
Sulla libertà di espressione online Margrethe Vestager spiega: «Nessuna rimozione di contenuti legittimi».Addio Thierry Breton e addio post passivo-aggressivi contro Elon Musk. Tanto che lunedì, la ceo di X, Linda Yaccarino, ha accolto le dimissioni rumorose dell’ormai ex commissario al Mercato unico dell’Ue con un inequivocabile «It’s a good day for free speech» (è un bel giorno per la libertà di parola). Passata l’euforìa dei brindisi, però, bisogna ricordare la doppia stangata - ad Apple e Google - annunciata qualche giorno fa dai giudici di Lussemburgo, una sorta di eredità avvelenata dei dieci anni di mandato di Margrethe Vestager al vertice dell’Antitrust Ue. La stessa Vestager, oggi vicepresidente uscente della Commissione, che in una recente intervista aveva spiegato di essere pronta a «smembrare» Google. E che ieri è intervenuta nella plenaria di Strasburgo del Parlamento Ue per il dibattito sul rafforzamento del Digital services act (il regolamento sui servizi digitali preparato dalla Commissione Ue ed entrato pienamente in vigore a febbraio) e la protezione della democrazia e della libertà nella sfera online. «Il Dsa non regolamenta contenuti online, ma disciplina la responsabilità delle piattaforme per sistemi che devono avere per mitigare possibili impatti negativi delle loro attività», ha assicurato Vestager. Sottolineando che «non autorizza la rimozione esagerata di contenuti pienamente legittimi, però le piattaforme hanno obblighi aggiuntivi: verificare e mitigare i rischi possibili per la nostra società, come quando la disinformazione o altre attività rischiano di minare le nostre elezioni. Questa normativa non regolamenta i contenuti, non limita la libertà d’espressione. Il nostro lavoro d’attuazione si basa sullo Stato di diritto, il tutto sostenuto dalla Corte di giustizia», ha aggiunto. Si tratta di una «supercazzola» o di un mezzo arretramento dall’offensiva anti Musk? Al momento le parole di Vestager sembrano utili per dare un colpo al cerchio (ovvero alla linea di Breton che aveva preso posizione ma che da destra non aveva molti fan) e alla botte (ovvero al patron di X e di Tesla che deve comunque, secondo Bruxelles, darsi una regolata). Non a caso ieri Vestager ha subito precisato che «ci sono delle priorità: dobbiamo intensificare l’applicazione del Dsa, incluso il sostegno allo scudo per la democrazia europea: dobbiamo proteggere le elezioni e i nostri sistemi democratici; dobbiamo affrontare anche le sfide delle piattaforme di e-commerce, per far sì che gli utenti e le autorità di sorveglianza possano assolvere ai propri compiti; infine, dobbiamo rendere il mondo online più sicuro per i bambini, quindi affronteremo temi come dipendenza online e cyberbullismo. Bisogna passare all’applicazione e le piattaforme devono dimostrare di rispettare questa normativa».Il problema è che in dieci anni a Bruxelles non sono stati in grado di favorire la creazione di un’alternativa. Anzi, l’Antitrust Ue ha sempre spezzato sul nascere le opportunità di grandezza. Rallentando poi la crescita economica del Vecchio continente con un’impostazione ideologica - e non pragmatica - delle politiche green. Chi si attende un repentino cambio di marcia rischia di rimanere deluso. La vicepresidente esecutiva Margrethe Vestager assumerà il portafoglio del mercato interno e tutte le responsabilità pertinenti fino alla fine del mandato», ha scritto proprio con un post su X Ursula von der Leyen. Non solo. Nella composizione del nuovo governo dell’Unione annunciato ieri dalla presidente della Commissione europea, la delega alla Concorrenza - una volta ottenuto il via libera dall’Europarlamento - passerà nelle mani di Teresa Ribera, che sarà vicepresidente esecutivo di una «transizione pulita, giusta e competitiva». Quasi un ossimoro, considerando che la spagnola Ribera è un potente membro della famiglia socialista. Resta, intanto, scolpito il testo del Dsa, In particolare quel che si legge a pagina 25: la Commissione «dovrebbe poter chiedere ai prestatori di piattaforme online e ai prestatori di motori di ricerca online di dimensioni molto grandi di avviare con urgenza una risposta alle crisi» che potrebbero derivare da conflitti armati o terrorismo, catastrofi naturali nonché pandemie e altre gravi minacce per la salute pubblica a carattere transfrontaliero». Quali? Ad esempio, «l’adeguamento dei processi di moderazione dei contenuti e l’aumento delle risorse destinate» a essi.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.





