Nella corsa al Comune di Roma l'uscente amministrazione locale proverà a giocare con tre punte d'attacco. Corre parallela al calciomercato estivo la «campagna acquisti» elettorale dei rappresentanti comunali e regionali del Lazio. Al centro della trattative alcuni palazzi occupati della Capitale.
Nella corsa al Comune di Roma l'uscente amministrazione locale proverà a giocare con tre punte d'attacco. Corre parallela al calciomercato estivo la «campagna acquisti» elettorale dei rappresentanti comunali e regionali del Lazio. Al centro della trattative alcuni palazzi occupati della Capitale.Il primo si trova in via del Caravaggio e dall'aprile 2013 è finito in mano a 350 persone. In seguito alla causa intentata dalla società proprietaria dei locali, e conclusasi nel 2017, lo Stato è costretto a pagare 266.672 euro mensili «a decorrere dal mese di settembre 2014 fino al momento della liberazione». Un salasso, costato ai contribuenti, oltre 20 milioni di euro. Pochi giorni fa su questo palazzo sarebbe stato raggiunto un importante accordo orale tra il Movimento diritto dell'abitare, il municipio VIII, la Regione e l'Ater (Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica): sospensione dello sfratto per gli abusivi, che si impegnano a lasciare lo stabile in cambio di un ingresso nelle case popolari. In deroga ad ogni norma sulle graduatorie per l'assegnazione, alle 105 famiglie censite sono state promesse 77 case popolari da Ater e 13 dal Comune di Roma. Appartamenti per chi tiene famiglia, in regime di cohousing per i single. Dunque non devono trarre in inganno i numerosi striscioni, che stazionano all'ingresso dell'edificio, «Caravaggio non si sgombera», «le donne delle occupazioni contro la violenza degli sgomberi», perché la trattativa tra occupanti e rappresentanti delle istituzioni è in dirittura d'arrivo.Il palazzo del Caravaggio, com'è chiamato a Roma, era già balzato agli onori delle cronache quando l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, l'aveva indicato come il primo immobile da liberare presente nella sua lista. Sulla vicenda è intervenuta anche il consigliere regionale della Lega, Laura Corrotti: «Inaccettabile il tempismo della sinistra che decide di sistemare ben 105 famiglie che da anni occupano abusivamente il palazzo in via del Caravaggio assegnando loro altrettanti alloggi popolari tra Ater e edilizia comunale. Un accordo che si traduce oggi in un vero e proprio metodo», ha aggiunto Corrotti, «che si ripercuote anche su altri immobili occupati illegalmente nella Capitale, smascherando con l'avvicinarsi delle amministrative la finta rivalità tra Pd e M5s».Il secondo centroavanti di sfondamento si trova in via Maria Adelaide, e la conclusione dell'«affare» sembra dietro l'angolo visto che in Regione Lazio circola già la bozza di delibera. All'interno dell'edificio, di proprietà dell'Ater, vivono 69 persone. Nei documenti non ancora ufficiali si stabilisce «di aderire alla proposta avanzata dall'Ater del Comune di Roma di acquisire in proprietà l'immobile sito in Roma […] tuttora impropriamente occupato, a fronte della disponibilità della stessa Ater di porre in essere le necessarie operazioni di "accompagnamento sociale" delle famiglie occupanti attraverso un piano di collocazione temporanea». E ancora: «Di disporre la cessione diretta all'Ater Comune di Roma dell'immobile». Dunque, dopo la fuoriuscita degli abusivi che verrebbero accolti altrove, l'immobile di proprietà regionale tornerebbe in mano al comune.Più delicata la situazione dell'ultimo complesso, in parte sgomberato lo scorso febbraio, situato in piazza Santa Maria della Pietà, di cui solo una parte è occupata. Il sindaco Virginia Raggi vuole cambiarne la destinazione, attraverso un processo partecipativo con i cittadini. Proposta criticata anche da Stefano Fassina, candidato alle primarie del centrosinistra: «Il processo sul Santa Maria della Pietà non può diventare un mezzo di propaganda elettorale ed essere fatto in fretta e furia».
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C’è un filo che attraversa il tempo, invisibile e tenace che unisce le donne di ieri a quelle di oggi. È la trama di storie che non chiedono concessioni, ma riconoscimento. Di gesti che cambiano le cose senza bisogno di clamore. Di intelligenze che innovano, di passioni che costruiscono. Da questo filo è nata Valore Donna, uno spazio dove le donne non sono semplicemente «raccontate», ma anche e soprattutto ascoltate.
In un mondo che ancora fatica a dare piena cittadinanza alla voce femminile, questa rivista è un atto di presenza, che ho fortemente voluto, con l’intenzione di restituire visibilità e valore alle donne che ogni giorno, in silenzio o sotto i riflettori, trasformano il mondo in cui vivono.
Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
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