2019-01-04
Boccia spara di nuovo sul governo: «Servono più investimenti pubblici»
Confindustria dovrebbe battersi per ridurre l'intervento dello Stato. Invece lo invoca. Vincenzo Boccia avanza mugugni pure sulla conferma del pacchetto Industria 4.0, pressoché integralmente rinnovato nell'ultima legge di bilancio. E qui la contraddizione balza agli occhi: il provvedimento fu esaltato quando fu scritto da Carlo Calenda, mentre ora sembra entusiasmare molto meno gli industriali.Intervistato (rigorosamente in guanti bianchi) dal Corriere della Sera, è tornato a far sentire la sua voce - dopo la pausa delle festività - il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, sostanzialmente prevedendo sciagure per il 2019 e producendosi in una lunga geremiade contro il governo. I critici più sbrigativi potrebbero chiedersi se si tratti dello stesso Boccia (o di un omonimo?) che, alla vigilia del referendum del 2016, era scatenato a favore del Sì renziano, addirittura incalzando in un leggendario fuorionda l'allora ministro Graziano Delrio. In quella fase, Confindustria era ultragovernativa, spingendosi con il suo centro studi a pubblicare previsioni apocalittiche in caso di sconfitta renziana. Molta acqua è passata sotto i ponti da allora, e oggi - invece - il capo degli industriali spara pesantemente contro il governo in carica. Ma lasciamo da parte le dichiarazioni rituali («Continuare sulla strada delle riforme», «Con tutte le Confindustrie europee stiamo lavorando alla questione europea», «Occorre evitare che l'Ue venga usata come alibi», «Un'idea di società che include e non esclude»): tutte formule stanche e già sentite mille volte. Come pure alcuni scioglilingua francamente poco significativi («Occorrono politiche delle mission, darsi grandi obiettivi, dare un senso alto alla politica e sognare, passare da una manovra del popolo a una manovra per il popolo»). E concentriamoci invece sulla sostanza: rispetto alla quale almeno quattro punti del ragionamento di Boccia appaiono assai poco convincenti. Primo. Le critiche sono più credibili se accompagnate da riconoscimenti positivi nei confronti degli interlocutori, chiunque essi siano. In una legge di bilancio che ha certamente molti limiti, c'è però una misura importantissima, l'avvio della flat tax al 15% fino a 65.000 euro (e al 20%, destinato a scendere al 15% nel 2020, fino a 100.000 euro), una novità che letteralmente cambierà la vita a 1 milione di piccole imprese, professionisti, partite Iva. Si poteva (e si potrebbe) dire al governo di insistere su questa strada, di estenderla ancora, comunque dando atto di un provvedimento che inizia ad andare nella direzione giusta. E invece nulla, non una parola, non un accenno. Anzi, il fatto che Boccia ignori del tutto il dossier conferma la tesi di chi pensa che a Confindustria dei «piccoli» non importi granché. Secondo. Boccia avanza mugugni pure sulla conferma del pacchetto Industria 4.0, pressoché integralmente rinnovato nell'ultima legge di bilancio. E qui la contraddizione balza agli occhi: il provvedimento fu esaltato quando fu scritto da Carlo Calenda, mentre ora sembra entusiasmare molto meno gli industriali. E Boccia - un po' oscuramente - prima non sembra dare gran peso alla cosa, poi rivendica il merito di aver convinto il governo sul tema, infine denuncia comunque un indebolimento del pacchetto. Ma a suo tempo invece i toni erano lirici, senza tanti distinguo. Terzo. Boccia insiste sugli investimenti pubblici. Ma Confindustria non dovrebbe soprattutto farci sapere che investimenti privati realizzeranno le imprese? Ma come? Tante proclamazioni liberali nei convegni, tante (anche giuste) lamentazioni sul peso eccessivo dello Stato nell'economia, e poi invece si finisce a chiedere dirigisticamente nuovi interventi pubblici?Quarto. Nella prima versione della legge di bilancio il capitolo degli investimenti pubblici era molto più corposo (4 miliardi in più). Ma anche allora Confindustria non era soddisfatta. Lo ammette lo stesso Boccia che rivendica di aver alzato la voce per chiedere al governo di «uscire dalla procedura di infrazione» (che a onor del vero non era ancora stata aperta). A quel punto, anche a furor di Confindustria, il governo è effettivamente andato a trattare con Bruxelles, e - tra i peggioramenti della manovra sollecitati dalla Commissione - c'è stato proprio un rattrappimento degli investimenti. E che fa ora Confindustria? Li risollecita. C'è da dubitare che il mondo produttivo si riconosca in questo approccio confindustriale, che appare molto condizionato da considerazioni politiche.