2025-05-17
Come rivoluzionare il solito caffè? Semplice: lo si fa alla «Fidel Castro»
L’ha scoperto Giuseppe «Bepo» Maffioli visitando una locanda del Friuli: «È una specie di danza del fuoco con un ramaiolo dove nuotano rum, cognac e Grand Marnier», che si mischiano alla fine con l’espresso.Uno degli aspetti divertenti di Giuseppe «Bepo» Maffioli, girovago curioso e goloso, era che non si spostava mai da solo: non tanto perché aveva a fianco, in alcuni casi, il gastroreporter di turno ma perché, pur proprietario di una vetusta Fulvia Appia, non la guidava, ma la faceva condurre da persona amica che premiava condividendo piatti e storie dei locali che andava a raccontare ma con qualche imprevisto, come ha spiegato Paolo Trevisi, musicista per professione, lancista per diletto: «Ci eravamo dimenticati che, a un’auto, non bisogna solo riempire il serbatoio dal benzinaio ma anche controllare, ogni tanto, il livello dell’acqua nel radiatore». E così un giorno saltarono un pranzo perché la macchina si fermò all’improvviso, con fumatine sospette che emergevano dal cofano. Dovettero aspettare qualche ora per trovare il traino di un paziente cavallo che, con zoccolo di passo, li riportò all’ovile.Non sappiamo in quale modo Maffioli sia arrivato, un giorno, al «Da Silvio» in quel di San Michele all’Adige, ma sicuramente ne valse la pena. Pier Giorgio Manna gli serve il piatto Altamira non su di un classico Richard Ginori o Rosenthal, ma su di un originale serpentino, ossia «una particolare pietra color lavagna incastonata in un telaio» posta sopra la fiamma dinanzi al tavolo del cliente invitato poi, se accetta la sfida, a gestire di persona la cottura di carni con salumi, formaggio o uova a piacere. «Un piatto ancestralmente cavernicolo», che riporta il cliente goloso a rivivere emozioni da età… della pietra, posto che Altamira è una caverna spagnola famosa per disegni risalenti al Paleolitico che raffigurano vari mammiferi selvatici. «Vale, da solo, il pasto intero e tanto piace il gioco che i clienti possono acquistare l’aggeggio con la pietra nera e se lo portano a casa», per divertirsi con familiari e amici.A Venezia, al massimo, si fa condurre da un gondoliere tra le calli per arrivare «Alla Madonna», che non è un santuario penitenziale ma una storica trattoria frequentata dagli ambulanti del vicino mercato di Rialto come «da artisti e scrittori che, con quella gente, amavano mescolarsi presi dalla loro umanissima genuinità» e dall’ascoltare «la fantasia musicalissima del loro parlar cantabile». Un locale calamita, per chi lo andava a scoprire, dove per decenni, nel cortile interno, è cresciuta una eroica vite solitaria che risaliva lungo le mura per farsi scaldare dal sole. Un piccolo Everest di Bacco che permetteva ai residenti di fare la loro piccola vendemmia autunnale direttamente dal balcone. Ai fornelli regna Ferruccio Vianello, «occhiali e aria un po’ ironica da professore di università che fa la cucina per hobby».Al tavolo la narrazione in diretta di uno dei piatti imperdibili, i tartufi di mare: «Sono ben vivi, pronti al brivido ribelle quando, prima di mangiarli, li irrori di una goccetta di limone e li vivacizzi con il pepe». Ma non ci sono solo tartufi, seppie o baccalà, tanto che, «programmando tutto per bene, in tre giorni di colazioni e cene si può esaurire il repertorio delle buone cose disponibili». Ma «Alla Madonna» il pellegrinaggio goloso è anche curioso, grazie a un personale di sala allenato a confrontarsi con una clientela proveniente da ogni dove. «Esiste tutta un’arte particolare dei camerieri nell’accattivarsi la clientela, nel sedurla inducendola, per simpatia, a lasciare mance, poi, più o meno laute». Tanto che «se si lasciano mance, il sorriso è smagliante, altrimenti ti seguiranno oltre l’uscita maledizioni occulte che investiranno anche i tuoi trapassati». La spiegazione è di Maffioli sociologo e psicologo assieme: «Il valore di un cameriere, specie nei confronti dei colleghi, è valutabile anche nella cifra mensile delle mance percepite», frutto