2022-04-21
Ma le bozze di pace tornano a girare. E pure Cina e Usa riaprono i canali
Dopo due settimane si ricomincia a parlare dei soliti punti: Crimea russa, Donbass indipendente, niente Nato. Il Pentagono chiama Pechino e riceve una risposta di fuoco su Taiwan. Ma almeno la linea è di nuovo attiva.Si torna finalmente a parlare di negoziati. Ricorderete che sin dal giorno dopo l’inizio della guerra in Ucraina il mondo ha osservato col fiato sospeso le immagini delle delegazioni di Mosca e Kiev che si incontravano, prima in Bielorussia e poi in Turchia, sperando in una soluzione diplomatica del conflitto. Ci sono stati due colloqui di livello più alto, tra il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e il suo collega ucraino, Dmytro Kuleba, entrambi in Turchia: il 10 marzo ad Antalya e il 28 marzo a Istanbul. Si è ragionato sui Paesi che avrebbero dovuto sorvegliare sul rispetto degli eventuali accordi, i cosiddetti «garanti», tra i quali ci sarebbe anche l’Italia. L’adesione alla Nato dell’Ucraina sembrava un’ipotesi tramontata, la Russia aveva fatto sapere di non essere contraria all’ingresso di Kiev nell’Unione europea. Poi, il 7 aprile, la rottura, con Lavrov che ha accusato l’Ucraina di cambiare idea su punti sui quali si era raggiunta una intesa. La novità di ieri è che finalmente, insieme alle cronache dal campo di battaglia, si è ricominciato anche a discutere di colloqui di pace. Una bozza di documento, ha fatto sapere in mattinata il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, è stata presentata all’Ucraina: «A partire da questo momento», ha detto Peskov, «la nostra bozza di documento, che contiene parole cristalline, è stata presentata alla squadra ucraina. La palla è nel loro campo e stiamo aspettando la loro risposta». La risposta di Kiev è apparsa interessata: «L’Ucraina», ha detto poco dopo il capo dell’ufficio presidenziale di Kiev Mykhailo Podolyak, citato da Interfax, «ha consegnato le proprie proposte sulle disposizioni agli avversari ai negoziati di Istanbul. In particolare, queste riguardano le garanzie di sicurezza per prevenire altri attacchi in futuro al nostro Paese. La parte russa», ha aggiunto Podolyak, «le ha studiate e ha presentato la propria posizione. Ora tocca a noi studiare, comparare e trarre conclusioni, sia politiche che giuridiche». A raffreddare il clima è arrivato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: «I russi dicono che la palla è nel nostro campo», ha detto Zelensky,«ma non vedo nulla: per giocare a calcio serve la palla ma il Cremlino sta giocando da solo». Tattica? Strategia? Non si sa. Quello che si sa, è che le richieste di Mosca sono sempre le stesse, come ha ribadito ieri la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: «I colloqui russo-ucraini sulla risoluzione della situazione in Ucraina e sulla garanzia del suo status neutrale, non allineato e non nucleare stanno continuando», ha detto la Zakharova, in conferenza stampa, aggiungendo che al centro delle trattative restano «il riconoscimento delle attuali realtà territoriali, comprese l’appartenenza della Crimea alla Russia e l’indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, le questioni della smilitarizzazione e della denazificazione, il ripristino dello status ufficiale della lingua russa». «L’esito dei negoziati dipende completamente dalla disponibilità di Kiev a tenere conto delle nostre richieste legittime», ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Lavrov, nel corso di un colloquio telefonico con il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu. La Zakharova, nel corso di un’intervista al canale televisivo Rossiya-24, ha poi sottolineato che «la Russia non si fida più da molto tempo» dei negoziatori ucraini. «Da parte dell’ufficio di un uomo che si fa chiamare presidente dell’Ucraina», ha attaccato la Zakharova, «è stata avanzata la richiesta di condurre negoziati e la Russia non ha rifiutato questa richiesta. Poi, come sempre, è iniziato un circo da parte di Kiev: prima vengono, poi non vengono, a volte partecipano, a volte no. Mosca era pronta a questo. È uno schema classico», ha sottolineato ancora la Zakharova, «che dice che il regime non è indipendente, è controllato. E in secondo luogo, che i negoziati sono usati come distrazione». Intanto, diventano incandescenti i rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina. «Gli Stati Uniti devono fermare le provocazioni militari e non devono usare la questione Ucraina per diffamare o minacciare la Cina», ha detto, secondo Pechino, il ministro della Difesa cinese, Wei Fengh, al capo del Pentagono, Lloyd Austin. Sulla guerra in Ucraina, Pechino rivendica la sua autonomia di giudizio, la sua neutralità e la «partnership senza limiti» con la Russia. Le due parti, ha detto Wei Fengh a Lloyd Austin, dovrebbero «rafforzare la loro fiducia reciproca» e ha avvertito che Washington non deve sottovalutare la determinazione e le capacità della Cina. Su Taiwan, che Pechino considera «una parte inseparabile della Cina», il generale Wei ha ribadito che le forze militari cinesi «difenderanno in modo risoluto la sovranità nazionale, la sicurezza e l’integrità territoriale. Se la questione di Taiwan non sarà gestita nel modo appropriato», ha aggiunto Wei, «ci sarà un impatto destabilizzante sulle relazioni tra i due Paesi». Il colloquio è stato richiesto dal Pentagono ed è stato il primo tra i vertici militari di Washington e Pechino dopo molti mesi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)