2022-11-22
Il calcio europeo si inginocchia al volere del Qatar
La Fifa minaccia cartellini per le fasce da capitano arcobaleno. Tutte le squadre si tirano indietro. Solo l’Iran sfida il suo regime. L’unica fascia degna di nota sarebbe quella, insanguinata, che avvolge il volto e il naso del portiere iraniano Alireza Beiranvand (noto per aver parato un rigore a Cristiano Ronaldo qualche anno fa), messo ko ieri in uscita spericolata da un compagno di squadra contro l’Inghilterra. E invece tengono banco le altre, quelle dei diritti civili sbandierati e poi nascosti per non urtare la suscettibilità degli sceicchi del Qatar, le coperte di Linus del pianeta anglosassone politicamente corretto che ancora una volta esibisce la propria ipocrisia in Mondovisione.In attesa di mostrare calcio vero, gli squadroni europei avrebbero voluto mostrare le fasce di capitano ribelli, quelle arcobaleno con scritto «One Love» per abbracciare i diritti Lgbtq+, da sventolare in faccia agli arabi insensibili. Della serie: i vostri miliardi sono i benvenuti ma avremmo delle obiezioni riguardo al vostro modo di discriminare le minoranze. A questo scopo, da tempo otto Nazionali avevano concordato la protesta: Inghilterra, Galles, Danimarca, Belgio, Germania, Svizzera, Francia e Olanda avevano deciso di far scendere il campo il capitano con la banda colorata al braccio, non senza polemiche con gli organizzatori. Quando la diplomazia qatariota si è mossa per annullare l’imbarazzante protesta il fronte degli indignados ha cominciato a sfaldarsi. La prima a sfilarsi è stata la Francia, che ai tempi di Nicolas Sarkozy aveva fortemente voluto il mondiale nel deserto (in cambio di forniture militari milionarie) ed è immediatamente rientrata nei ranghi. Dichiarazione dorotea in merito del portierone Hugo Lloris: «Io non la indosso, bisogna rispettare le regole del Qatar». Ne rimanevano sette, irriducibili, pronte all’azione a sorpresa sulla fascia. Ha dovuto intervenire la Fifa, maestra di doppia morale, a risolvere il problema. Lo stesso presidente Gianni Infantino che qualche giorno fa aveva detto in conferenza stampa «Mi sento arabo, gay e migrante» ha minacciato i giocatori con addobbi arcobaleno: «Verranno sanzionati con il cartellino giallo». Anche qui un esempio luminoso di inclusione a orologeria.Davanti all’ammonizione preventiva anche le federazioni più progressiste hanno letteralmente calato le braghe. Difendere i diritti è nobile, ma partire con Harry Kane ammonito (per fare un esempio inglese) sarebbe letale. Alla fine sull’Aventino non ci va nessuno. L’Olanda fa dire a Virgil Van Dijk: «Non sarei entusiasta di cominciare una partita mondiale da ammonito». E le Nazionali con l’afflato mondialista si limitano a protestare con un comunicato. «La Fifa è stata molto chiara sul fatto che imporrà sanzioni sportive se i nostri capitani indosseranno la fascia arcobaleno. Come federazioni nazionali, non possiamo mettere i nostri giocatori in una posizione in cui potrebbero incorrere in sanzioni sportive, comprese le ammonizioni, quindi abbiamo chiesto ai capitani di non indossare la fascia durante le partite del Mondiale». Capitani coraggiosi, niente da dire.Il fine giustifica i mezzi anche nel terzo millennio. Per salvare la reputazione in corner i ribelli da salotto hanno aggiunto: «Eravamo disposti a pagare multe che normalmente si applicherebbero alle violazioni dei regolamenti sui kit stabiliti dalla Fifa (circa 9.000 sterline, ndr) e avevamo un forte impegno a indossare la fascia al braccio. Tuttavia non possiamo mettere i nostri giocatori nella situazione in cui potrebbero essere ammoniti o addirittura costretti a lasciare il campo di gioco. Siamo molto frustrati dalla decisione della Fifa che riteniamo senza precedenti: abbiamo scritto a settembre informandola del nostro desiderio di indossare la fascia One Love per sostenere attivamente l’inclusione nel calcio e non abbiamo avuto risposta. I nostri giocatori e allenatori sono delusi e mostreranno supporto in altri modi».A questo punto il governo del calcio mondiale ha deciso un capolavoro democristiano per non smentire se stesso e la propria tensione civile ormai irrimediabilmente incrinata nell’autenticità. Poiché ad ogni turno del mondiale i capitani indosseranno fasce tematiche - il calcio unisce il mondo, salva il pianeta, protegge i bambini - Infantino ha pensato di anticipare la generica scritta «No discrimination», in origine prevista a partire dai quarti di finale. Tutto rientrato, tutto analcolico come la birra degli hooligans degradati a chierichetti. Tutto opinabile come l’affluenza negli stadi: in Olanda-Senegal c’erano 41.000 spettatori, con vuoti evidenti soprattutto nel primo tempo, mentre i telecronisti Rai sottolineavano il «tutto esaurito». Per non rimanere senza battaglie di principio (rigorosamente gratuite), ieri i calciatori inglesi si sono comunque inginocchiati per Black Lives Matter, anche se il gesto è stato così veloce da risultare la genuflessione più rapida della storia. Alla fine l’unica protesta con un profondo significato politico è stata quella dei giocatori dell’Iran, che in campo si sono rifiutati di cantare l’inno nazionale per solidarietà con i manifestanti in piazza da mesi a Teheran. Le telecamere mostravano volti tirati e preoccupati mentre la maggioranza dei tifosi sugli spalti li insultava (altri mostravano lo striscione «Freedom»). Una scelta drammatica che probabilmente pagheranno tornando a casa, quando i riflettori mondiali saranno spenti. Un gesto che fa da spartiacque fra le rivendicazioni potenti, che sempre hanno un costo, e quelle sulle poltrone Frau che piacciono all’Europa con la pancia piena.
Jose Mourinho (Getty Images)