2022-07-06
Braccio di ferro nel governo. Il decreto Aiuti slitta ancora per imporre la fiducia al M5s
Giuseppe Conte e Mario Draghi (Ansa)
Ieri, dopo ore di trattative, l’esecutivo ha chiesto di spostare il voto a oggi. Attesa per l’incontro fra il premier e Giuseppe Conte. I grillini lacerati sono davanti a un bivio.Una giornata letteralmente estenuante, quella di ieri alla Camera, con la distanza tra il M5s e il resto della maggioranza che si allarga e il governo che, al termine di in un complicatissimo lavoro di mediazione, è orientato, a quanto apprende La Verità da fonti dell’esecutivo, a porre la fiducia sul dl Aiuti. La discussione riprende oggi, che è anche il giorno in cui è in programma l’incontro tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Sono quasi le 19 di ieri quando, al termine di una giornata folle, il ministro dei rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà del M5s, chiede nell’Aula della Camera il rinvio a questa mattina dell’esame del decreto, motivando la richiesta (approvata) con la «necessità di avere ulteriori elementi su questo importante provvedimento». I grillini diffondono la tesi che serve ancora tempo per una intesa sulla loro proposta di modifica al meccanismo del Superbonus, proposta che prevede l’esclusione della responsabilità solidale delle banche sui crediti già certificati, idea che non piace al governo. La realtà, come ci confermano diverse autorevoli fonti di maggioranza, è che il M5s è paralizzato, sospeso tra la voglia di lasciare il governo e i tanti freni che rendono questa scelta difficilissima: la resistenza dei ministri e dei sottosegretari, che perderebbero la poltrona; le raccomandazioni che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso a Giuseppe Conte sulla necessità di non mettere a rischio la stabilità del Paese in un momento così delicato, con il Pnrr da realizzare, la legge di Bilancio alle porte, la guerra in corso; il muro del Pd, che ha avvertito Conte che se passasse all’opposizione l’alleanza andrebbe in frantumi, le parole di Draghi, che pochi giorni fa ha dichiarato «il governo non si fa senza il M5s». La pazienza dello stesso Draghi, a quanto ci risulta, sarebbe ormai ai minimi termini, tanto che ormai, nei Palazzi che contano, c’è chi parla esplicitamente di elezioni anticipate a settembre. Conte, da parte sua, ogni giorno che passa perde credibilità. I suoi continui penultimatum, la sua incapacità di prendere una decisione, di assumersi una responsabilità, in ultima analisi di dimostrare di essere un leader politico capace di tracciare una rotta, che sia quella che va verso l’opposizione o quella opposta, lo fanno apparire debole, debolissimo, inconsistente. Il crollo nei sondaggi e alle elezioni amministrative del M5s è figlio (anche) di questa assoluta evanescenza politica. La affannosa ricerca di un casus belli per giustificare l’eventuale addio al governo assume sfumature tragicomiche: in poche ore il braccio di ferro con gli alleati e il governo si consuma prima sul termovalorizzatore di Roma, poi sul tetto al prezzo del gas, infine sul Superbonus. «Cercano di manifestare la loro esistenza», commenta un esponente di centro, «ma siamo di fronte a un atteggiamento che rasenta la follia». Il decreto Aiuti deve essere approvato da Camera e Senato entro il 16 luglio, pena la decadenza di un provvedimento che contiene una serie di importanti sostegni alle famiglie, a partire dagli sconti sulle bollette energetiche. Il governo, che per mettere in sicurezza i tempi dell’approvazione del decreto aveva già deciso due giorni fa di porre la questione di fiducia, si è ritrovato a fare i conti con le resistenze del ministro per i Rapporti col Parlamento, D’Incà, che ha dato vita a un balletto lungo due giorni, tentando di evitare che lo stesso voto di fiducia possa trasformarsi nel momento della verità per il suo partito: un comportamento che, a quanto sussurrano esponenti di centrodestra, dovrebbe suggerirgli le dimissioni. Dentro, fuori, dentro, fuori: il M5s targato Conte, con le sue incertezze, le sue mille posizioni interne, tutte diverse tra loro, fa perdere la pazienza agli alleati. Ieri mattina, al termine di una riunione tra Matteo Salvini e i senatori del Carroccio, il capogruppo a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo, è esplicito: «È tutto bloccato», dice, «noi siamo responsabili ma non siamo fessi. Noi ci comportiamo bene e chiediamo risposte concrete, dall’altra parte invece fanno casino». C’è pure la modifica del reddito di cittadinanza a far traballare il M5s: un emendamento al decreto Aiuti presentato dal centrodestra e approvato in commissione alla Camera stabilisce che anche i datori di lavoro privati potranno proporre offerte ai beneficiari della misura e che l’eventuale rifiuto rientrerà nel calcolo di quelli che possono far perdere il sussidio. Una norma controversa, poiché da un lato permetterebbe a un qualunque imprenditore di poter falsamente affermare di aver offerto un lavoro e di aver ricevuto un rifiuto, e dall’altra porterebbe chi ha realmente ricevuto e rifiutato una proposta a tentare in ogni modo di convincere l’imprenditore a non comunicare l’accaduto al centro per l’impiego: a quanto apprendiamo, il ministero del Lavoro è a conoscenza di questa criticità, e i mille nodi da sciogliere per evitare distorsioni renderanno praticamente inattuabile questa modifica.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.