di una ideale sintesi tra simpatia ed efficienza del servizio.Ritorniamo in terraferma e risaliamo verso orizzonti a dimensione friulana, tra cucine e cantine che traspirano di merlot, cabernet, refosco e altre intriganti coccole di Bacco, quelle «che ti danno un gran calore e una gran forza che può sgominare qualsiasi nebbia circostante, come fossero addizionati dal sangue bollente di qualche drago da leggenda antica», il tutto in un’atmosfera dove «il dialetto diviene un canto, incomprensibile nel dettaglio, ma affascinante nei suoi ritmi e nelle sue cadenze». Ancora una volta emerge il tratto di un Bepo Maffioli maestro del teatro e della commedia umana, gourmet quasi per copertura nel poter così andare a scoprire e poi descrivere le millanta storie del Bel Paese.E, da uomo di teatro, non poteva che approdare «a un ristorante che è anche un teatrino», quello dove potete incontrare Ilario Cesari che vi preparerà in diretta il caffè «Fidel Castro», una «specie di danza del fuoco, con un ramaiolo dove nuotano rum, cognac e Grand Marnier» il tutto spento alla fine «da una cascatella di caffè bollente. Un digestivo infallibile» al termine dell’ennesima maratona petroniana a suon di lasagne e mortadella. Da Bologna a Firenze, con l’immancabile scoperta di Bruno Pasquini e il suo locale a dimensione di cucina casalinga, nel vero senso del termine, tanto i coperti alla tavola comune sono 12, come gli apostoli. Se qualcuno chiede un vino che vada oltre la caraffa quotidiana deve scostarsi, nel senso che la botola per scendere in cantina è posta proprio tra le sedie dei commensali. E dire che il cordialissimo Bruno si era fatto le ossa, per anni, presso lo storico «Alle Mossacce», dove il vecchio titolare, uomo rude, interpretava a modo suo i dettami del bon ton nella terra di Dante Alighieri. Davanti al cliente che si perdeva in chiacchiere con gli amici e la gente fuori in coda nell’attesa, l’invito è esplicito: «Se la signoria vostra se ne va presto, la ci fa un piacere e noi le facciamo lo sconto». Così come poteva capitare che, se arrivava la madama dal nasino all’insù di fronte a un piatto di ribollita, diceva: «Se le garba le garba, sennò lasci sul piatto, che un gatto per gli avanzi ce l’abbiamo sempre, però la pietanza la paga». Nonostante questo imprinting professionale un po’ fuori spartito, il nostro Bruno «era come uno di quei tenori leggeri dalla voce delicatissima che si cimentano solo in concerti per intenditori, cantando antiche arie, accompagnati dal cembalo». Una cucina semplice nella sua eccellenza, tanto che «nei periodi di Quaresima da lui puoi trovare delle aringhe sott’olio che non fanno rimpiangere il caviale».Restiamo nei dintorni per varcare la soglia del «Coco Lezzone» che, tradotto dallo Zingarelli, sta per cuoco dal camice abbastanza unto. Si spera almeno con i piatti lavati prima del servizio. Il teatrante Maffioli vive la scena in diretta con quella «clientela variegata, tra cui signore pettinate splendidamente sopra toilette d’alta moda e pellicce di visone e cincillà». Bepo si immagina già un finale coerente all’insegna, un po’ lezzone, tanto che «noi guardavamo con apprensione i piatti di trippa con sugo e stracotto ondeggiare sopra tanta eleganza». Ma è qui che la professionalità fa la differenza tanto che mai una goccia esce da quanto «seminato» sul piatto. Arriviamo a Volterra, immersa nella magia della terra etrusca e qui Beppino Raspi «è interprete del paesaggio, che diviene sapore attingibile». E se è vero che un pittore dipinge per gli occhi, il nostro Beppino «cucina per il palato e l’olfatto». Un vero artista ai fornelli, generoso al punto di regalare le sue ricette «senza omissioni e senza inganni», perché, da talento naturale qual è, sa anche «che nessuno può prepararle con la stessa cura ed entusiasmo che sono le sue spezie segrete». Un viaggio tra colori, emozioni, paesaggi in cui Bepo Maffioli ci conduce alla meritata tappa finale, quella di una cucina schietta e genuina.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto