2021-10-23
Camilla uccisa da Az. Ma per i vaccinisti è morta per colpa sua
Camilla Canepa era sana: l'ha stroncata Vaxzevria. Rifletta chi mentiva per assolvere l'anti Covid e parla di effetti avversi solo sui fragiliCamilla non era malata. E non aveva patologie pregresse, non aveva assunto farmaci, aveva compilato correttamente la scheda dell'anamnesi. Nessuna responsabilità, nessun atto di superficialità tramutatosi in boomerang come da narrazione fanatico-governativa. E la «piastrinopenia» citata con sussiego da virostar scatenate in prima serata e da manovali di redazione con il verbo in tasca, non riguardava lei ma un suo parente (complimenti a chi ha passato la notizia ai giornali). Camilla Canepa di Sestri Levante, 18 anni e un sorriso che faceva uscire il sole da dietro le nubi, è morta «per effetti avversi della vaccinazione». Oggi lo si può dire senza correre il rischio di essere linciati dalle guardie rivoluzionarie del green pass. Perché anche nella stagione del fanatismo sanitario è difficile opporsi alle 74 pagine della perizia degli esperti della Procura di Genova, consegnata sulle scrivanie dei pubblici ministeri che hanno il compito di fare luce sulla vicenda. Era il 10 giugno quando la studentessa, due settimane dopo dopo essersi sottoposta alla dose di Astrazeneca durante un Open day, è deceduta per una trombosi cerebrale dovuta alla carenza di piastrine. Dopo la morte di Camilla l'Istituto superiore di sanità e il Comitato tecnico scientifico avevano dirottato in via preferenziale Vaxzevria agli over 60, di fatto ammettendo il pur raro effetto collaterale, mentre editorialisti e conduttori di talk show continuavano a tacciare di disfattismo i saggi e i prudenti in nome del mantra vaccinale.«Aveva una complicanza al polmone», «Aveva nascosto patologie al medico». Ricordate il pollaio? Davanti alla cristallina verità dell'inchiesta sembra di risentire le accuse più meschine rilanciate sulla Rete in un sabba disumano, senza un briciolo di pietà. Mentre i genitori continuavano legittimamente a sostenere l'ottima salute della figlia, c'era chi agitava lo spettro della solita «malattia autoimmune» per depistare. Ora la relazione del medico legale Luca Tajana e dell'ematologo Franco Piovella cancella ogni speculazione: «Non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco». Il dramma della giovane induce a tre riflessioni. La prima si può riassumere nella frase manzoniana «adelante con juicio»: andiamoci piano con l'infallibilità assoluta e preventiva del vaccino come da narrazione ufficiale. Il «Gott mit uns» degli intolleranti ha già fatto sufficienti danni nel Secolo breve. Qui non è in discussione l'efficacia del vaccino (un caso su 200.000 è una risposta senza appello), ma una cautela necessaria nell'assumerlo come se fosse un placebo, una birretta. O nell'imporlo a determinate fasce di età. Sapere che anche un solo diciottenne rischia di morire non può che indurre alla prudenza, anche perché le percentuali di deceduti per Covid fra i minori sono così basse da somigliare a quelle dei morti per complicanze da vaccino. La seconda riflessione è più politica, più sibillina e riguarda lo squilibrio narrativo della stagione dell'Assurdo al potere. Nei rapporti dell'Aifa si sottolineano giustamente le fragilità e le pluripatologie (siamo arrivati a 16) che possono creare complicanze nella somministrazione del vaccino. I vaccinisti di professione enfatizzano questi danni collaterali e li incasellano fra le giustificazioni per tirare dritto. È curioso notare che gli stessi custodi del verbo non abbiano un simile approccio sulle pluripatologie che rendono letale il Covid. Anzi tendano a non considerarle. Se si muore per vaccino le patologie pregresse sono decisive, se si muore per Covid sono un dettaglio. Troppo comodo. La prova sta nell'ultima rivelazione dell'Iss: per un anno e mezzo anche le vittime di tumori o di malattie cardiovascolari sono state conteggiate come vittime del virus cinese. Chi lo sosteneva in tempi non sospetti - per esempio Alberto Zangrillo - passava per terrorista.La terza annotazione riguarda la sistematica distorsione dei fatti che soprattutto televisioni e Web stanno operando, oggi alla base dello scetticismo di parte del Paese di fronte alla reale necessità di un green pass così restrittivo delle libertà costituzionali, per esempio quella del lavoro. Scrivere e rilanciare a reti unificate senza un minimo di prudenza che «Camilla assumeva farmaci per una terapia ormonale» (falso) e che «soffriva di piastrinopenia» (falso) è controproducente anche per le istituzioni e per chi indaga, in questo caso i Nas. Soprattutto quando si scopre che la malattia non riguardava lei ma un parente. Lo scenario è questo, il racconto è viziato e i cittadini diffidano. Purtroppo si difetta di equilibrio anche nelle redazioni, dove il tifo calcistico ha sostituito allegramente l'obbligo della verifica. Quando arriva la perizia che smentisce tutto se ne prende atto e si riparte con gli slogan, come se la vita delle persone fosse equiparabile a un fuorigioco di rientro. Consigliava Dino Buzzati: «Racconta, non fare il furbo». Oggi sono più trendy le frottole eleganti, quelle spiegate bene.
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