2020-03-28
Botte alla moglie: «Pressioni pro Fresa dagli amici giudici»
La donna che ha assistito la vittima del super pm di Cassazione: «Lui fragile psicologicamente e giustificato dai suoi colleghi». Lo storico leader del partito socialista Pietro Nenni ci aveva avvertiti in tempi non sospetti: «Gareggiando a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura». Un ammonimento che si attaglia perfettamente alla storia del sostituto procuratore generale della Cassazione Mario Fresa, accusato di lesioni e minacce dalla moglie Sarah, brasiliana di 32 anni, denuncia che lo ha costretto ad autosospendersi dal servizio disciplinare. La coppia si è sposata a settembre e ha un figlio di due anni. Sembra che la donna, assistita dall'avvocato Alessandra Savoca, esperta di diritto di famiglia e minori, sia stata sentita ieri in videocollegamento dagli investigatori della polizia su delega del pm romano Pantaleo Polifemo per confermare la sua versione. Fresa è uno dei campioni della magistratura progressista, fondatore insieme a Giovanni Falcone della corrente Movimento per la giustizia, i cosiddetti Verdi, ed esponente di spicco del cartello di Area, l'alleanza della sinistra giudiziaria. La sua vita è stata stravolta quando, era l'11 marzo scorso, una paladina dei diritti civili, è andata a prendere sotto casa sua moglie Sarah, trentaduenne brasiliana, per accompagnarla a sporgere denuncia, dopo che il giorno prima la donna era stata colpita dal marito con un colpo vicino all'occhio. Questa pasionaria dell'associazionismo romano si chiama Elena Improta, è presidente della onlus «Oltre lo sguardo», ambasciatrice del Telefono rosa ed è sempre impegnata nelle battaglie a favore dei disabili e delle donne (da assessore del secondo municipio aveva attivato uno spazio d'ascolto). La signora molto nota nell'elegante quartiere Trieste è stata contattata da Emanuela M., ex compagna di scuola dello stesso Fresa: i due vivono vicino ed erano soliti incontrarsi nelle cene o nella chat degli amici del liceo. «La signora mi ha chiamato dopo aver raccolto il pianto e la disperazione della giovane maltrattata, essendo io nota per le mie battaglie» ci confida la Improta. «Però, prima di accettare di occuparmi del caso, ho voluto parlare con la ragazza e vedere una foto con i segni della contusione per accertarmi che non fosse una denuncia strumentale o costruita ad arte».Va detto che la versione di Fresa, difeso dall'avvocato Antonio Villani, è molto diversa da questo racconto e da quanto riportato nella denuncia presentata in commissariato l'11 marzo. Il magistrato ritiene che la moglie, con cui sarebbe in contatto telefonico, sia pronta a tornare a casa e a riprendere la vecchia vita matrimoniale, ma che sarebbe mal consigliata. La Improta non esclude contatti tra i due coniugi, ma ritiene che la signora possa subire l'ascendente del marito: «Anche a me Sarah ha detto: “Se lui si cura da uno psichiatra, io torno"». Quindi spiega quelli che ritiene i motivi dello spaesamento della donna: «Nella denuncia è scritto che lui l'ha costretta a lasciare il lavoro (di impiegata in ambasciata, ndr), ha un bambino di due anni cardiopatico, è straniera, ha 32 anni. Basta?». Di ritorno dal commissariato l'attivista ha incontrato Fresa e si è fatta una rapida opinione: «Ho visto una persona molto fragile dal punto di vista psicologico. La prima cosa che ha detto alla compagna non è “scusami per quello che ti ho fatto" o “ti chiedo perdono", ma “la mia carriera è finita". Poi dopo ha detto “ho sbagliato, ti prometto…", ma non era la prima volta che lo faceva». Cosa che la Improta ha intuito anche sentendo le parole rivolte dalla tata del bambino alla giovane mamma: «Se continua così ti ammazza». Anche per questo all'ambasciatrice del Telefono rosa «non è sembrato un eccesso di un normale litigio»: «Il dottor Fresa ha consigliato alla signora di prendere un avvocato di sua conoscenza in modo tale che la cosa venisse trattata come un episodio e non come un modus operandi che dura da prima del matrimonio con Sarah». La donna infatti nella denuncia ha dichiarato: «La figlia di Mario mi parla spesso dei comportamenti avuti dal padre nel precedente matrimonio, di violenza nei suoi confronti e nei confronti della madre e dell'altra sorella». A scatenare il litigio sarebbe stata una telefonata di Fresa con un'altra donna. A questo punto la moglie, che avrebbe le prove delle scappatelle del marito fedifrago, avrebbe afferrato il cellulare per controllare chi fosse l'interlocutrice. Nel parapiglia sarebbe partito il pugno o lo schiaffo, a seconda delle versioni.Dopo la chiamata al 112 sarebbero iniziate le pressioni per far rientrare l'incidente. «Io», continua la Improta, «subito dopo la denuncia sono stata contattata da colleghe del dottor Fresa che proponevano una mediazione per mettere a tacere la cosa. Hanno fatto leva sull'impegno del dottor Fresa come magistrato e sul fatto che abbia un handicap». Hanno collegato la presunta fragilità psicologica alla sua zoppia. «Ma io ho ribattuto, essendo madre di un disabile, che quel problema fisico non giustifica l'aggressività. Anche Fresa ha provato a usare lo stesso argomento e io gli ho risposto a quattr'occhi che non è giusto nascondersi dietro a una patologia sofferta da bambino visto che era intellettivamente lucido e aveva raggiunto dei grandi traguardi professionali». Sarah davanti ai poliziotti ha denunciato le pressioni psicologiche che avrebbe subito: «Ero stata avvisata che mio figlio sarebbe nato con una malformazione e questo mi creava ansia, motivo per cui mangiavo molto e ingrassai. Dopo la nascita del bambino pesavo oltre 100 chili e il mio compagno mi recava continue offese, tanto che ero costretta a mangiare di nascosto perché lui me lo impediva facendo nei miei confronti una violenza psicologica».A cui non avrebbe reagito. Come spiega la Improta: «La signora Sarah ha una bella figura, è alta, non è sicuramente da un punto di vista fisico una donna piccolina o esile che può essere sbattuta a terra. Il dottor Fresa ha tutt'altra fisicità e la moglie, se si fosse trattato di un normale litigio coniugale, avrebbe potuto ribellarsi. Purtroppo siamo di fronte a una dipendenza affettiva, legata al potere di lui».