Mosca macina record nelle esportazioni a un prezzo superiore rispetto a quello fissato dal G7 grazie a Cina e India. Da quest’ultimo Paese il greggio, raffinato, parte alla volta dell’Europa. Una scappatoia che riduce l’impatto delle sanzioni per la guerra in Ucraina.
Mosca macina record nelle esportazioni a un prezzo superiore rispetto a quello fissato dal G7 grazie a Cina e India. Da quest’ultimo Paese il greggio, raffinato, parte alla volta dell’Europa. Una scappatoia che riduce l’impatto delle sanzioni per la guerra in Ucraina.A sei mesi dall’entrata in vigore dell’embargo Ue sulle esportazioni di greggio russo via mare (a tre mesi, per i prodotti raffinati), prosegue con vigore la ridefinizione dei flussi petroliferi a livello globale. Nello specifico, in base alle statistiche dell’International energy agency, a maggio il 56% delle esportazioni russe di greggio e prodotti raffinati è stato assorbito da Cina e India (un altro 12% da America Latina, Africa e Medio Oriente). Antecedentemente, il 24 febbraio 2022, tale quota raggiungeva a stento il 25%.La ridefinizione delle rotte del petrolio è uno degli aspetti attraverso cui si manifesta il tentativo di imprimere nuove direttrici all’integrazione produttiva e commerciale globale, con una più netta separazione fra blocco occidentale e blocco euro-asiatico. Il mutamento è stato accelerato dall’intervento militare russo in Ucraina e riflette il contrasto fra Stati Uniti d’America e Cina per la supremazia sulle relazioni economiche internazionali.Secondo l’Amministrazione generale cinese delle Dogane, a maggio le importazioni cinesi di greggio russo hanno raggiunto il massimo storico di 2.290.000 barili al giorno (b/g): +15,3% anno su anno, +32,4% mese su mese. Conseguentemente, le importazioni cinesi di greggio saudita si sono fermate a 1.720.000 b/g (-16% mese su mese). A esclusione di aprile, dall’inizio del 2023 le importazioni cinesi di greggio russo hanno costantemente oltrepassato quelle saudite. Nel 2022, l’Arabia Saudita era stata il principale fornitore petrolifero del Paese di mezzo.A maggio, le importazioni indiane di petrolio russo hanno toccato il record di 1.960.000 b/g, pari al 42% del totale. Esse sono state superiori alla somma dei quattro successivi fornitori - Iraq, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti - pari a 1.740.000 b/g (a giugno, le prime stime di Kpler indicano un nuovo massimo a 2.200.000 b/g, di cui una parte è stata saldata in yuan). A febbraio 2022, le importazioni indiane di petrolio russo erano state 66.000 b/g (36.000 b/g a novembre 2021), meno del 2% del totale.Il petrolio russo viene trasportato in India grazie a una «flotta misteriosa» di gigantesche petroliere di proprietà di una società indiana poco conosciuta ai più, la Gatik ship management, nata circa 18 mesi fa a Mumbai. Secondo gli esperti di spedizioni VesselsValue, a fine 2021 Gatik possedeva solamente due petroliere, diventate 58 ad aprile 2023 per un valore totale stimato di 1,6 miliardi di dollari. Secondo quanto riportato dal Financial Times a maggio, nessuna tra queste ultime è attualmente coperta con assicurazioni di Paesi del G7 o dell’Ue (erano almeno 35 fino a marzo). Inoltre, non è nemmeno chiaro chi sia il proprietario della Gatik ship management. In base a quanto dichiarato dal portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa, gli Stati Uniti non hanno obiezioni agli acquisti di petrolio dalla Federazione russa da parte dell’India, ma auspicano che quest’ultima si conformi al price cap fissato dai Paesi occidentali. «L’India deve fare le proprie scelte sugli acquisti di petrolio», ha detto John Kirby durante un briefing della Casa Bianca la scorsa settimana. «E speriamo di poter continuare a vedere che acquistano petrolio russo al prezzo massimo o inferiore, come hanno fatto». Secondo The Economic Times, ad aprile il costo medio del greggio russo consegnato sulle coste indiane è stato di 68,21 dollari al barile quindi, al di sopra del price cap.Secondo Bloomberg, nelle quattro settimane precedenti il 18 giugno, le esportazioni russe di greggio via mare sono leggermente diminuite, passando da 3.660.000 b/g a 3.630.000 b/g (7.800.000 b/g le esportazioni russe complessive a maggio), 250.000 b/g in più rispetto a febbraio, quando la Federazione russa annunciò che avrebbe tagliato la propria produzione di 500.000 b/g a partire dall’1 marzo successivo e fino al 30 giugno (poi esteso all’intero 2024). Se, per un verso, Bloomberg ritiene che i dati sulle esportazioni di greggio russo non riflettano alcun taglio reale dell’output, dall’altra il vice ministro dell’Energia russo, Pavel Sorokin, ha più volte sostenuto che la riduzione della produzione c’è stata, ma senza comportare un calo significativo dell’export del Paese.Le esportazioni di petrolio russo verso Cina e India sono in parte reindirizzate verso la Ue e altri Paesi, anche se una quantificazione precisa è resa difficile dal fatto che i diversi greggi vengono mischiati.In base al Center for research on energy and clean air (Crea), a marzo 2023 le esportazioni indiane di diesel sono triplicate (anno su anno) a circa 1.600.000 b/g, rendendole uno dei maggiori componenti del commercio India-Ue (Regno Unito compreso). «I Paesi della coalizione del price cap hanno aumentato le importazioni di prodotti petroliferi raffinati da Paesi che sono diventati i maggiori importatori di greggio russo. Questa è una grande scappatoia che può minare l’impatto delle sanzioni sulla Russia», si legge nel rapporto Crea pubblicato il 12 aprile scorso.Una simile evoluzione è, naturalmente, inevitabile, dal momento che la scelta se aderire o meno alle sanzioni rientra nella sovranità nazionale dei singoli Paesi. Peraltro, se simili triangolazioni avrebbero favorito nel primo trimestre 2023 un aumento congiunturale dell’utile netto della Rosneft del 45,5% (4 miliardi di dollari), la rendita mineraria russa è destinata a registrare, nel corso dell’anno, un consistente ridimensionamento.Più in generale, in presenza di un rallentamento del ciclo economico occidentale provocato dall’inasprimento delle politiche monetarie, di una ripresa cinese post-Covid che non sembra trovare l’abbrivio desiderato e di dinamiche degli scambi mondiali che nel corso del primo quadrimestre 2023 hanno già virato al negativo, il rischio che nella seconda parte dell’anno ci si ritrovi con un’eccessiva disponibilità di petrolio non va sottovalutato. Una conferma in questo senso sembra venire dalla decisione dell’Arabia Saudita, seguita da analogo annuncio da parte russa, di procedere a nuovi tagli volontari della produzione di petrolio. Al momento, questa decisione non si è rivelata sufficiente a riportare il prezzo del petrolio verso la soglia degli 80 dollari al barile.
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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