2020-11-02
Gay e jihad: la rete attorno al tagliagole
Ansa
Nei social del killer di Nizza e dei suoi amici bandiere bruciate, tifo Lgbt e il post: vado in paradiso.
Nei social del killer di Nizza e dei suoi amici bandiere bruciate, tifo Lgbt e il post: vado in paradiso. Estremisti, ma forse anche omosessuali, è questo l'incredibile segreto che potrebbe nascondere il tagliagole di Nizza Brahim Aoussaoui, 21 anni, e la sua cricca. Infatti l'estremista non è partito da solo il 19 settembre: era con Ahmed Ben Amor, arrestato sabato sera in Francia, a Grasse, nato a Sfax nel 1991. Di lui si sa che è un musulmano radicale. Peccato che grazie a Internet si scopra che nel 2016 era vicepresidente dell'associazione Shams Tunisie, un gruppo Lgbt che lotta per la depenalizzazione dell'omosessualità in Tunisia. Per la verità anche uno dei profili Facebook di Aoussaoui, utilizzato almeno sino al 2018, rivela un'inclinazione gay: per esempio, il 21 maggio 2018, è stata pubblicata una foto patinata di un uomo discinto e muscoloso. Nello stesso profilo anche scatti di uno spinello e di un accendino. Insomma tutte immagini che non si addicono a dei musulmani radicali, ma anzi fanno pensare al loro contrario. Uno dei profili social di Ben Amor, collegato a Aoussaoui, ha un migliaio di contatti, per la maggior parte tunisini, ma anche donne di nazionalità sudamericana. In una foto, l'uomo indossa una divisa da vigilante con il logo della bandiera tunisina. Ieri, su un account a lui riconducibile è stato pubblicato il video di un bambino dai tratti nordafricani mentre brucia una bandiera francese. Con l'aiuto dei social scopriamo un'altra clamorosa verità. I legami con l'Italia non solo di Aoussaoui, ma anche della sua presunta rete.Una notizia che conferma ancora una volta come lo stivale sia una sorta di hub per aspiranti terroristi, una rampa di lancio da cui partono per l'Europa.Brahim l'11 ottobre scorso, dopo l'identificazione e la fotosegnalazione a Bari, torna in Sicilia, dove ha un contatto, a Palermo: Issam Ben Hamida Ben Mohamed Chibi, che gli avrebbe garantito un alloggio di fortuna in un magazzino del ristorante etnico in cui lavora. Da Palermo Brahim si sarebbe quindi spostato ad Alcamo, in provincia di Trapani, da un tunisino il cui nome non è stato reso noto. Gli investigatori della Digos lo hanno identificato e il giovane è stato sentito in Procura a Palermo. Nel corso di un lunghissimo interrogatorio ha sostenuto di non aver conosciuto l'attentatore prima del suo arrivo in Italia. Poi però ha ammesso l'esistenza di un'amicizia tra le rispettive madri. Sembra che abbia dimostrato ai magistrati che per poter riconoscere Brahim si era fatto mandare dalla Tunisia una foto dalla madre. Poi, però, contrariamente alle notizie diffuse nei giorni scorsi, non lo ha ospitato, perché Brahim ha dormito in casolari di campagna. Il tunisino, infatti, pare abbia preso parte a una campagna di raccolta delle olive. Il presunto amico di famiglia tuttavia è stato arrestato per non aver ottemperato all'intimazione a lasciare il territorio nazionale a seguito della scadenza del permesso di soggiorno. Ben Amor ricompare accanto a Brahim, nella ricostruzione dell'intelligence, a Nizza, dove i due sono arrivati in treno il 27 ottobre.Il 28 l'attentatore ha comunicato a sua sorella, residente in Tunisia, il suo arrivo in territorio francese. E lo ha fatto attraverso il profilo di tale A.T.. L'utilizzatore del profilo, il 19 settembre, data della partenza di Brahim dalla Tunisia, ha pubblicato due foto nelle quali è ritratto in compagnia di un altro soggetto non identificato dapprima a bordo di un'imbarcazione munito di giubbotto di salvataggio e in un secondo momento verosimilmente all'interno di un campo d'accoglienza.C'è anche la foto del 24 settembre in quello che sembra il bagno di una nave con sotto la didascalia «quarantena». A. T. è uno dei nove tunisini con cui Aoussaoui e Ben Amor sono partiti da Gabes il 19 settembre? Probabile. Tra gli amici di Facebook di A.T. anche Brahim e un certo D. L., anche questo originario di Sfax. Sul profilo di quest'ultimo sono indicate le seguenti tappe di un viaggio che ha proceduto di pari passo con quello del terrorista: 9 ottobre Bari, 12 ottobre Ventimiglia, 16 ottobre Nizza, 21 ottobre Monaco, 28 ottobre Marsiglia. La pagina di D. L. contiene l'immagine di un'esplosione tra le parole «Dove