2023-08-12
Bonucci-Juventus, addio a carte bollate tra l’ex capitano e la Vecchia Signora
Il difensore sperava di chiudere in bellezza la sua avventura in maglia bianconera, ma il club ha voluto metterlo fuori rosa.«Leonardo Bonucci vuole la fascia? Se ne era andato, se la vuole la compra e gioca in piazza», disse nel 2021 Massimiliano Allegri, da poco tornato all’ovile della Continassa, per insolentire il rapporto con uno dei giocatori più rappresentativi della sua Juventus, in verità già scandito da sganassoni (pare solo verbali, ma chissà). Comunque un rapporto mai sbocciato, tenuto a bada dietro le quinte dagli esperti funamboli dell’allusione e dagli uffici stampa, ma destinato a deflagrare. Accade oggi, quando Leo, forse non un autentico capitano di ventura, di sicuro però un Giovanni Dalle Bande (bianco)nere autorevole in mezzo alla difesa e guida di quel BBC - Bonucci Barzagli Chiellini - che per diversi anni ha fatto la fortuna della Signora, si cimenta con la società in un braccio di ferro per non finire defenestrato. Si dice che Cristiano Giuntoli, nuovo direttore sportivo, l’anno scorso deus ex machina del Napoli scudettato, abbia ricevuto un mandato chiaro: silurare il difensore trentaseienne. Incarico mai attribuito prima d’ora a un dirigente, per lo meno non in modo così plateale, nemmeno a Paolo Maldini quando fu investito dell’onere di ricostruire il Milan post cinesi. Il complice-mandante è noto: Allegri, che non vorrebbe ostacoli nel suo spogliatoio. L’agone della battaglia ora si sposta dal campo di gioco all’agorà degli Azzeccagarbugli. L’avvocato di Bonucci nei giorni scorsi avrebbe diffidato i vertici della Juve attraverso una pec in cui ha chiesto il reintegro del giocatore in rosa. A Torino hanno risposto picche. Il club ha compiuto una scelta precisa e, pur mettendo a disposizione del calciatore le migliori strutture per allenarsi, non vuole saperne di reintegrarlo. Bonucci lo sa. Ma punta a dilatare i tempi. Una strategia non priva di logica: aggiungendo inerzia alla situazione, potrà in un secondo momento citare la società davanti al collegio arbitrale, ottenendo o la risoluzione del contratto - percepisce sei milioni di euro all’anno netti e l’accordo con i bianconeri scade nel 2024 - o un indennizzo di circa due milioni. Qualcuno ammette che la sua sia una questione di cuore, non di puntiglio. Bonucci vorrebbe la Juve come il giovane Werther desiderava la sua amata Lotte. Con la differenza che Leo tanto giovane non è più e nel suo carniere vanta ancora due, forse tre anni agonistici ai massimi livelli, dunque decidere del suo futuro, che lui immagina ancora sotto la Mole, è faccenda impellente. Per ora si allena da separato in casa: orari diversi rispetto ai compagni, i suoi partner di sedute sono i colleghi in esubero. Un’umiliazione scandita da una frase social: «La realtà di oggi continua a insegnarmi quanto l’amore e l’affetto possano arrivare oltre le situazioni imposte» ha scritto l’innamorato tradito. E l’amore, si sa, è una tela di Penelope da fare e disfare, fedeli al motto «prima si ama, poi si ricama». Di sceneggiate plateali, questo Penelope-Leonardo, ne ha fatte, disfatte e ricamate in una carriera sfolgorante, ricca di prodezze, ma arroventata dal temperamento fumantino di chi non rinuncia a un duello d’onore. Per rievocare una disfida eclatante, bisogna tornare a febbraio nel 2017, durante una gara allo Juventus Stadium tra la Juve e il Palermo. Bonucci affronta Allegri a brutto muso, volano parole grosse, al tecnico scappa il labiale: «Stai zitto, testa di c...». Qualche giorno dopo c’è da affrontare il Porto in Champions League, il capitano finisce fuori dai convocati, trascorrendo tutta la partita seduto su uno sgabello in una foto destinata a fare il giro del mondo, quasi a rappresentare il castigo destinato al penintente. Lo screzio genera crepe. L’anno successivo Leo abbandona l’ovile, finisce al Milan a trazione Fassone e Mirabelli, per 42 milioni. «Sposterò gli equilibri», promette lui, ma la stagione non va come deve andare, l’intesa con mister Montella non decolla, affiorano le magagne: il difensore puntella le sue caratteristiche se collocato all’interno di un impianto rodato, ma se deve guidare una retroguardia in erba, gli riesce difficile tamponare la breccia nelle mura davanti alla porta. La Juve gli manca troppo, l’anno dopo ritorna a casa. Allegri lo accoglie, senza amarlo, poi tocca a Sarri e Pirlo comandare in panchina. Nel 2021 torna Max da Livorno, che gli toglie la fascia. Nel 2022 si iscrive di nuovo agli onori delle cronache per una lite plateale con Cristiano Mozzillo, segretario della prima squadra dell’Inter, durante la finale di Supercoppa italiana. Il dirigente nerazzurro aveva irriso lo juventino perché non era riuscito a entrare in campo - il suo ingresso era previsto per i supplementari - dopo il gol partita interista. Bonucci, multato poi con 10.000 euro di ammenda, si scaglia contro di lui, il battibecco accarezza la rissa. Il centrale viterbese è fatto così. Non tollera gli oltraggi. Leggenda vuole che prese per il bavero persino Paulo Dybala durante la finale di Champions persa contro il Real per stimolarne la grinta. Intendiamoci. Se deve atteggiarsi a Enrico Toti, non si tira indietro: prima di arrendersi, tirerebbe addosso al nemico la stampella. Lo ha fatto agli Europei, segnando un gol decisivo per l’Italia nella finale con gli inglesi, urlando con orgoglio nazionalpopolare: «Ne avete di pastasciutta da mangiare!». Oggi, più che la stampella, gli occorreranno dei cerotti per lenire le ferite sul cuore nell’ultima tenzone con la sua amata, desiderata, sospirata Juventus.