2018-07-17
«Va bene parlare di Boeri ma il dibattito deve rimanere sui numeri»
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L'analista politico Luigi Di Gregorio spiega il crescente ruolo della dimensione emotiva dell'elettorato: «Matteo Salvini è il perfetto leader contemporaneo: è l'eroe che si offre per risolvere le nostre paure, più percepite che reali. Però non bisogna esagerare perché il potere logora».Luigi Di Gregorio è un analista politico tra i più acuti. Per anni, controcorrente, ha spiegato che la dimensione emotiva dell'elettorato andava ascoltata e rispettata. E che non era affatto un elemento laterale, ma il fattore centrale delle decisioni di voto.La sensazione è che Matteo Salvini l'abbia ascoltata.«Salvini è il perfetto leader contemporaneo. Un ottimo “ordinatore" di problemi collettivi: l'eroe individuale (i suoi lo chiamano “il capitano") che si offre come risolutore delle nostre più grandi paure, più percepite che reali».Cos'ha azzeccato?«La scelta dei “nemici del popolo". Tutti esterni e spesso “senza volto": l'Europa, l'euro e il vincolo esterno, i poteri forti, lo straniero come “altro da me". È un mix funzionale di nemici a cui addossare sistematicamente tutto ciò che ci preoccupa. Ovviamente la “madre di tutte le vittorie" passa dal riposizionamento del 2014: da partito del Nord a “prima gli italiani" che ha permesso di elaborare il nuovo menu di nemici utili».Come valuta le tensioni di questi giorni tra governo e Inps?«Direi che quella tensione conferma la tesi. Nessuno si concentra sui dati, tutti sulla “manina". Manina peraltro percepita immediatamente come “di parte", il che allontana la già debole intenzione dei più di provare ad approfondire. Il presidente dell'Inps Tito Boeri è il nemico di questi giorni, vediamo i prossimi».E gli altri? Il paradosso è che lei descrive i leader come follower, ossessionati dall'inseguire l'opinione pubblica. Però non ne hanno colto gli umori… «Matteo Renzi è stato un perfetto “inseguitore" dell'emozione nella sua fase ascendente: la rottamazione, “battere i pugni a Bruxelles", la lotta ai vitalizi e alle auto blu, le riforme come “elisir" per l'Italia che riparte. Il problema è che al governo ci si logora facilmente e sempre in meno tempo. Oggi il miglior leader-follower è senz'altro Salvini, vediamo quanto reggerà ora che è al governo».Come fanno a non capire che la demonizzazione di Salvini è una polizza di assicurazione per lui?«Differenziarsi è giusto. Ma la differenziazione avviene su un campo sbagliato. Intanto parlare solo di Salvini non fa che accrescerne la visibilità. Inoltre, rafforza la coesione interna del suo popolo. Già Salvini detta l'agenda, se poi ciò si accompagna a una coda lunga di polemiche su di lui, la politica italiana diventa salvinicentrica».Si viaggia verso un governo monocolore Salvini allora?«Per ora è stato anche favorito dall'emergere spontaneo di questioni che portano acqua al suo mulino. Prima il contratto di governo che ha immediatamente riacceso la questione Europa, poi gli sbarchi che hanno attivato il pericolo “straniero", l'invasione. Mettiamoci anche che ha un partner di governo troppo oscillante su ogni argomento».Quali errori deve evitare?«Il rischio principale è quello della “cerimonia cannibale" da eccesso di offerta. La sua abilità nell'accendere emotivamente il suo popolo rischia di diventare un acceleratore della crisi di credibilità. Nella società in cui viviamo, ogni cosa funziona per eccesso, perché cattura la nostra ricerca costante del “sensazionale". Tuttavia, più una cosa (o una persona) mi colpisce, prima avviene il down, la caduta emotiva, e torna l'insoddisfazione. Salvini può riuscire a sopravvivere solo se riesce sempre a dettare l'agenda e a scaricare sui “nemici del popolo" ogni fallimento. Tuttavia, non è semplice perché noi siamo allevati e allenati da un ecosistema mediale e consumistico che alimenta l'insoddisfazione. E la politica non è esente da queste dinamiche».E il Movimento 5 stelle? Il grido «onestà» come si concilia non solo con qualche «infortunio» ma con l'inevitabile logoramento del governare?«Si concilia male. Quando governi, devi mettere in conto quegli infortuni che inevitabilmente mettono in discussione la presunta superiorità morale. Peraltro, i 5 stelle puntellano il proprio consenso quasi esclusivamente sul voto antropologico. Il suo popolo ha voluto il M5S al governo esattamente per ragioni di differenza morale. Se si perde terreno su quel fronte, e al governo è inevitabile, il logorio mi pare una conseguenza automatica».Il Pd è senza speranza?«Tutta la sinistra global e mainstream è in crisi, ovunque. Credo che nel Pd debba partire una lunga fase di riposizionamento che potrebbe arrivare a proporre un modello noglobal di sinistra, un po' alla Jeremy Corbyn o Bernie Sanders. L'alternativa è mantenere il posizionamento attuale lavorando su una nuova leadership, con una nuova narrazione e puntando sul logoramento di Salvini e dei 5 stelle. In entrambi i casi, tempi non brevissimi». E il resto del centrodestra? È destinato a subire l'Opa della Lega?«È in una posizione molto scomoda. Fa opposizione sulla carta, ma con l'agenda dettata da Salvini finisce per inseguirlo. Se vogliono sopravvivere, Fi e Fdi devono cercare di differenziarsi dalla Lega. Oppure anch'essi aspettare l'eventuale logoramento da governo di Salvini. Nel dubbio, proverei a fare entrambe le cose: un'attesa da sfruttare per ristrutturare l'offerta».
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