gli operai no. Ma anche perché lei ha già trovato un’occupazione nella sua bellissima tenuta in Portogallo. Dicono che produca olive e porto. Che poi è sempre meglio che produrre un cavolo come ha fatto negli ultimi quattro anni.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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