2021-08-16
Caduta Kabul, ora dovremo fare i conti anche con i profughi
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Successo totale dei Talebani che nel giorno di Ferragosto sono entrati nel palazzo presidenziale e hanno dichiarato la nascita dell'Emirato Islamico d'Afghanistan.Era l'inizio di luglio, circa quaranta giorni fa, quando Joe Biden disse solennemente: «L'Afghanistan non sarà come il Vietnam. Non vedrete mai persone andar via ed essere raccolte dal tetto dell'ambasciata Usa in Afghanistan». E invece, ieri, domenica di Ferragosto, nel pomeriggio di Kabul, è stata esattamente questa la prima delle quattro scene da raccontare: un volteggiare di elicotteri sopra l'ambasciata statunitense per prelevare e recuperare diplomatici e civili americani e occidentali e condurli in aeroporto, in una sequenza eloquente e umiliante. E per tutta la giornata di ieri le stesse strade verso l'aeroporto erano intasate dalle auto di chi cercava in ogni modo di fuggire. I media internazionali hanno perfino descritto la tragica corsa di molte persone sulle piste dell'aeroporto nel tentativo disperato di salire sugli aerei in partenza. E il fatto che il giorno prima, sabato, Biden avesse fatto sapere che ai talebani era stato comunicato che gli Usa avrebbero risposto con la forza ad ogni eventuale azione rivolta contro il personale americano, non fa che accrescere la dimensione della sconfitta e dell'impotenza occidentale. La seconda scena è quella delle forze armate ufficiali afghane che di fatto non hanno opposto alcuna resistenza all'avanzata talebana. In un primo momento, i talebani avevano comunicato che non sarebbero entrati a Kabul in attesa della formazione di un governo di transizione. Ma nel breve volgere di alcune ore, dinanzi alla liquefazione delle forze regolari, i talebani hanno avuto buon gioco a cambiare decisione e a rimarcare che qualcuno avrebbe dovuto "mantenere l'ordine pubblico". In una nota perfino beffarda, il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha detto che «la decisione è stata presa per evitare il rischio di furti e rapine in assenza di polizia e altro personale di sicurezza». E così Kabul è stata conquistata non in 90 giorni, come si ipotizzava, ma in meno di una settimana dall'inizio dell'offensiva. Lo stesso presidente Ashraf Ghani, che aveva lasciato il palazzo presidenziale spostandosi verso l'ambasciata Usa nella mattinata di domenica, nel pomeriggio ha a sua volta abbandonato Kabul e il paese (recandosi in Tajikistan). Secondo fonti diplomatiche, fino al tardo pomeriggio di ieri, poteva essere l'ex ministro dell'Interno afghano ed ex ambasciatore in Germania Ali Ahmad Jalali a guidare l'esecutivo di transizione, ma nel quadro di un controllo di gran parte del territorio ormai indiscutibilmente nelle mani dei talebani. Tuttavia, come vedremo tra poco, più tardi la situazione è definitivamente precipitata, e questa ipotesi è stata archiviata.E qui scatta la terza scena, e cioè il paradossale e incredibile tentativo dei talebani, dopo aver stravinto, di accreditarsi come forza di pacificazione. In un messaggio ai suoi seguaci, il loro leader, il mullah Haibatullah Akhundzada, ha raccomandato ai guerriglieri di trattare le città conquistate con mano benevola: «La vittoria sta arrivando, trattate bene quelli che si arrendono, fate del vostro meglio per evitare vittime civili». Ma, a meno di farsi illusioni puerili, si tratta di un grottesco inganno: i media internazionali già riportano testimonianze di violenze e orride vendette, in tutto il paese, nei confronti di chiunque sia accusato o sospettato di aver collaborato con le forze straniere, e di un repentino quanto scontato cambio di scenario in termini di applicazione estrema della sharia e di segregazione delle donne. La stessa liberazione dei detenuti dal carcere di Lashkar-Gah e l'immensa quantità di armi lasciate sul campo dalle forze ufficiali (e inevitabilmente destinate a essere prese dai talebani e da criminali di ogni risma) lasciano presagire il peggio. Non solo: dalle prossime ore, con l'evacuazione ormai prossima dei media internazionali, e dunque in assenza di qualunque testimonianza, potrebbe non esserci alcun freno ai massacri. La quarta scena è l'ultima di ieri sera, quella definitiva in tutti i sensi, con i talebani entrati nel palazzo presidenziale per preannunciare la proclamazione dell'"Emirato Islamico d'Afghanistan". Hanno promesso (figurarsi) di rispettare i diritti delle donne, e hanno escluso qualunque governo di transizione. Davanti a un trionfo simile, appare surreale e perfino incredibile la dichiarazione rilasciata dal segretario di Stato Usa Antony Blinken alla Cnn: "Questa non è Saigon". Intanto, c'è anche un doppio lato italiano della questione. Per un verso, c'è il tema della (doverosa) accoglienza nei confronti degli afghani (in numero assai limitato) che hanno collaborato con le nostre forze militari: "Durante il comitato per la sicurezza - ha detto ieri il ministro degli Interni Luciana Lamorgese - abbiamo saputo della presa di Kabul da parte dei talebani. Abbiamo fatto un focus sul problema dell'accoglienza di quanti hanno collaborato con gli italiani in Afghanistan". E ancora: "Finora abbiamo accolto 228 persone. La situazione comporterà un'accelerazione dell'accoglienza. Siamo in stretto contatto con i ministeri degli Esteri e della Difesa per cercare di dare a ognuno il massimo in un frangente così delicato".Per altro verso (e qui invece le dichiarazioni della Lamorgese sono parse, come spesso le accade quando parla di immigrazione, vaghe e poco rassicuranti), c'è il tema legato al rischio di un ulteriore flusso incontrollato di migranti da tutta quella regione: "Ci sarà un ulteriore flusso di migranti afghani che arrivano dalla rotta balcanica ma anche via mare. So che Unhcr ha dato una quantificazione dei flussi dei prossimi mesi che potrebbero farci preoccupare tenendo conto anche del rischio terrorismo. Noi stiamo monitorando e su questo abbiamo la garanzia da parte di tutte le forze che opereranno al meglio". E l'evocazione del pericolo-terrorismo, abbinata a una dimensione presumibilmente massiccia dei flussi, dà il senso di quello che rischia di essere il colpo di grazia per un Viminale già allo sbando, e alle prese, dal 1° gennaio al 13 agosto di quest'anno, con 32.806 migranti sbarcati, più del doppio dei 15.406 arrivati nello stesso periodo dell'anno scorso, e circa otto volte i 4.265 arrivati due anni fa, quando al Viminale c'era Matteo Salvini. Ma la Lamorgese è già parsa in modalità scaricabarile: "Il problema dei migranti non è solo del Viminale, ma dell'intero governo", ha lasciato a verbale.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)