vai? In Paradiso».Il tagliagole di Nizza, pur considerato estraneo agli ambienti dell'estremismo islamista, avrebbe comunque mantenuto contatti in Tunisia con personaggi sospettati di appartenere a una cellula terroristica affiliata all'Isis: Ali Abidili e Haroun Felhi. Ma anche con Ibrahim Ben Soltana, indicato come un estremista, noto alle forze di polizia italiane, perché giunto clandestinamente in Italia nel settembre 2019.Anche gli altri tre uomini della rete di Brahim arrestati in Francia, come abbiamo detto, hanno lasciato tracce in Italia.La sera de 29 ottobre è stato fermato Rabia Djelal, algerino, classe 1973. È stato identificato dopo aver analizzato i video registrati dalle telecamere di videosorveglianza di un quartiere di Nizza. Era in compagnia dell'attentatore alla vigilia della strage. Djelal non era noto ai servizi segreti francesi. Ed era sconosciuto anche alle forze di polizia. Ma in Italia era stato controllato nel gennaio 2019 dai carabinieri di Bordighera (Imperia). Il 30 ottobre, invece, è stato fermato Slah Aboulkacem, tunisino come Brahim, classe 1987. Nell'aprile 2011 risultava residente a Fossato di Vico (Perugia). Da dicembre dello stesso anno, invece, a Legnano (Milano), in via Liguria 40, uno stradone periferico con villette bifamiliari. Il 22 ottobre 2014 la Questura di Milano gli ha rifiutato il permesso di soggiorno. Fino ad allora, però, aveva lasciato più di una traccia: tra dicembre 2011 e ottobre 2013 è stato sottoposto a svariati controlli di polizia a Gubbio, Legnano, Gallarate (Varese), alla stazione di Genova Brignole e, nel novembre 2013, anche nel capoluogo lombardo insieme ad altri connazionali. In un paio di occasioni era in compagnia di pregiudicati italiani: F.T. (condannato per rissa) e R.S. (tossicodipendente processato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e furto aggravato). La mattina del 31 ottobre, invece, è stato fermato anche Bassem Aboulkacem, 25 anni, cugino di Slah e suo coinquilino a Nizza. Nel giugno e nel dicembre 2018, ma anche nell'agosto 2019, è stato controllato dall'Ufficio di polizia di frontiera di Genova.Grazie a uno dei due profili Facebook di Brahim è possibile trovare altri contatti sul territorio italiano: lo straniero S.C., apparentemente domiciliato a Pescara; V.B., italiana di Civitavecchia; S.L., una sudamericana trapiantata a Bologna; poi quattro tunisini: S.W., residente a Parma, W.R., un islamico convinto, che vive a Roma come, M.M. e, infine, S.L., con base a Bologna.L'Aise (l'agenzia informazioni e sicurezza esterna) diretta dal generale Giovanni Caravelli è stata determinante nel ricostruire e individuare la rete di contatti dell'attentatore, sensibilizzando le autorità tunisine a fornire tutti i dati in loro possesso e soprattutto nel geolocalizzare e far fermare sabato a Grasse Ben Amor.Secondo gli analisti dell'agenzia guidata da Caravelli allo stato attuale non vi sono evidenze di un'unica regia e gli attentati del 29 ottobre appaiono casi scollegati. Però resta elevato il rischio di attentati contro obiettivi francesi nel mondo. La nostra intelligence nelle sedi istituzionali ha evidenziato che il caso dell'attentatore di Nizza mostra che i flussi migratori dei clandestini possano essere infiltrati occasionalmente da individui radicalizzati e conferma i rischi per la sicurezza nazionale correlati al flusso migratorio dalla Tunisia sulla rotta mediterranea centrale.Valutazioni fatte non sulla scorta dell'emozione, ma sull'analisi dei dati e che per questo non potranno essere sottovalutate. A partire dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo del Ministero dell'Interno previsto per oggi. Infine la vicenda di Nizza ha scatenato lo sciacallaggio mediatico. L'attentato è stato rivendicato da Tanzim al Mahdi (Organizzazione del Messia), un gruppo tunisino sino ad oggi sconosciuto, con un video ampiamente condiviso sulle piattaforme social locali. Nelle immagini del proclama tal Walid Al-Saidi rivendica l'attacco di Nizza quale azione compiuta a nome di tutti i «sostenitori del Mahdi presenti a Tunisi e nel Maghreb arabo». In realtà successivamente si è scoperto che il gruppo non esiste e che l'interprete del comunicato era già noto come portavoce dei «giovani disoccupati tunisini». Al-Saidi è stato arrestato dalle autorità tunisine il 31 ottobre.
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)