2019-01-01
Il 2018 in Borsa è stato un calo a doppia cifra. Solo la Juve ha fatto il botto
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Non ci sono dubbi, il 2018 è stato l'annus horribilis delle piazze finanziarie. Non se n'è salvata nessuna: da Milano a Francoforte, passando per Parigi, Londra e Zurigo fino a Madrid.La società calcistica è invece cresciuta del 39%, bene anche Campari. Per i prossimi mesi? Karen Ward, a capo degli strateghi per Europa, Medioriente e Africa di Jp Morgan, «sul fronte azionario, consigliamo di puntare a una diversificazione regionale e considerare lo spostamento sui titoli a più elevata capitalizzazione».Quello che è certo è che l'instabilità politica non ha aiutato: in Inghilterra la Brexit ha frenato i mercati, negli Stati Uniti le tensioni commerciali con la Cina hanno fatto altrettanto e lo stesso si può dire in Spagna con i disordini in Catalogna e la caduta di Mariano Rajoy (e l'arrivo di Pedro Sanchez). Non è andata meglio alla Germania con il prossimo addio di Angela Merkel e le difficoltà con la Cdu e in Francia con la crisi dei gilet gialli. Senza dimenticare l'Italia, con l'arrivo del nuovo governo gialloblu e l'incertezza politica che ha fatto schizzare lo spread tra btp e bund. Ad ogni modo, Piazza Affari non è stata certo la Borsa peggiore, nonostante la perdita del 16,15% del suo listino principale, il Ftse Mib. La Borsa di Francoforte ha segnato il rosso più intenso con una perdita di quasi il 20% dell'indice Dax. Perdite a doppia cifra anche per l'Ibex 35 di Madrid (-15,73%), per il Cac 40 di Parigi (11,53%), per l'Omx di Stoccolma (-10,62%) e per lo Smi di Zurigo (-10,62%). Il Ftse 100 di Londra ha ceduto "solo" l'8,57%. Dando uno sguardo agli altri listini di Piazza Affari la situazione non è certo migliore. Il Ftse Italia All Share ha perso il 16,7%, il Ftse Italia Mid Cap ha lasciato per strada il 19,55% e il Ftse Italia Small Cap il 25,39%. Rosso pieno anche per il Ftse Italia Star (-16,65%) e per il Ftse Aim Italia (-11,98%). Con tutti questi segni meno il peso di Piazza Affari sul pil italiano è sceso al 33,5% nel 2018 dal 37,8 del 2017. Giù anche la capitalizzazione, in caduta del 15,7% dai 644 miliardi del 2017 ai 543 del 2018.Ciononostante a Piazza Affari si è mostrata comunque una certa euforia. Nell'anno appena concluso sono state 357 le aziende che si sono quotate a Piazza Affari. 18 in più di un anno fa: 242 sull'Mta (74 Star), 2 su Miv e 113 su Aim Italia.Per trovare titoli che hanno chiuso il 2018 con il segno più bisogna usare un lanternino. In cima alla classifica troviamo la Juventus, da poco matricola del Ftse Mib, con un rialzo del 38,9%. Bene anche Campari, che ha messo a segno un rialzo del 14,38%. Medaglia d'argento per Poste Italiane che archivia il 2018 con un bel +10,93%. Al terzo posto c'è invece Moncler (+10,3%), unico titolo italiano a salvarsi dalla pioggia di vendite che ha colpito il settore. Pollice su anche per Amplifon con una crescita dell'8,3%. Tra le altre società che sono riuscite a salvarsi con timidi rialzi figurano: A2A (+2,12), Terna (+1,57%), FinecoBank (+2,28%) e Unipolsai (+1,08%).Questo ultimi due sono stati tra i pochi titoli del comparto bancario a dare qualche soddisfazione ai risparmiatori. Intesa Sanpaolo è stata l'azione più scambiata del 2018 per controvalore, con un totale di 71 miliardi e la più trattata in termini di contratti con più di 4 milioni di contratti. Ciononostante il titolo di Ca' de Sass ha ceduto il 32% nel 2018. Perdita importante anche per il titolo Unicredit che ha ceduto il 40%. Male anche Carige (-85%) e Mps (-61%). Non è andata meglio al Credito Valtellinese, con una flessione del 63%. Perdite importanti anche per Azimut (-40%), Banca Generali (-34%), Anima (-45%) e Banca Mediolanum (-31%), tutti player di spicco del mondo del risparmio gestito e della consulenza finanziaria. Al di fuori del comparto bancario, si segnalano i segni meno di Astaldi (-76%, anche a causa della richiesta di concordato preventivo avanzata pochi mesi fa) e Atlantia (-32%).«Il 2018», dice Massimo Gionso, consigliere delegato di Cfo Sim, «è stato un anno complesso in cui tutte le asset class sono state in forte calo, con performance negative spesso a doppia cifra. Anche attuando una sana e corretta diversificazione degli investimenti, sarebbe stato difficile, per qualsiasi gestore, ottenere risultati positivi vista la debacle su tutti i fronti. Negli ultimi mesi anche quelle poche cose che erano positive hanno perso, come la borsa americana o il settore Oil&Gas. Persino l'oro, tradizionalmente visto come un bene rifugio in fasi di incertezze, è stato debole nel 2018». Da questa situazione, prosegue Gionso, «si possono trarre anche alcune considerazioni per il futuro. I mercati emergenti potrebbero essere una valida alternativa perché, in caso di indebolimento del dollaro, sono quelli che ne beneficerebbero di più, visto che le cedole dei loro bond potrebbero diventare allettanti. Per quanto riguarda gli Usa, comunque, a mio avviso chi parla di recessione sbaglia, chi invece prevede un rallentamento probabilmente ha ragione».Come comportarsi, dunque, in futuro? Per Karen Ward, a capo degli strateghi per Europa, Medioriente e Africa di Jp Morgan Asset Management, «sul fronte azionario, consigliamo di puntare a una diversificazione regionale e considerare lo spostamento sui titoli a più elevata capitalizzazione».