2021-10-18
Cambiando il linguaggio si distrugge la civiltà
Il primo passo per realizzare un etnocidio è dare un valore e un significato diversi a parole comuni, imponendo un nuovo verbo. Modificando i nomi si demonizza e ridicolizza la storia passata di un Paese. E un popolo senza più radici non può avere futuro.La modificazione del linguaggio attraverso l'introduzione di parole nuove e la criminalizzazione di parole lecite, usate dai padri e vietate ai figli, sono i primi due tasselli dell'etnocidio. Tutte le dittature devono avere una neolingua, una serie di parole che riassumono dogmi, che facciano quindi da scorciatoia mentale, e che soprattutto permettano di dimenticare il minuscolo particolare che i dogmi sono appunto dogmi e che nessuno li ha mai dimostrati. Il comunismo dette nuova potenza a parole di banale valore descrittivo come «proletariato» e «borghesia», il primo teoricamente deificato, salvo lasciarlo nella miseria più totale, la seconda massacrata salvo sostituirla immediatamente con l'insieme dei burocrati del partito. Esistevano anche cattedre di mistica nazista il cui scopo era inventare un nuovo linguaggio.Etnocidio vuol dire distruzione di una civiltà, non sterminio fisico di un popolo. Lo sterminio è una cafonata, è inelegante e c'è l'eterno problema dello smaltimento dei cadaveri. Tuttora in Ucraina si scoprono fosse comuni e si cerca disperatamente di capire se siano morti ammazzati da quelli di Stalin o da quelli di Hitler. Sia Hitler che Stalin distruggevano la cultura prima di distruggere i corpi. Il comunismo ha usato i suoi servizi di intelligence per spingere l'Occidente in generale e l'Italia in particolare a un etnocidio volontario. Nell'etnocidio tutta la civiltà di quel popolo viene derisa, a cominciare dalla lingua. Appartenenti a quel popolo, docenti e cosiddetti intellettuali, vengono adescati con lussuosi convegni, altrettanto lussuose prebende: si comincia a creare una neolingua. Una volta creata la neolingua, la si porta fuori dagli ambienti accademici attraverso insegnanti e giornalisti, addestrati mediante precisi corsi di aggiornamento all'uso della neolingua. I recalcitranti possono essere puniti con la perdita del lavoro. Il procedimento ha lo scopo di creare nel popolo la vergogna del passato. In questa maniera quel popolo diventerà estremamente ligio ai nuovi dettami e prima o poi si estinguerà spontaneamente abbattendo la natalità. Chi non è fiero del proprio passato non è certo di avere diritto a un futuro. Non esiste popolo che non abbia commesso dei crimini: la normale ferocia insita nel cervello umano fa sì che tutte le civiltà siano sopravvissute commettendo quelli che alla luce della morale attuale sono crimini. L'etnocidio consiste nel concentrare ossessivamente l'attenzione sui crimini, nell'inventarne ove non ce ne siano, nel giudicare con standard attuali situazioni storicamente diverse, e nel riassumere tutto questo in parole chiave il cui uso segnala l'appartenenza al gruppo dei «buoni».Il nazismo, il piacere di sentirsi geneticamente superiore, è genocidario: dopo gli ebrei ci sarebbero stati i polacchi. Il comunismo, il piacere di sentirsi moralmente superiori, non può non essere etnocidario. È saltuariamente genocidario, con genocidi atroci e sontuosi, sempre dimenticati dalla storia, di classi sociali ritenute socialmente pericolose; quindi, per usare un termine caro a Lenin, «infette». I contadini ucraini ed etiopi sono stati sterminati con la fame, così da collettivizzare le terre, è stata sterminata la classe borghese cinese e soprattutto quella cambogiana, che sono riformate perché si tratta di nazioni di antica alfabetizzazione. La classe borghese cambogiana è stata massacrata con una ferocia e un sadismo indescrivibili. La classe borghese è stata distrutta in molti paesi africani mediante l'espulsione della parte di origine europea e l'assassinio della parte di origine locale. In questi Paesi ad alfabetizzazione recente, una volta distrutta, la classe borghese non è riuscita a riformarsi: sono questi i Paesi per cui il periodo