2022-02-09
Camionisti no pass dalla Nuova Zelanda all’Ue
Sull’onda delle proteste canadesi, centinaia di tir hanno circondato la piazza del Parlamento in uno dei Paesi che ha imposto le misure più dure. I «convogli della libertà» fanno proseliti anche in Europa: per il 14 febbraio prevista manifestazione a Bruxelles.La manifestazione degli autotrasportatori canadesi contro le restrizioni pandemiche si sta allargando ad altre aree del mondo. Ieri, un convoglio costituto da alcune centinaia di camion e camper ha bloccato il centro della capitale neozelandese Wellington, in forma di protesta contro gli obblighi vaccinali e le stringenti restrizioni messe in atto dal governo locale. In questo quadro, si sono inoltre contati almeno un migliaio di dimostranti a piedi, che agitavano cartelli con scritto «coercizione non è consenso» e «ridateci la nostra libertà». Secondo quanto riferito dall’Afp, «la manifestazione è rimasta pacifica, con la polizia che non ha segnalato arresti o incidenti gravi». La formula dei «convogli della libertà» sta facendo proseliti anche in Europa, tanto che il sito Politico prevede che per il prossimo 14 febbraio ci sarà una manifestazione in grande stile a Bruxelles. Tornando a ieri, la scelta del giorno di protesta non è probabilmente stata casuale. Al di là della volontà di emulare la mobilitazione canadese (sono comparse non a caso delle bandiere con la foglia di acero), la data di ieri era anche significativa dal punto di vista politico. I manifestanti si sono infatti dati appuntamento nei pressi del Parlamento, dove - proprio ieri - la premier neozelandese, la laburista Jacinda Ardern, ha tenuto il suo primo discorso dell’anno. Una Ardern che si è mostrata fortemente critica nei confronti dei dimostranti. «Penso che sarebbe sbagliato caratterizzare in alcun modo ciò che abbiamo visto fuori come una rappresentazione della maggioranza», ha dichiarato in una conferenza stampa. «La maggior parte dei neozelandesi hanno fatto tutto il possibile per proteggersi a vicenda», ha aggiunto. Ricordiamo che il governo neozelandese ha fatto ricorso a delle restrizioni pandemiche particolarmente severe negli scorsi mesi. Non solo ha adottato dei lockdown stringenti, ma ha anche introdotto obblighi di inoculazione per determinati settori. È inoltre in vigore un sistema di lasciapassare vaccinali per accedere ad alcuni esercizi commerciali (come per esempio i ristoranti). In tutto questo, il governo di Wellington ha assunto una linea notevolmente dura per quanto riguarda le restrizioni alle frontiere, che sono rimaste in gran parte chiuse: soltanto pochi giorni fa, la Ardern ha annunciato un allentamento di queste misure a partire dalla fine di febbraio. Un allentamento che si preannuncia tuttavia particolarmente lento e che dovrebbe completarsi non prima del prossimo ottobre. Finora coloro che avevano i requisiti per entrare nel Paese hanno dovuto sottoporsi a una quarantena in hotel appositamente selezionati dal governo e monitorati da personale militare. Ora, al di là del principio controverso in sé del ricorrere all’esercito, sono emersi dei problemi anche dal punto di vista pratico: secondo Afp, con appena 800 camere a disposizione su base mensile, la richiesta avrebbe regolarmente superato di dieci volte la disponibilità, determinando così un ingolfamento. Una situazione che ha creato malumori in svariati settori dell’economia, causando problemi al turismo e in termini di reperibilità di manodopera. Non è forse un caso che un sondaggio pubblicato il mese scorso abbia registrato un significativo crollo di popolarità per la premier. Mobilitazioni si sono verificate nel frattempo anche a Canberra e un po’ in tutte le principali città dell’Australia. Prosegue intanto la protesta dei camionisti canadesi nel centro di Ottawa, che - ricordiamolo - è iniziata lo scorso 28 gennaio. La novità sostanziale è che ieri i dimostranti hanno smesso di suonare i clacson, in ottemperanza a un divieto di dieci giorni emesso dalla Corte superiore dell’Ontario. Per il resto, gran parte del centro cittadino continua ad essere bloccato. Nonostante avesse decretato domenica lo stato d’emergenza, il sindaco Jim Watson aveva anche esortato lunedì il premier canadese, Justin Trudeau, a nominare un mediatore, per cercare di appianare le divergenze con i manifestanti. Proposta che, almeno per ora, il primo ministro non sembra intenzionato ad accogliere. Nella sera di lunedì stesso, Trudeau è infatti tornato a criticare aspramente la mobilitazione in corso ad Ottawa. «È necessario che la mobilitazione si fermi», ha dichiarato il premier, parlando alla Camera dei comuni. Sempre lunedì, il capo della polizia della capitale, Peter Sloly, ha chiesto l’impiego di maggiori risorse. Ricordiamo che, nei giorni scorsi, la polizia ha decretato l’arresto per coloro che siano sorpresi a rifornire i manifestanti di carburante o altri beni. In tutto questo, la mobilitazione canadese continua ad avere impatti anche sugli Stati Uniti. Nei giorni scorsi, in Alaska si era infatti formato un convoglio di oltre 100 camion che da Anchorage si è recato a Eagle River. Tutto ciò, mentre il traffico al confine tra Stati Uniti e Canada sta continuando a subire delle interruzioni. In particolare, lunedì sera è stato bloccato l’Ambassador Bridge: ponte, riaperto poi nella giornata di ieri, che collega il Michigan all’Ontario e che risulta il valico di frontiera più trafficato del Nord America (secondo la Bbc, circa 40.000 persone attraversano questa struttura ogni giorno).