2019-12-03
Caos trasparenza nelle fondazioni. Il nuovo fronte che spacca il governo
Pd e M5s votano per posticipare di un anno le norme sulle donazioni. Matteo Renzi azzanna i 5 stelle: «Fanno la morale a me e poi...». Luigi Di Maio smentisce i suoi: «Porcata da cambiare». E i dem, in crisi di liquidità, sono in imbarazzo.Il governo giallorosso si impantana e apre un nuovo fronte nella maggioranza, questa volta sui finanziamenti ai partiti. O meglio, sul possibile rinvio della legge già entrata in vigore a gennaio di quest'anno che obbliga tutte le formazioni politiche, da Pd a Forza Italia, a rendere trasparenti i finanziamenti da parte di associazioni e fondazioni. È l'onda lunga delle nuove regole entrate in vigore dopo la fine del finanziamento pubblico, per cercare di colmare quel cono d'ombra su cui da tempo la magistratura ha iniziato a indagare. Basti osservare i casi delle Fondazioni Open e Eyu di quando Matteo Renzi era segretario del Pd o quello dell'associazione Più Voci della Lega di Matteo Salvini.Capita così che nella notte tra domenica e lunedì, durante la commissione finanze che sta esaminando la manovra di bilancio, il deputato dem Claudio Mancini decida di proporre un emendamento per rinviare tutto al 2021, tra un anno e mezzo. Il Pd vota a favore, lo fanno anche i grillini. Renzi non perde l'occasione di attaccare di prima mattina con un tweet: «Questa notte in Commissione alla Camera gli stessi che ci hanno fatto la morale sulla fondazione Open, che ha tutti i dati trasparenti e pubblica i bilanci, hanno votato per rinviare l'equiparazione tra fondazioni e partiti prevista dalla spazzacorrotti. Di giorno fanno la morale a noi sui social, di notte votano per evitare la trasparenza alle loro fondazioni. E naturalmente tutto in silenzio, alla chetichella. Italia viva ha votato contro, la maggioranza ha votato a favore». La bordata è contro il Movimento fondato da Beppe Grillo - che già non è iscritto al registro dei partiti e non rendiconta pubblicamente un euro speso - ma è soprattutto un attacco all'associazione di Gianroberto Casaleggio, ultima arrivata nella galassia che ruota intorno ai 5 stelle. Luigi Di Maio, leader pentastellato, punto sul vivo e fiutando l'autogol mediatico, rispende a stretto giro di posta: «È una porcheria che va tolta. Il decreto torni subito in commissione». Ma il leader di Italia viva lancia un secondo messaggio, questa volta diretto ai suoi ex colleghi del Pd che negli ultimi giorni, tramite il nuovo tesoriere Luigi Zanda, hanno ricordato come Renzi abbia raccolto soldi con le sue fondazioni lasciando 160 dipendenti dem in cassa integrazione. Del resto chi ha proposto l'emendamento di rinvio, Claudio Mancini, è un ex Pds e poi Ds, molto vicino al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e anche all'ex storico tesoriere del Pci Ugo Sposetti, oggi custode del patrimonio immobiliare e culturale ex Pci. Negli ultimi giorni Mancini non si sta occupando solo della manovra economica, ma anche dei conti del partito che non sono messi affatto bene. Non a caso è stato nominato tesoriere del Pd romano che poche settimane fa ha ricevuto una cartella esattoriale da 1 milione di euro: la vecchia amministrazione renziana non pagava i contributi. Il problema è proprio tra la vecchia gestione dell'ex tesoriere Francesco Bonifazi e la nuova di Zanda. Quando Renzi si prese il partito, Sposetti decise di chiudere a chiave l'immenso patrimonio del vecchio Partito comunista: 68 fondazioni con dentro 2.399 immobili, 410 opere d'arte e un valore stimato di circa mezzo miliardo di euro. In questi anni è successo di tutto. Spesso sezioni del Pd sono state sfrattate da luoghi storici perché non pagavano l'affitto. È successo anche al Pd di Roma che infatti deve radunarsi al Nazareno, la sede principale. Ma in generale è tutto il partito di Nicola Zingaretti a essere al collasso, tanto che proprio Zanda ha rivelato al Foglio di essere alla ricerca di una sede nuova e meno costosa. La richiesta di rinvio di Mancini, quindi, potrebbe essere utile ai compagni per riorganizzarsi e avere più tempo per sistemare i conti. Chiedere trasparenza adesso, forse, non è la migliore delle soluzioni. Lo stesso Mancini lo ha spiegato alle agenzie di stampa. «Il mio emendamento per il rinvio di un anno della equiparazione delle associazioni ai partiti è legato alla impossibilità per la commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici di esaminare i rendiconti di 6000 associazioni, come si evince della relazione inviata il 27 maggio scorso al Parlamento dalla commissione stessa. Non era certo mia intenzione creare problemi a maggioranza e governo». Il problema è che la maggior parte di quelle associazioni e fondazioni ruotano soprattutto intorno al Partito democratico. Lo stesso discorso vale anche per Forza Italia e per i partiti di centrodestra. Il tesoriere leghista Giulio Centemero spiega: «Di Maio se lo ricorda che sulle fondazioni il M5s ha votato convintamente e unanimemente a favore solo questa notte? Ora dice che è una porcheria. Il Pd presenta l'emendamento mentre Italia Viva vota no. Questa è una maggioranza allo sbando, allo sbaraglio».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)