postcoloniale è una continua e irrisolvibile catastrofe. Non tutti gli etnocidi evolvono in genocidio, ma tutti i genocidi cominciano con un etnocidio. Il futuro sono i rami, i frutti, il passato sono le radici. Per vivere abbiamo bisogno di entrambi. Le civiltà fortemente patriarcali, quelle dove le donne sono spazzatura, non evolvono mai. Le società dove i padri sono ridicolizzati, il passato deriso, sono civiltà che hanno preso a colpi di ascia le proprie radici, e il destino di un albero sradicato è cadere.Anche se il comunismo è fondamentalmente etnocidario, la cellula madre del genocidio ha le sue origini a Ekaterinburg, la città dove fu sterminata la famiglia dello zar. Lo zar era un tiranno che non si era mai sognato di torcere un capello alle famiglie degli oppositori politici. Lo sterminio della famiglia dello zar è lo spartiacque: il bambino non è più innocente. In questo momento esiste a Bologna una via dedicata a Lenin. I bolognesi intitolano le strade a chi ha ordinato uno sterminio di innocenti, quattro ragazzine e un bambino per emofilia?Il Sessantotto è stato un etnocidio. Tutto quello che era stato fatto, secoli di storia sono stati demonizzati e ridicolizzati. Sono state inventate, e sono state inventate a tavolino, colpe linguistiche. «Negro» è una parola pronunciata dalla mia insegnante di lettere per piangere Martin Luther King, perché è una parola neutra, esattamente come Hitler e Primo Levi pronunciavano la parola «ebreo», parola in sé neutra, descrittiva, che può essere pronunciata con odio o con orgoglio. «Negritude» è il termine scelto dagli intellettuali africani per parlare con orgoglio della loro cultura, «Nigritia», il termine scelto dai missionari comboniani per intitolare la loro rivista, corrisponde al francese «negritude». Che «negro» abbia valenza dispregiativa è stato inventato negli anni Settanta a tavolino. È stato inventato per banali motivi cinematografici: occorreva una parola per poter tradurre nei film la parola statunitense «nigger» fortemente dispregiativa. Doveva essere una parola breve, non si poteva usare una allocuzione come «cattivo negro» perché bisognava doppiare un movimento delle labbra di pochi istanti. Ci si è allora inventati a tavolino che «negro» avesse una valenza dispregiativa mentre «nero», che è un aggettivo, mai usato nella lingua italiana come nome per indicare una persona, diventava un sostantivo lecito. Questa fesseria è rapidamente diventata il verbo. Questo è gravissimo perché getta un passato di razzismo grave e uniforme su tutta la nostra storia. È impossibile trovare un testo antecedente agli anni Settanta in cui una persona di origine africana sia identificata con un termine diverso da «negro». Un italiano attuale che abbia in mano un libro scritto prima di quella data si convincerà di essere discendente di una stirpe gravemente razzista, mentre è esattamente il contrario. La persona di origine africana nell'iconografia italiana non è uno schiavo, ma è un re, che porta doni a Gesù bambino. Solamente nel Duomo di Chieri ci sono ben due magnifiche adorazioni e uno dei Magi ha i caratteri somatici africani. Questa tinta fasulla di razzismo inoltre aiuta a dimenticare la vera storia: noi siamo stati schiavi di persone di origine africana. Sono milioni gli uomini e soprattutto le donne razziate dalla parte meridionale dell'Italia per andare incontro a condizioni di schiavismo terribili. Dato che non amiamo il vittimismo l'abbiamo buttata sulla compassione, le Confraternite dei Captivi (catturati) raccoglievano denaro per riscattare gli schiavi. L'abbiamo buttata sul romantico o sul ridere, le due opere liriche Il ratto del serraglio e Un'italiana in Algeri parlano proprio di questo. L'abbiamo buttata sul coraggio vincendo le due straordinarie battaglie di Lepanto e Vienna. Non abbiamo preteso che altri modificassero il loro linguaggio nel timore di ricordare le nostre sconfitte, perché sappiamo che le sconfitte, come le vittorie, fanno parte della storia, tutti i popoli ci passano.
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