2018-08-25
Calenda si sconfessa: vuole farsi un partito
Dopo aver smentito la notizia della Verità, definendola una «fesseria», ora l'ex ministro annuncia: «Non bisogna ripartire dal Pd, ma da un progetto progressista allargato ai moderati». E chiama in squadra Ermete Realacci e il sindacalista Marco Bentivogli.Carlo Calenda è un uomo intelligente, non banale, spesso di spirito. Per questo, qui alla Verità, dove amiamo la critica leale e aperta, vogliamo avvisarlo e metterlo amichevolmente in guardia: c'è qualcuno (un pericoloso troll russo? sarà bene aprire un'indagine) che si è impossessato del suo account Twitter, e lo usa compulsivamente per insultare a destra e a manca, presentando Calenda come una specie di forsennato. Peggio ancora: il troll, diabolico ai limiti della perversione, si è pure messo a rilasciare ai giornali (sempre a firma Calenda!) interviste contraddittorie con i tweet fiammeggianti dei giorni precedenti. Capite bene che, nel triangolo isoscele «Roma centro-Parioli-Capalbio», la cosa sta creando sconcerto. Cerchiamo allora di contribuire a fare un po' di chiarezza. Pochi giorni fa, il 12 agosto, questo giornale, a firma di Claudio Antonelli, ha pubblicato un articolo che traeva spunto da un'indiscrezione del Foglio, quotidiano calendista per antonomasia, quella relativa a un «partito dei competenti» per salvare l'Italia. Il Foglio aveva evocato Roberto Burioni, Tito Boeri, Marco Bentivogli e Carlo Cottarelli. La Verità, disponendo di una serie di riscontri, aveva aggiunto i nomi di Carlo Calenda ed Emma Bonino, parlando di «un cantiere in vista delle prossime elezioni europee», con il coinvolgimento di professori, esponenti sindacali, pezzi di politica e di società civile. Il giorno stesso, di buon mattino, Carlo Calenda (o il perfido troll russo?) ha twittato per smentire furiosamente: «Fesserie». Peccato che, da quel momento in poi, ci siano state (il troll russo è infaticabile) ben tre uscite mediatiche firmate Calenda convergenti con la sostanza dell'indiscrezione della Verità. Il 13 agosto, un'intervista di Calenda all'Unione Sarda dall'eloquente titolo: «Il Pd? Da sciogliere e rifondare». L'altro ieri, un nuovo articolo sul Foglio, intitolato «In viaggio con Calenda», con l'annuncio di un tour in tutta Italia per unire «compagni di partito attuali e - chissà - quelli futuri, che oggi stanno in Forza Italia ma che alle Europee potrebbero ritrovarsi dallo stesso lato della barricata», come ha scritto il quotidiano di Claudio Cerasa. E infine ieri una mega intervista su Repubblica, per annunciare che «non è dal Pd fischiato a Genova che i dem devono ripartire, ma da un progetto per i progressisti allargando anche agli elettori moderati» che non stanno con Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ieri, il ct Calenda ha pure diramato le prime convocazioni: Enrico Giovannini «che tira le fila del mondo della sostenibilità», Ermete Realacci «per quanto riguarda l'ambiente», poi il sindacalista Marco Bentivogli, il sociologo Stefano Allievi e Mauro Magatti «a proposito di economia sociale». Immaginate l'entusiasmo incontenibile in tutta Italia, periferie incluse, da Tor Bella Monaca a Quarto Oggiaro. Un punto fermo, comunque, c'è: Calenda è molto convinto che il Paese abbia bisogno di Calenda. La giornalista di Repubblica condivide l'esigenza, e preoccupata lo interroga: «E la leadership?». Calenda mutua la tecnica renziana del celebre «Enrico stai sereno», e in questo caso la applica a Paolo (Gentiloni): «Ho fatto il nome di Gentiloni, ma vedo che ha un ruolo sempre più defilato e non so se sia più interessato a farlo». Povero Gentiloni, forse era al mare, s'è distratto un attimo, e già gli sfilano la sdraio e l'ombrellone in prima fila all'Ultima spiaggia. In ogni caso, nell'intervista Calenda ha il merito di esporre una visione, parla infatti di «un ruolo molto più forte per lo Stato»: ma in tutta franchezza non si capisce come questa propensione alla protezione e allo statalismo (sia pure in versione light) possa essere attrattiva per dei liberali. Ma, liberalismo a parte (nel senso che nell'intervista è messo da parte), c'è un altro grande assente, e non solo nel colloquio con Repubblica, ma in tutta la Calendeide di questa lunga estate: il popolo, gli elettori. Anche stavolta, com'era già accaduto, si beccano degli «analfabeti funzionali»: dev'essere una tecnica sofisticata per accattivarsi la simpatia dei votanti perduti. Ma - ci perdonerà Calenda per il consiglio non richiesto - tutta l'intervista sembra un lungo giro per Roma centro, un viaggio del vecchio establishment intorno a sé stesso, con l'aggiunta di cognomi semi nuovi tratti però dalla stessa rubrica telefonica di sempre. La notizia croccante arriva alla fine del colloquio con Repubblica. Premurosa, la giornalista chiede: «Lei ha scritto un libro manifesto. Come si intitola?». Pare infatti che Calenda (questo è anche un must per Il Foglio) non scriva mai semplici articoli o saggi. Solo manifesti. Cose storiche, insomma: documenti che segnano un prima e un dopo. Calenda non si fa pregare e rivela: Orizzonti selvaggi. Su Twitter, una voce perfida ha subito scritto: «Sembra un titolo da collezione Harmony, da romanzo rosa». Da qui, suggeriamo umilmente un sottotitolo: «Tramonti e competenze a Capalbio».
(Ansa)
Il ministero degli Esteri «dal primo gennaio sarà anche un ministero economico». È la riforma della Farnesina spiegata dal titolare del dicastero, Antonio Tajani, ieri a Torino nel corso degli Stati Generali di Forza Italia sul commercio internazionale. «Le nostre ambasciate – ha sottolineato il vicepremier prima di partecipare ai lavori – si dovranno trasformare sempre più in piattaforme per favorire le nostre esportazioni e le nostre imprese. Ho deciso di fare una rivoluzione al ministero degli Esteri. Dal primo gennaio cambierà tutto. Per la prima volta nella storia d’Italia il ministero degli Esteri avrà una testa politica ma anche una testa economica».
«Il ministero – ha spiegato Tajani – diventerà un punto di riferimento per tutti gli imprenditori italiani che lavorano al di là dei confini nazionali. Ho dato disposizione a tutte le ambasciate italiane nel mondo di applicare questo concetto».
Nel riquadro, Pierluigi Del Viscovo (IStock)