2023-01-19
Manie, stravaganze e paura dei flop. I drammi dei divi visti dai loro agenti
Una scena di Call My Agent Italia (Sky)
Sky adatta «Call my agent», serie francese che racconta la parte nascosta del cinema. Una parata di stelle nostrane, da Stefano Accorsi a Paola Cortellesi, interpreta sé stessa nel bene e nel male. Mettendosi anche alla berlina.Un’agenzia di talenti fittizia, attori nei panni di sé stessi e bizze e capricci e divismi ingigantiti fino allo spasmo. Call my agent, serie televisiva che France 2 Channel ha trasmesso la prima volta nel 2015, è stata costruita sul confine labile che separa la realtà dalla sua rappresentazione. Vero e verosimile si sono mescolati, poi confusi: un Boris d’Oltralpe in cui il (malcelato) disprezzo è stato rimpiazzato da una morbida comprensione, da una tenerezza quasi poetica. Call my agent, finito su Netflix e diventato con ciò un piccolo bijoux di fama mondiale, ha saputo raccontare il dietro le quinte del cinema, non le maestranze, ma la diplomazia di chi si trovi a mediare fra attori e produttori, fra attori e registi. È stato un’ode alla Settima arte, un fenomeno di cui Sky ha deciso di proporre una versione nuova, italiana. «Prima di sentire le pressioni e le aspettative, siamo partiti divertendoci. Poco dopo ci siamo sentiti dire che la serie originale era intoccabile. Abbiamo cercato, però, di lavorare con distacco da queste voci», ha spiegato durante la conferenza di lancio Lisa Nur Sultan, sceneggiatrice responsabile dell’adattamento, raccontando la natura di un’opera all’apparenza paradossale, calata in un «universo ipercitazionista» dove sia possibile «fare satira di costume». Call my agent - Italia, al debutto su Sky e Now nella prima serata di domani, non ha tradito lo spirito dell’originale. Nemmeno la trama, a ben guardare. La serie, che nel corso della conferenza è stata definita una «ricetta» nella quale «stessi ingredienti» portino a «risultati diversi», è stata ambientata in un’agenzia megagalattica, la più blasonata di Roma. La Claudio Maiorana Agency (Cma), una finzione a rappresentare la miriade di piccole e grandi realtà italiane, è stata fondata dall’uomo che le ha dato il nome. Negli anni, poi, si è allargata fino a comprendere diversi agenti e altrettanti assistenti. Lea Martelli (Sara Drago), Gabriele Di Lillo (Maurizio Lastrico), Vittorio Baronciani (Michele Di Mauro) ed Elvira Bo (Marzia Ubaldi) sono diventate le colonne portanti dell’agenzia, psicologi, amici, fini strateghi politici al soldo di attori che di fittizio, nello show, hanno ben poco. Come l’originale, Call my agent - Italia ha chiesto allo showbusiness una compartecipazione sincera. Leggasi, la disponibilità a mettersi in gioco: a prendersi in giro, a ridere di vizi e follie, dei cliché che il pensiero comune associa ai famosi. Nelle puntate, dunque, sono attori in carne ed ossa a varcare la soglia della Claudio Maiorana Agency. Sono Paola Cortellesi, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Corrado Guzzanti, Joe Bastianich, Alberto Angela. È Paolo Sorrentino, certo di dover persuadere la Cma a realizzare una versione femminile e femminista di The Young Pope, The Lady Pope, con Ivana Spagna ad interpretare la prima papessa nella storia del mondo. Il progetto non è mai esistito e - si spera - mai esisterà. È fittizio. Ma Sorrentino, con i suoi vezzi e le sue cifre, è reale. Di più. È caricaturale: è l’esasperazione di sé stesso, della propria arte, del proprio personaggio. E con lui gli altri: Guzzanti, che fosse per lui di proposte non ne accetterebbe nemmeno una, Favino, che la moglie vuole guarire dal vizio di immedesimarsi troppo a fondo nei propri personaggi, Accorsi, incapace di pronunciare un solo no. Call my agent - Italia è rimasta uno splendido «cortocircuito». «Abbiamo lavorato su realtà e finzione, è stato un cortocircuito, cui ha partecipato anche Roma come città del cinema», ha spiegato Luca Ribuoli, regista dei sei episodi, dicendo di aver lavorato per «rispettare lo spirito della serie originale francese, adattandolo però allo spirito italiano del non perdersi d’animo e di aguzzar l’ingegno. Call my agent - Italia è un viaggio alla scoperta di un mondo le cui regole sono tanto surreali quanto segrete, ogni volta ignote. Il tono leggero e ironico che abbiamo scelto è la strada privilegiata per mostrare l’eleganza e il cuore autentico di una realtà articolata e imprevedibile». Una realtà che, sulle prime, ha fatto vacillare Lisa Nur Sultan. «Quando Palomar mi ha proposto di adattare Dix pour cent (titolo originale della serie francese, ndr), la prima reazione è stata paura. Come si adatta un format di così grande successo? Come si regge il confronto, come si reggono le aspettative? “Nun se fa. Nun se po’ fa”», ha ammesso la sceneggiatrice, raccontando di aver «cercato di usare il formidabile dispositivo creato daFanny Herrero per parlare di noi, e del nostro presente. Cercando - ogni tanto - di dire qualcosa, possibilmente facendo ridere. E guardando ora alle storie che abbiamo raccontato, mi accorgo che in fondo hanno tutte a che fare con la paura: la paura di aver fatto il proprio tempo, di non saper riconoscere il talento, di essere stroncati, di essere adulati, di fare delle gaffes, di restare ingabbiati, di fare la scelta sbagliata, di sacrificare la vita per una passione e non sapere, fino alla fine, se ne valeva la pena. La paura di non essere capiti. O, per dirla alla Flaiano, di essere capiti troppo. La paura è il retroscena dello spettacolo, il limite che ogni attore si forza ogni giorno di superare, uscendo sul palco con un sorriso. Come del resto fa ognuno di noi».
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.