Ci sono porporati che, per carisma o esperienza, sono in grado (più di altri) di orientare pacchetti di voti. Tra i conservatori spicca Sarah, tra i progressisti Maradiaga. Sempre attivi i «nostri» Ruini e Bagnasco.Nel giorno dei funerali di papa Francesco, che i cardinali accompagneranno nella preghiera anche nella Basilica di Santa Maria Maggiore, luogo della sepoltura, regna giustamente silenzio e raccoglimento. Ma la febbre del conclave è alta. Il primo problema da risolvere dopo i funerali sarà quello della posizione del cardinale Angelo Becciu: nelle congregazioni generali si dovrà decidere se ammetterlo o meno al voto, visto che non è chiaro se la riduzione delle sue prerogative cardinalizie da parte di Francesco sia avvenuta con qualcosa di scritto o meno. Le congregazioni generali, guidate dal cardinale Giovanni Battista Re, 91 anni, decano del collegio cardinalizio, in questi primi giorni non sono ancora entrate nel vivo, anche perché i cardinali stanno ancora arrivando a Roma. Sono comunque già oltre 120 quelli presenti fra i 252 che possono partecipare, tra cardinali elettori e ultraottantenni non votanti. Di loro, solo 133 sono titolati a esprimere poi il voto nel conclave vero e proprio. Queste congregazioni generali sono un passaggio decisivo dell’elezione del futuro pontefice. Qui, infatti, svolgono un ruolo importantissimo i cosiddetti pope maker, grandi elettori che per carisma o esperienza sono in grado di orientare pacchetti di voti. Fu così anche per l’elezione di Jorge Mario Bergoglio nel 2013 dove il suo personale intervento, breve e ritenuto di grande rilievo spirituale, fu poi ben supportato dal lavoro di alcuni cardinali che raccolsero il consenso intorno all’allora cardinale di Buenos Aires prima dell’ingresso in Cappella Sistina. I suoi pope maker furono il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga, oggi ultraottantenne, e l’americano Donald Wuerl (oltre al defunto cardinale brasiliano Cláudio Hummes). La stessa cosa avvenne nel conclave 2005, quando all’opera per costruire il consenso intorno all’allora cardinale Joseph Ratzinger lavorarono i cardinali López Trujillo, Camillo Ruini, Julián Herranz e Joachim Meisner.Anche il conclave che sta per aprirsi riserva un ruolo cruciale alle congregazioni. Il numero di elettori elevato, ma soprattutto il conclave «delle periferie» costruito da papa Bergoglio con i suoi dieci concistori in dodici anni ha determinato una situazione nuova. Le porpore arrivano anche da Tonga, Timor Est, Papa Nuova Guinea, ma non ci sono diocesi tradizionalmente cardinalizie come Milano, Venezia, Parigi e Lisbona. In tutto sono coinvolti 71 Paesi da cinque continenti, molti cardinali non si sono mai visti se non in fotografia, anche perché papa Francesco di fatto non li ha mai fatti incontrare nei concistori. La tradizionale distinzione in «progressisti» e «conservatori» è meno chiara di un tempo e ancora una volta alcune figure di anziani cardinali potrebbero rivelarsi decisive. Lo stesso cardinale Re, il cardinale Camillo Ruini, l’arcivescovo emerito di Vienna Christoph Schönborn, ancora l’honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga, il cardinale Angelo Bagnasco, il canadese Marc Ouellet e lo statunitense Sean O’Malley, sono figure che potrebbero farsi carico di raccogliere e coordinare gruppi di cardinali in vista della votazione. Altre figure di spicco che potrebbero raccogliere e indirizzare consensi sono da parte più tradizionalista il porporato guineano Robert Sarah e l’ex prefetto della Dottrina della fede Gerhard L. Müller, entrambi votanti, mentre sul lato liberal del collegio cardinalizio questo ruolo potrebbe essere svolto dal cardinale statunitense Blase Cupich, dal cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich e dal maltese Mario Grech, anch’essi votanti. In un contesto estremamente eterogeneo il ruolo di questi grandi elettori diventa ancora più importante. Su temi fondamentali come l’attenzione alla dottrina, l’apertura al mondo, alcune questioni aperte e irrisolte da Francesco, il rischio è quello di polarizzare ulteriormente il mondo cattolico. Sembra questo al momento il punto di caduta per trovare il nuovo Papa. Per ora è il centro il luogo geopolitico in cui cercare. Anche nel lato più liberal del collegio cardinalizio, che è certamente maggioritario, c’è comunque desiderio di rendere più tranquilla la navigazione della barca di Pietro in un mare che peraltro è molto più mosso rispetto a quello del 2013. Pensare di riuscire a raccogliere 90 voti intorno a un nome di «rottura», fosse a sinistra come a destra, per usare etichette giornalistiche, è fare del «fantaconclave». Più razionalmente si sta lavorando su candidature capaci di unificare. Per questo il nome che circola di più è quello del segretario di Stato Pietro Parolin, figura che ha i suoi nemici di qua e di là, ma che certamente rassicura tutti (tranne per la sua posizione sulla Cina che potrebbe non essere gradita anche fuori dalle sacre stanze). Secondo alcune incontrollate indiscrezioni sul suo nome si riuscirebbe a far convogliare fino a 60 voti. Di seguito, in posizione più progressista, ci sono poi i cardinali Matteo Zuppi e Luis Tagle. Dall’altra parte si sta cercando di costruire la candidatura del cardinale ungherese Péter Erdo, profilo più gradito ai moderati. In seconda fila ci sono lo svedese Anders Arborelius e l’italiano Patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa. Ma c’è difficoltà nel far coagulare i voti. C’è chi dice che più dureranno le congregazioni generali più breve sarà il voto. E viceversa.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
L’ex ministro dem: «La maggioranza solleva odio». Walter Verini (Pd): «Sconcertante».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Il portavoce della Santa Sede riferisce la posizione di Leone XIV, comunicata al nuovo ambasciatore Usa in Vaticano: «La violenza politica lo preoccupa, e pensa sia necessario astenersi dalla retorica e dalle strumentalizzazioni che portano alla polarizzazione».
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Il presidente della Repubblica ricorda Willy Monteiro Duarte e tra le righe manda un messaggio ai progressisti esagitati: datevi una regolata. Ma non ce la fanno: se a morire è un loro avversario, fioccano i distinguo e persino le giustificazioni.