2022-10-04
Bossi delude i gufi: lavorerà per il Nord ma non contro la Lega di Salvini
Umberto Bossi (Getty Images)
Il Senatur smentisce di essersi ritagliato un ruolo da anti Matteo. «Il mio è un comitato interno, ha dentro esponenti del Carroccio».«Il fazzoletto e la cravatta verde sono i nostri simboli». Mentre la Lega tornata al governo prepara la squadra per Camera e Senato, Umberto Bossi mantiene aperta la finestra sul passato, con l’orizzonte romantico di vallate nordiche, valori da custodire, sogni da realizzare. Lui è il fondatore, un totem vivente (81 anni). Rappresenta la storia del movimento e tutti ne riconoscono il valore, a cominciare da Matteo Salvini che per primo aveva chiesto per lui la nomina a «Senatur a vita» nel giorno del seggio in bilico, prima che il pasticcio del Viminale venisse smascherato da Roberto Calderoli.L’Umberto è sempre stato un fine politico dal lessico di carta vetrata, difficile circuirlo. Non per niente, dopo aver lasciato correre pensieri in libera uscita su ipotetiche fronde interne, ha deciso di soffiare via la nebbia dalla sua ultima creatura. «Quello che sto facendo è in linea con ciò che ho fatto tutta la vita: far valere le ragioni del Nord. Ribadisco che Comitato del Nord è un comitato interno alla Lega per Salvini premier». Un distinguo che difficilmente ha fatto piacere a un battitore libero ai margini come Roberto Maroni. Quello di Bossi è un ritorno a Schilpario Mountain, la sottolineatura che il partito nasce in Lombardia, Piemonte e Veneto, sotto le Alpi. E che il filo della memoria deve riportare lì, ma senza scossoni anche perché non ci sarebbero queste gran folle per realizzarli. Lo stesso Senatur specifica: «Non sono coinvolti nomi che non facciano parte del partito, alla base c’è il rispetto della militanza. Le persone alle quali affido il mandato per l’organizzazione sono l’europarlamentare Angelo Ciocca con il compito di tenere i rapporti con i militanti e le istituzioni europee, e Paolo Grimoldi per gestire le relazioni regionali. Ho scelto apposta due esponenti della Lega per aiutarmi nel progetto».Cala il sipario sul Bossi ribelle, sulla mistica del vecchio leone che si rimette il giaccone per calare a prendere a schiaffi i nipotini dimentichi dei valori primari. Cattiva letteratura. La sua spinta potrà essere utile nel percorso verso l’autonomia, che la Lega vorrebbe concretizzare negli anni al governo per Lombardia, Veneto e tutte le regioni che l’hanno chiesta, fra le quali spiccano anche Emilia Romagna e Toscana. È curioso notare che nell’operazione, Salvini potrebbe contare su un alleato contro natura, quello Stefano Bonaccini in pole position per sostituire Enrico Letta al Nazareno. Autonomia, federalismo, lavoro, territorio rimangono parole chiave. Per questo il governatore lombardo, Attilio Fontana, non vede spaccature. «Quello di Bossi più che un movimento è un’idea, dentro la Lega non c’è nessuna fronda». L’ex ministro Roberto Castelli, leader di «Autonomia e libertà», da sempre critico con la linea di Salvini, non si fida fino in fondo della nuova cosa verde: «Bossi non è assolutamente un’ombra, è una presenza fondamentale, lotterà fino alla fine. Ma bisogna capire come si sviluppa questa questione. Ho imparato che in ogni iniziativa politica bisogna chiedersi “cui prodest?” Perché le letture possono essere tante. Se il Comitato del Nord parte da una precisa esigenza di portare alla ribalta il dibattito sulla questione settentrionale, assolutamente ben venga».Più che un’operazione disgregante sembra un’iniziativa collante. Per unire e rassicurare più che per dividere. «Quando Bossi ordina si può solo lavorare», spiega l’europarlamentare Angelo Ciocca. «Il suo è un progetto che punta proprio a evitare che la Lega si sfasci, una operazione per ricompattare energie importanti, quel Nord che ha fatto grande la Lega su intuizione del fondatore. Da me massima disponibilità a lavorare su questa linea, ma sempre all’interno della Lega per Salvini premier e nell’interesse di questa formazione». La Liga Veneta è più frontale, vorrebbe che la scialuppa bossiana remasse fuori dalla corrente. «La proposta di Bossi è uno sfogo figlio del malessere che è dato dalla lontananza del partito dal territorio», dice il consigliere regionale Fabrizio Baron. «Siamo in Veneto e non in Lombardia ma da noi, come da loro, tutto è figlio del malessere che c’è da tempo. Da tre anni non si fanno congressi, dopo quattro anni al governo non si è riusciti a fare l’autonomia che è un nostro tema fondante». La dialettica nel partito è del tutto legittima, anche perché arriva dopo un significativo taglio dei consensi elettorali in termini percentuali (dal 17% al 9% alle politiche). Ma nessuno dimentica il dato di fatto che un politico di lungo corso avvezzo alle dinamiche del Carroccio tiene a sottolineare in via Bellerio: «Poiché il 90% dei militanti è con Salvini, ogni iniziativa per democratizzare la struttura piramidale è la benvenuta, ma gli effetti sono più che marginali». Lo hanno capito anche gli autonomisti duri e puri, quelli di Gianni Fava, che si ritroveranno il 15 ottobre a Biassono (Monza Brianza) all’assemblea «Per il Nord. Riparte la battaglia». Sono militanti fuoriusciti perché non credono alla Lega nazionale e quando sentono parlare di ponte sullo Stretto hanno attacchi di panico. Fava, ultimo rivale di Salvini al congresso del 2017, abbozza: «Le circostanze con le quali nasce la cosiddetta corrente bossiana sono sospette. Gli autonomisti veri saranno a Biassono e non hanno nulla a che vedere con surreali correnti nordiste all’interno della Lega». Castelli manderà una sua rappresentanza. Di sicuro ci saranno più giornalisti del solito (zero).