2019-06-19
Boris fa terra bruciata tra i suoi Tory. Ma Downing Street è ancora lontana
Al secondo scrutinio Johnson ha preso 126 voti, più della somma dei tre principali rivali. Restano in lizza in cinque. Domani nuova votazione. Obiettivo: arrivare a fine settimana con due soli aspiranti primo ministro.Se si aspettava di veder ridotti all'osso i suoi avversari, in forza del risultato «bulgaro» della scorsa settimana, Boris Johnson è stato costretto a ricredersi. Perché altri quattro candidati continuano con lui la corsa per conquistare la leadership del partito conservatore, dopo le dimissioni di Theresa May. Ieri dopo le 18 (le 19 in Italia) sono stati diffusi i risultati della votazione, che ha coinvolto i 313 deputati conservatori. Ad essere eliminato è stato solo Dominic Raab, che aveva ottenuto 27 voti in prima istanza e ieri ne ha raccolti solo altri tre. L'ex avvocato, ora ministro alla Brexit, esce di scena, mentre sono rimasti in lizza gli altri, che hanno superato la soglia di voti necessaria, fissata a 33 preferenze.Il primo nella temporanea classifica per il futuro primo ministro è rimasto Boris Johnson, che aveva sbancato al primo voto con 114 consensi e ieri ne ha ottenuti 126. Un bel progresso per l'ex sindaco di Londra e già ministro degli Esteri. A fargli ottenere nuovi appoggi sono stati l'endorsement di alcuni colleghi ma anche la sua verve. Rimesso a nuovo dalla giovane fidanzata Carrie Symonds, esperta di comunicazione, Bojo sembra aver potenziato le sue doti di affabulatore. Nonostante sia spesso approssimativo, è capace di conquistare consenso e parlare alla pancia del Paese. Gli osservatori politici sostengono che errori e gaffes, di cui è prodigo, gli rimbalzino addosso. Dopo aver studiato a Eton e a Oxford, «Boris il rosso» (così soprannominato per la sua zazzera) ha lavorato come giornalista politico prima di scendere in campo, eletto nella zona di Uxbridge e South Ruislip. Una carriera in costante ascesa, che vorrebbe completare con il ruolo di premier. A tentare di ostacolarlo saranno Jeremy Hunt, l'attuale ministro degli Esteri, eletto nel 2005 per la zona del South West Surrey. Già ministro della cultura nel 2010 e poi responsabile delle olimpiadi del 2012 per conto del governo, è stato anche ministro della salute. È arrivato al voto di ieri con 43 voti, cui ne ha aggiunti tre. Con 46 consensi è il secondo in gara, ma la distanza è notevole. Dietro di lui si è piazzato Michael Gove, ministro dell'Ambiente, che è passato dai 37 voti iniziali a 41. Eletto nel 2005 come parlamentare per la circoscrizione Surrey Heath, è stato un alleato chiave dell'ex primo ministro David Cameron e ha condotto la campagna per il Leave al referendum sulla Brexit. Come ministro dell'Istruzione ha compiuto svariate riforme nella scuola inglese, non sempre apprezzate. Avversario dichiarato di Johnson da anni, ha prospettive politiche e stile diverso. Elemento che cercherà di far fruttare a suo vantaggio. Per il rotto della cuffia, con giusto i 33 consensi necessari (dieci però in più rispetto al primo turno) è rimasto in gara anche Sajid Javid, attuale ministro degli Interni. Nato a Rochdale, è figlio di immigrati. Suo padre era autista di bus arrivato con una sterlina in tasca dal Pakistan e Javid lo ricorda con orgoglio. Quanto alla sua carriera, si è occupato di investimenti e finanza prima di entrare in politica nel 2010. Euroscettico da tempo, all'inizio ha appoggiato i Remain a malincuore e non è ancora definita la sua posizione di fronte all'affaire Brexit. Il passo avanti maggiore, in termini di incremento di appoggio, è stato compiuto però da Rory Steward, che ha raggranellato 37 consensi, partendo da 19. Un uomo nuovo, che ha attirato l'attenzione anche durante il dibattito televisivo tra i candidati tenuto da Channel four, che Johnson ha snobbato. Eletto nel 2010 nella circoscrizione di Penrith, ha lavorato come diplomatico, autore e professore all'università di Harvard. Attualmente ministro dello Sviluppo internazionale, sul tema Brexit ha una posizione morbida e sembra in grado di conquistare i giovani. Un percorso da compiere in fretta. Perché domani è prevista una nuova votazione, che dovrebbe ridurre il numero dei contendenti. L'obiettivo è arrivare alla fine della settimana con due soli aspiranti al ruolo di primo ministro, che avranno poi un mese di tempo per dimostrare quanto valgono e conquistare il consenso della maggioranza dei 160.000 iscritti al partito, che stavolta avranno diritto di voto. Dal 22 giugno in poi potranno dichiarare chi vogliono che guidi il partito fuori dallo stato attuale di stallo. L'esito verrà reso noto intorno al 22 luglio. A quel punto il nuovo leader dei Tory avrà il dovere di rimboccarsi le maniche e cominciare a ragionare sulle «emergenze» del Paese. Prima di tutto la Brexit, che dovrebbe diventare operativa entro il 31 ottobre e sulle cui modalità esistono ancora troppe incertezze. Ma anche la prospettiva di nuove elezioni. La scelta del successore di Theresa May, infatti, va letta anche in questa chiave. Occorre trovare un candidato che sia in grado di fronteggiare da un lato Nigel Farage, che dopo il voto per il Parlamento europeo si è ringalluzzito e dall'altro Jeremy Corbyn, che nonostante alcune recenti tensioni continua a incassare il consenso della base dei laburisti.
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